Un’altra Italia
L’ideale di una testata antica e nuova…
E’ un’altra Italia. Dove si può dire la parola mafia. Dove non c’è più città in cui un sindaco possa affermare senza essere spernacchiato che la mafia non esiste. Pare che il tabù sia caduto perfino a Milano. E’ un’altra Italia. Dove nelle università frotte di studenti si danno da fare per sapere tutto quel che è possibile sulla storia del conflitto senza fine tra la criminalità organizzata e la parte pulita dello Stato. Dove fioriscono libri e siti e blog che parlano di camorra, ‘ndrangheta e Cosa nostra e anche il teatro e la musica se ne occupano. Dove centinaia di industriali parlano di lotta al pizzo e di utilità dell’etica negli affari. O dove i boss vengono condannati all’ergastolo in primo e secondo grado e addirittura in Cassazione.
E’ davvero un’altra Italia. Ora le vittime hanno diritti e provvidenze, e le parti civili possono chiedere verità e giustizia e nessun giornale le esorta più a tacere in nome della sacralità dei processi. Non c’è nemmeno più l’immunità parlamentare. E i vescovi e i parroci (la maggioranza almeno) evitano di dare esequie solenni ai boss dominatori di città e paesi. Mentre prefetti e questori non fanno più foto a petto in fuori con i capiclan più sanguinari.
E’ un’altra Italia. Però ci sono ancora politici di primo, secondo e terzo livello che accettano o vanno a cercarsi i voti dei mafiosi. Con letizia, con tracotanza. Ci sono ancora giornali che parlano di criminalità organizzata solo per raccontare ciò che fanno i magistrati, ma mai un’inchiesta in proprio. Mentre, a proposito, i magistrati possono essere insultati e intimiditi senza suscitare troppo scandalo. Sta bene così ai mafiosi, sta bene così ai corrotti. I quali non sono meno di una volta ma forse sono aumentati. E hanno imparato la scienza della dissimulazione, quel che una volta era reato ora non lo è più. Lottare contro l’Italia di sempre nell’Italia cambiata dalla lotta di generazioni. Ecco la sfida. Per una testata che sa di antico e nuovo, di lotte fatte e di lotte da fare, è l’ideale.