Una minoranza su cui contare
I Siciliani perché?
Ci scusiamo coi lettori per i tre giorni di ritardo di questo numero de “I Siciliani”. Non ci scusiamo invece per l’apparente incongruità del suo contenuto. Una parte di esso è costituito dal materiale già impaginato prima del 5 gennaio e rappresenta la “normale amministrazione” della rivista: che dovevamo, comunque, al lettore. Il rimanente, legato a ben differenti condizioni ma a una eguale professionalità, non vuol essere una commemorazione né un appello ma semplicemente un promemoria di alcuni problemi della società italiana e – sullo sfondo – del contributo di un gruppo di uomini alla soluzione di almeno uno di essi.
Da alcuni mesi a questa parte, il gruppo de “I Siciliani” è impegnato nel difficile compito di realizzare il salto di qualità da piccola e combattiva rivista a centro motore di una serie articolata di iniziative editoriali periodiche e librarie, che, con pari determinazione ma con ben diversa forza, contribuiscano al rinnovamento culturale dell’Isola e alla sua liberazione della mafia.
È un programma nato oltre due anni fa, che sorge dalla intelligenza e dalla passione di un uomo degno di questo nome, che non conta su apporti che non siano documentabili e cristallini, e che va avanti, nella sostanza, come era stato previsto: soltanto, con un prezzo molto alto da pagare.
Delle prossime scadenze di questo programma informeremo quanto prima i lettori. Ma fin d’ora sappiamo che cade in uno dei momenti decisivi della storia della Sicilia. Apparentemente invincibile, l’oppressione mostra le prime crepe; apparentemente slegate, molte coscienze si formano, e s’intravede una luce.
Non c’interessa qui di rispondere a chi ammonisce che la mafia non esiste, a chi minaccia impaurite vendette. C’interessa rispondere al nostro compito che è quello di dare una voce udibile e fedele alla Sicilia onesta. Che è molto più forte, e profonda, di quanto non si creda: nessuno la potrà fermare, quando saprà di se stessa.
Un’onda grande di solidarietà ha attraversato, in questi giorni, la Sicilia. Essa si è espressa in cento episodi diversissimi fra loro. C’è stato chi, con venti copie recuperate alla meglio e un megafono, ha organizzato – subito – una diffusione militante; che ha raccolto – subito – le cinquecento, le mille, le duemila povere impagabili lire dei compagni di scuola o di lavoro: impegni di lavoro, sottoscrizioni spontanee, militanza; poche e misurate parole, ma moltissimi fatti; così il popolo siciliano ha onorato – «essendo utile a sé; e avendolo dunque compreso» – un uomo
C’è stata una famigliola, una coppia, che è venuta ad offrirsi (senza una parola di cordoglio, e non chiamata) per la correzione delle bozze. C’era un bambino con loro, un siciliano di sette o otto anni, aveva il viso emozionato e deciso, ed era il terzo correttore.
Di tutti questi episodi, nessuno è stato inutile, nessuno sarà dimenticato. Ma ora bisogna andare avanti, in modo deciso e organizzato; abbiamo ben risposto all’emergenza, ma ora bisogna programmare.
Per quanto riguarda il nostro settore, abbiamo le idee ben chiare. Non vogliamo piangere, vogliamo fare. Non chiederemo ai siciliani una generica solidarietà, ma l’adempimento di precisi ed articolati compiti nel quadro della comune battaglia; e già fra breve cominceremo ad indicarne i primi, e a contare – con fiducia – sulla forza di tutti. Sappiamo di poterlo fare.
I Siciliani
I Siciliani, gennaio 1984