Vacanze siciliane
Il panino catanese
Ieri sera finalmente a casa, a Siracusa, mi sono accorto che in questa fase il viaggio è cambiato. È cambiato il mezzo di locomozione, che ha trasformato e accelerato il viaggio, ormai giunto quasi al termine – mancano 10 giorni circa -; è cambiato il mio approccio con la Sicilia, il mio modo di ‘vivere’ le tappe del viaggio. Non fotografo più durante i trasferimenti, le strade che percorro sono quasi sempre autostrade, non ho il tempo di fermarmi, anche perché la stanchezza ha abbassato il mio livello di attenzione e determinazione, oltre al fatto che vado sempre di fretta.
Quando viaggiavo in Vespa la lentezza mi costringeva a fermarmi anche contro voglia, perché i luoghi e la velocità media di 25/35 km all’ora mi lasciavano la possibilità di guardarmi intorno, osservare, scattare foto in movimento senza nemmeno fermarmi. E poi dava il tempo ai miei sensi di colpa di agire sulle mie resistenze al lavoro, nate prima di me. Se poi si pensa che a Napoli la parola lavoro si traduce in “fatica” non c’è da aggiungere altro. Manca al momento il racconto della città di Catania che è stato un incontro fugace, scandito da un interminabile serie di appuntamenti con persone da intervistare.
Un ultimo appunto a me stesso, maledizione a me! Non ho scattato fotografie dei giacigli che mi sono stati offerti durante questo viaggio, un racconto importante visto che ho dormito a terra su materassini o cuscini di divano incastrati tra tavoli di lavoro e muro per non farli aprire, su letti piccoli o grandi, comodi o scomodi, sporchi o puliti, al caldo o al fresco. Un fotografo non dovrebbe farsi scappare un’occasione del genere.
Dalla mia, però, ho la giustificazione di essere una specie di “one man band” senza tregua, veramente, non per dire: lavoro 18 ore al giorno, faccio viaggi di 10 ore in Vespa e poi, magari, prima di andare a dormire faccio anche un’intervista e invio a Lello qualche video da montare, e magari posto video o foto che mi mandano amici che conosco durante il viaggio.
Questa è un esperienza che sta facendo prima di tutto bene a me, un viaggio con tutti i crismi del caso, una fortuna e un’esperienza che dovrebbero fare tutti, soprattutto i miei nipoti. Rompere i condizionamenti del viaggio sicuro, del “e poi dove dormo?” (anche se me lo sono chiesto più volte anche io, ma più per l’attrezzatura che mi porto dietro che per me stesso).
Il silenzio delle montagne
Viaggiare in solitudine per scoprirsi, e riscoprirsi a odorare dell’origano selvatico sulle colline delle Madonie, coglierne due rametti e metterli sopra il manubrio della Vespa per gustarne il profumo durante il viaggio. Fermarsi ad ascoltare il silenzio tra le montagne, fotografare mucche albine o trovare una serie di cavalli all’ombra e uno di questi ti riconosce e si avvicina lui a me per farsi accarezzare, vedere che l’Italia è bella, rendersene conto, ma anche triste per le ingiustizie, per la quantità di territorio non vissuto dalla gente.
Ci raccontano che le città sono, o meglio erano, luoghi dove si poteva trovare lavoro, luoghi con ricchezza sociale e culturale, e invece mi rendo conto che l’unica rivoluzione che possiamo fare, a mio parere, è avere una terra, produrre il necessario per la propria comunità familiare per uscire dalle dinamiche di mercato, mangiare pomodori del proprio orto piuttosto che quelli che vengo dal Cile, per esempio, o l’uva che viene da chissà dove. Reinventarsi attività di scambio con i vicini, fermarsi a parlare con uno sconosciuto che incuriosisce, piuttosto che correre dietro a un desiderio di ricchezza inarrivabile e corrotto. Far arrampicare i propri figli su un albero piuttosto che incollarli ai videogiochi per tenerli tranquilli. Non lo so se è giusto, ma se mi guardo intorno mi pare di sì.
Nel frattempo il meccanico non lo chiamo, perché ho paura di farmi dire cosa altro c’è che non va con la Vespa. Adesso la mia accompagnatrice è la Yamaha XT600. Cambiano i protagonisti del viaggio, cambia il viaggio stesso, senza possibilità di recuperare ciò che era prima. Mi verrebbe da chiamare il nuovo motoveicolo Margot, come la fidanzata di Lupin III, solo perché è giapponese: ma mi pare che non le calzi bene.
MANIFESTAZIONE NO-MUOS
IL SEI OTTOBRE DA TUTTA ITALIA A NISCEMI
Alla fine, il “cacerolazo” con pentole e tegami è fruttato una ventina di denunce (fra cui al giornalista Antonio Mazzeo e al pacifista Alfonso di Stefano), rei di aver messo in pericolo la sicurezza degli Stati Uniti d’America, l’alleanza occidentale, le operazioni della Us Navy e chissà cos’altro.
“Saremo ancora di più – replicano i pacifisti – più allegri, più giocosi, più colorati e più numerosi di prima!”.
Quanto? Per una settimana intera dal 29 settembre in poi, ma per la grande manifestazione nazionale per la pace e contro la base Muos che si svolgerà, pacificamente e con tutta la gente del paese, il 6 ottobre a Niscemi. Siete invitati da tutt’Italia, fin da ora