Uno stipendificio per parenti e amici
Un processo fotografa una presunta storia di clientelismo e truffe ai danni dello Stato. Coinvolti politici di prim’ordine, tra cui l’ex braccio destro di Lombardo a Ragusa, Minardo
Un consorzio per lo sviluppo del territorio pare fosse un vero e proprio “stipendificio” per i parenti e gli amici di alcuni politici ragusani. O almeno questo emerge dalle testimonianze del Processo Copai che vede indagato pure l’ex senatore e deputato regionale Mpa, Riccardo Minardo.
L’ex luogotenente di Raffaele Lombardo nella provincia iblea fu arrestato nell’aprile dello scorso anno dopo un’inchiesta della Guardia di Finanza su presunte distrazioni di fondi pubblici attraverso il Consorzio per la Promozione dell’Area Iblea (Copai).
Tra i reati contestati rientrano – a vario titolo – la truffa aggravata ai danni della Comunità Europea, dello Stato e di altri enti pubblici, e quelli di malversazione, estorsione e riciclaggio.
Il processo è entrato nel vivo in questi giorni e, nel corso di una delle prime udienze, sono stati sentiti i testimoni dell’accusa. È il colonnello Dieghi, dirigente del nucleo di polizia tributario di Ragusa fino al 2008, a rivelare la situazione rispondendo alle domande del pm Francesco Puleio. Dalle sue risposte emerge una descrizione del Copai come di un ente dalla struttura evidentemente clientelare, che non aveva dipendenti, ma collaboratori a progetto.
Di questi, la maggioranza era costituita da persone vicine a Rosaria Suizzo – altra imputata e presidente del Copai – e all’assessore provinciale al Territorio e all’Ambiente, Giancarlo Floridia. Le indagini della polizia tributaria sul Copai partirono proprio da controlli bancari sui conti dello stesso Floridia, dai quali erano emersi versamenti considerevoli e ingiustificati a suo favore da parte del Copai. Stando al racconto del colonnello Dieghi, tra i collaboratori del Copai c’era anche il figlio dell’assessore Floridia. La testimonianza di Dieghi viene messa a dura prova dalle domande di uno degli avvocati difensori, Enzo Trantino.
Nel corso delle stesse indagini, si scoprirono fatture emesse da una società slovena con sede a Capo d’Ischia per una cifra considerevole di materiale informatico, che il Copai sembrava aver acquistato. Dall’esame delle visure camerali è emerso, però, che la ditta slovena non si occupava di hardware e software, ma di prodotti di falegnameria.
E Il marito della Suizzo, Mario Barone, aveva imprese nello stesso settore del commercio del legno. Pare che il trasporto in Sicilia del presunto materiale informatico in realtà non sia mai avvenuto, perché le lettere di vettura sono risultate false.
Le rivelazioni di Dieghi vengono in parte confermate da quelle del maresciallo della Finanza Giaquinta. Nel Copai – secondo il militare -, i soldi non venivano usati solo per la realizzazione dei progetti, ma era una specie di “stipendificio”. Serviva a pagare stipendi di figli, nipoti e parenti di politici.
Il processo diretto a far luce sulle vicende della gestione del Copai sembra promettere, sin dal suo inizio, significativi colpi di scena, e c’è da aspettarsi che delle dichiarazioni dei due militari si tornerà a parlare presto.
Intanto, Riccardo Minardo, nelle elezioni regionali, non ha ottenuto il risultato elettorale sperato ed è rimasto fuori dall’Ars. Forse scontando l’ombra del caso Copai e del conseguente arresto.