“Qui Lombardo non è gradito”
Siamo nelle ore convulse fra Brindisi e Palermo. La strage di vent’anni fa, la strage di ora. Ci si prepara a ricordare Falcone: ma come? Autorità (anche inquisite) e notabili, o giovani e movimento popolare?
Vent’anni fa: 17:58, 23 maggio 1992. E’ stato quel giorno, nell’istante stesso che separa l’ordine elettronico dato ad un detonatore e l’esplosione dell’ordigno, che qualcosa si è interrotto: l’omertà. Il rispetto. L’innocenza. La vita di Giovanni Falcone, Francesca Morvillo, e di tre uomini della loro scorta. E qualcos’altro invece è cominciato: le bombe. Le stragi. La caccia all’uomo. La Seconda Repubblica. Quante cose può distruggere mezza tonnellata di tritolo? Tante, troppe.
La vita di Maria Falcone è finita quel giorno. E poi – lentamente, nonostante tutto – è ricominciata. All’epoca insegnava economia e diritto nei licei. È stata lei, la sorella di Giovanni, a volere fortemente la Fondazione Giovanni e Francesca Falcone, nata a Palermo il 10 dicembre di quello stesso anno maledetto: il ‘92. Quattro anni dopo la Fondazione ha ottenuto un importantissimo (ed ambitissimo) riconoscimento dall’ONU, che ha concesso lo status di ONG, organizzazione non governativa, al Consiglio Economico e Sociale delle Nazioni Unite.
Ogni anno, da vent’anni a questa parte, la Fondazione organizza una serie di eventi per commemorare quella strage. Ma non solo, perché l’organizzazione si occupa della promozione di attività culturali, di ricerca e di studio; rappresenta, come ha detto più volte la stessa Maria Falcone, “tutti i morti per mafia”, ed è impegnata nello “sviluppo di una cultura antimafiosa nella società, e nei giovani in particolare”.
Il 23 maggio le celebrazioni dell’anniversario, in occasione del ventennale, hanno un significato particolare. È notizia di qualche giorno fa che il Presidente della Regione Siciliana, Raffaele Lombardo, non ha ricevuto l’invito alla commemorazione, a differenza di altre importanti cariche. “Non è persona gradita”. Maria Falcone, interrogata dai giornalisti sul motivo del gesto, ha commentato:
“La fondazione Giovanni e Francesca Falcone che rappresenta tutti i morti per mafia non può permettersi d’ invitare persone che sono sospettate di avere avuto contatti con Cosa nostra. A prescindere da come vada a finire l’udienza preliminare in cui il giudice deciderà se rinviare a giudizio Lombardo non possiamo avere tra gli invitati una persona per cui una procura ha chiesto il rinvio a giudizio per mafia. Sarebbe stato un bel gesto da parte di Lombardo dimettersi dalla carica che ricopre”.
Lombardo è indagato dalla procura di Catania nell’inchiesta Iblis (“Diavolo” in arabo). Tutto ha inizio il 29 marzo 2010, quando un articolo de La Repubblica rivela: “Lombardo sotto inchiesta a Catania. Concorso esterno con la mafia”. Il fascicolo aperto dal procuratore Salvatore D’Agata si basa su un rapporto di tremila pagine redatto dai carabinieri del Ros, frutto di oltre due anni di indagini. Raffaele Lombardo e suo fratello Angelo, deputato Mpa, sono indagati per concorso esterno in associazione mafiosa.
L’indagine procede finché il procuratore Michelangelo Patanè e l’aggiunto Carmelo Zuccaro decidono di esautorare i quattro pm titolari dell’inchiesta; stralciano la posizione dei fratelli Lombardo (derubricando il reato a “voto di scambio”) e chiedono l’archiviazione. Richiesta che il Gip di Catania Luigi Barone ha respinto, disponendo invece l’imputazione coatta.