“Scusi, lei è favorevole o contrario?” Amici e nemici della libertà di stampa
Carlo Ruta è un ricercatore, e un blogger, a cui è stato chiuso d’autorità il sito. Lui si è opposto. Dopo una lunga battaglia, alla fine la Cassazione gli ha dato ragione. Vediamo, in questa emblematica storia, chi è stato per la libertà e chi contro
Sulla chiusura forzata del sito di Carlo Ruta si sviluppò a suo tempo un dibattito, che oggi è interessante rivedere, sul mestiere di giornalista, sulle garanzie per chi lo esercita e in generale sui limiti della libertà di stampa. Alcuni presero – all’inizio isolati – posizione a favore della libertà del giornalista, in questo caso Carlo Ruta. Altri giustificarono l’operato di chi invece, invocando una opinabile interpretazione della legge, chiuse d’autorità una voce che risultava oggettivamente molto scomoda per i poteri locali.
FAVOREVOLI/
“TRE COSE PROPRIO DA GIORNALISTA”
La Catena di San Libero, una delle prime e-zine italiane, intervenne da subito contro l’imbavagliamento del lavoro giornalistico di Carlo Ruta
Catena di S.L., 14 marzo 2005 n. 275
“Ancora giù in Sicilia”. I nostri lettori hanno il privilegio, rispetto a quelli di altri giornali, di conoscere la storia di Carlo Ruta, un giornalista siciliano (della Sicilia più profonda: Ragusa) che, su un miserabile sito di provincia, ha fatto tre cose proprio da giornalista.
1) Ha riaperto le indagini sull’assassinio di Giovanni Spampinato, il locale corrispondente de L’Ora che proprio a Ragusa venne assassinato per quel che scriveva, molti anni fa, mentre stava indagando sui rapporti fra mafia e estrema destra terrorista. A ucciderlo fu un fascista, di una delle principali famiglie della Ragusa-bene. Gl’inquirenti indagarono poco e male, le complicità e i legami rimasero inesplorati. Il caso fu però ripreso da Luciano Mirone (dei Siciliani) nel suo libro “Gli insabbiati” e, più di recente, da Ruta. Scatenando reazioni violentissime nel ceto notabilare – che è sempre lo stesso – della lontanissima e tranquilla città siciliana.
2) Ha aperto un’inchiesta sui collegamenti e le amicizie di alcune grosse banche del ragusano. Non solo siciliane ma anche nominalmente “continentali”. E’ stato – giustamente – querelato: l’istituto della querela serve proprio a stabilire, davanti alla legge e in un giudizio imparziale, chi ha torto e chi ha ragione in questi casi. Il processo però è è cominciato in modo abbastana eccentrico: a richiesta dell’avvocato delle banche – dunque una delle parti che teoricamente dovrebbero essere uguali – il sito di Ruta è stato senz’altro sequestrato e il suo contenuto distrutto, prima di una qualsiasi sentenza in qualsiasi direzione. Un provvedimento “strano”, senz’altro molto inusuale e comunque passato inosservato a causa della lontananza e al fatto che Ruta non è Enzo Biagi nè Santoro.
3) Ha accumulano nel sito alcune migliaia di documenti – giudiziari e giornalistici – sulla storia della mafia siciliana. Questi documenti sono stati tranquillamente distrutti, insieme al resto, con la chiusura del sito. Pazientemente, gli amici di Ruta ne hanno ricollazionato la maggior parte, e li hanno riofferti a un pubblico su un nuovo sito. La partita si è dunque riaperta. Una partita pericolosa, per l’establishment locale, dal momento che i materiali di Ruta sono difficilmente contestabili e hanno ricevuto l’approvazione, oltretutto, di storici e giornalisti storici della sinistra siciliana: Fidora, direttore de L’Ora, Casarrubea, storico del caso Giuliano, e altri amcora. “A dispetto di tutto, le inchieste aperte sulle banche, le istituzioni forti, i potentati, gl’insoluti giudiziari dell’isola, verranno continuate e portate a termine senza dover rinunziare a una virgola. Si insisterà a lavorare con la disposizione consueta con il dovuto rispetto per le persone, la verità, le cose”.
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La notte fra il 4 e il 5 marzo, sotto casa di Ruta, gli viene rubata l’automobile (di non grande valore: i ladri evidentemente erano d bocca buona) contenente alcune centinaia di copie di “Morte a Ragusa”, il libro sul caso Spampinato, che erano attese per l’indomani dalla distribuzione.
Io considero quest’episodio assolutamente esplicito: ai miei tempi, nelle provincie più tradizionalmente mafiose, si sarebbe chiamato “un avvertimento”.
Delle due grandi inchieste di Ruta una, quelle sulle banche, ha un carattere classicamente giornalistico e come tale dovrebbe essere difesa, al di là delle opinioni politiche, da chiunque abbia minimamente a cuore la libertà d’informazione. L’altra, quella sul caso Spampinato, non solo ha un carattere giornalistico “freddo” ma anche, con ogni evidenza, un carattere “politico” e – scusate la desueta parola – antifascista.
Di che si tratta, infatti? Dell’assassinio di un giovane compagno, redattore del giornale del Pci, perpetrato da estremisti fascisti nel quadro di un establishment baronale e di una mafia diffusa. Certo, non un argomento simpatico per i partiti di destra che oggi in Sicilia godono di un potere non da poco. Ma come mai i partiti della sinistra (specie quelli ex-Pci: Ds, Rifondazione, Comunisti italiani) non sentono il bisogno *morale* di intervenire sulla vicenda? Stavolta non c’è la “scusante” del caso Catania, in cui venivano “qualunquisticamente” inchiestati destra e sinistra. Stavolta tutte le vittime – vive e morte – sono incontestabilmente di sinistra, e tutti i violenti sono esplicitamente di destra. Cos’è, anche Ruta “fa di tutt’erba un fascio”? E’ “qualunquista”? O i segretari e deputati di Ds, Rifondazione e Comunisti italiani sono ormai tanto privi di sensibilità civile, hanno tanto gettato via la loro memoria storica, da non percepire nemmeno la drammaticità umana e politica di un simile caso?
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Io non faccio più appello al sindacato dei giornalisti, che in Sicilia non esiste (per documenti e moduli ci si rivolge direttamente all’addetto stampa di Cuffaro) e che a Roma e Milano è ben lontano da queste povere e periferiche cose. Non faccio appello alla libertà di stampa, che in Italia vale ormai quanto vale, nè alla coscienza civile e democratica – come si diceva una volta – di chi sta nelle istituzioni. No, faccio appello esclusivamente all’interesse di partito più egoistico (visto che altro ormai non intendono) dei segretari regionali di Ds, Rifondazione Comunista e Comunisti italiani e ai rispettivi deputati e senatori. S’incontrino, pensino per un momento a ciò da cui discendono – a Licausi, a Miraglia, ai sindacalisti antimafiosi – e facciano il loro dovere in questa incredibile storia sostenuta finora dal solo Carlo Ruta.
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(Appendice. Elenco dei giornalisti assassinati in Sicilia dal dopoguerra in poi: Alfano Giuseppe, Cristina Cosimo, Di Mauro Mauro, Fava Giuseppe, Francese Mario, Impastato Giuseppe, Rostagno Mauro, Spampinato Giovanni. L’elenco è tratto dall’unico libro finora apparso sull’argomento, “Gli insabbiati” di Luciano Mirone – ovviamente anche lui disoccupato e senza redazione).
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