“Vorrei semplicemente vivere da essere umano”
A che serve una legge contro l’omotransfobia? Meglio di tanti discorsi, ce lo fa capire la storia di Giorgio
“Ma non potevi restare com’eri? Eri così bella! Ma l’hai voluto tu di vivere così, ora ti arrangi”.
Così dicono le sorelle di Giorgio, catanese, cinquant’anni, disoccupato. Giorgio è un uomo ftm (transgender, female to male, da donna a uomo) e lotta contro i pregiudizi della società e della famiglia. Quest’ultima lo costringe a vivere in una stanza d’affitto con un reddito di cittadinanza molto precario e una salute difficile da gestire.
“Le mie sorelle sono succubi dei mariti, di cui uno ha precedenti penali. Erano meno belle di me e da piccole eravamo in continua competizione, nonostante che a me della femminilità non me ne importasse proprio niente”.
Giorgio vorrebbe semplicemente vivere con tutti i suoi diritti di essere umano.
“Qualche anno fa lo Stato italiano, su richiesta del Tribunale di Catania, finalmente mi ha ufficialmente riconosciuto come individuo appartenente al sesso maschile. Però nella vita di tutti i giorni non posso far percepire nulla di ciò che ero sennò rischierei l’emarginazione, perderei quelle pochissime amicizie che finora mi hanno fatto vivere da persona normale”.
La vita di Giorgio – che non si chiama così – è passata tra dolori, incomprensioni, litigi, pregiudizi e ignoranza da parte della sua famiglia. Una famiglia “nobile” rimasta con un solo palazzo (il resto rubato o estorto dalla mafia) da dividere, secondo il padre, fra tutti i figli. Ma… “Mio padre di carattere era simile a me, come il nonno, sono state le mie figure di riferimento; anche se per via del suo rigore non sono riuscito a completare gli studi; avrei voluto fare l’archeologo, l’ingegnere… Da bambino studiavo molto e cercavo di aiutare i compagni più deboli contro i prepotenti. Ma nessuno percepiva la mia sofferenza interiore. Non mi sono mai visto come una femmina, un corpo femminile ed una mente maschile o viceversa. Per noi trans è molto frustrante e a lungo andare può portare a conseguenze nefaste se ci si reprime. Nessun altro lo può capire fino in fondo”.
Ripudiato dalla famiglia e escluso dal patrimonio, minacciato dalle sorelle e dai rispettivi mariti, allontanato dalla madre, additato come un malato di mente da isolare Giorgio è cresciuto così. “Mi hanno chiamato merda perché ho scelto di vivere come uomo, cioè come ciò che sono per natura. Una volta mi sfogai con una delle sorelle parlando di impiccarmi e lei tranquilla mi disse ‘Fallo!’. Per un po’ ho dovuto dormire per la strada, come un barbone “.
Adesso Giorgio cerca di ottenere con la legge quella parte d’immobile che gli spetta, per potersi pagare le spese per la salute (fra cui un sospetto tumore) e per terminare il processo di transizione di genere. “Sono in cura ormonale di testosterone da dieci anni; ho passato un calvario per guadagnarmi la libertà. Ho amato una donna, prendendomi anche cura dei suoi figli; alla fine mi ha abbandonato perché i suoi le davano della lesbica, innamorata secondo loro di un ‘mezzo uomo’…”.della lesbica nell’intento di offenderla innamorata di un mezzo uomo”.
“Mi hanno obbligato a sposarmi – quando non mi chiamavo Giorgio – con un uomo, per far contenti i miei. A Roma, illustri associazioni politiche e religiose mi hanno completamente sbattuto la porta in faccia. Ecco perché non sono riuscito a iniziare prima tutto l’iter del cambio di sesso, il che ha portato pericoli non solo psicologici ma anche materiali. Adesso c’è l’ultima operazione, e poi una lunga degenza che vorrei affrontare in serenità: ma come faccio, senza casa né soldi né lavoro? Con un lavoro potrei vivere e potrei curarmi, e persino affrontare le cure se venisse confermata la diagnosi del cancro”.
Ma anche il lavoro, quando c’è stato, non è stato facile.
“Ho lavorato come cuoco, a Milano, ma non ho mai dichiarato la mia identità di genere, rischierei altre molestie e peggio da parte dei colleghi. Per noi transessuali uomini, rispetto alle transessuali donne, ci sono problemi simili ma diversi. Le transessuali donne dalla gente vengono viste come “uomini viziosi o travestiti” che soddisfano basse voglie. Noi transessuali uomini, non ancora metabolizzati dalla società perché sconosciuti ed invisibili, siamo ancor di più vittime del retaggio culturale secondo cui “la donna è inferiore rispetto all’uomo e quindi perché provare a diventarlo?”, così la nostra dignità venga criminalizzata come qualcosa di “storpio e malefico”. Mi è capitato di rivelarmi con degli amici e vederli immediatamente allontanarsi come se io fossi un marziano o un mostro”.
Anche nelle strutture sanitarie Giorgio ha dovuto subire derisioni da parte di medici e infermieri di un famoso ospedale catanese. “Appena scoprirono la mia specificità genitale scoppiarono a ridere senza tener conto del catetere sanguinante che portavo per il quale chiedevo un soccorso. Non sono stato rispettato nemmeno in quelle drammatiche circostanze. Ecco perché serve una legge per tutelarci dalla cattiveria e dall’ignoranza”.
A proposito della legge contro l’omotransfobia, la legge Zan, che il 27 luglio verrà discussa in parlamento,Giorgio ha le idee chiare: “E’ un traguardo importantissimo, aspettiamo questa legge dagli anni ’90. In Italia un’aggravante che punisca questo tipo di reato è estremamente urgente per la nostra materiale sicurezza”.
Giorgio adesso lavora a Milano come badante presso un’anziana signora..
“Mi sto trovando bene, spero di continuare per riuscire a guadagnare qualche soldo e potermi curare dato che fisicamente sto veramente male, vomito ogni giorno e cerco di camuffare i miei malesseri, ma non mi arrenderò mai e fino alla fine lotterò come ho sempre fatto nella mia vita per essere un uomo felice”.