Una festa ben sorvegliata
“U Fistinu” di Santa Rosalia: metafora di una città che declina
Le cronache del 390mo Festino della Santuzza palermitana Rosalia raccontano, con il linguaggio freddo di altro tipo di eventi, che hanno partecipato alla manifestazioni clou – tra il 14 e il 15 luglio scorso – circa 300 mila persone, “secondo le stime degli organizzatori”.
Si tratta del solito “ballo delle cifre”tra gli organizzatori e la Questura?
Purtroppo, quello che più si è notato è stato, ancora una volta, un segno di confusione politica ed ideale dell’Amministrazione comunale presieduta da Orlando che non ha saputo imprimere al Festino quella carica democratica – dai forti connotati simbolici – in una città che, in altri tempi, “prendeva parte” contro le sue pesti, antiche e moderne.
Il palesarsi del triste disfacimento di questa ispirazione di governo stavolta è andato ben oltre le parodie della partecipazione popolare in alcune scelte dell’ Amministrazione, andate occasionalmente in scena – il termine non è casuale – con riti francamente inconcludenti sul piano tecnico-amministrativo e senza anima su quello ideale.
Il vero segno – cupo è pesante – è stato, però, rappresentato dalla evidente militarizzazione del Festino con una presenza, numerosa e inquietante, di camionette e autoblindo, insieme alle schiere di pesanti scarponi di tutte le Forze dell’Ordine antisommossa, perfino posti a sostanziale sostituzione delle organizzazioni della Protezione Civile, naturalmente con l’idea che possono avere delle Forze antisommossa della gestione della Protezione Civile in quella che doveva essere una festosa manifestazione di popolo.
Senza la “benedizione civile” del popolo
Per la storia e il valore dell’azione politico-amministrativa che non si può e non si deve disconoscere al personaggio, dispiace dirlo, ma forse abbiamo assistito alla caduta della parabola politica di Orlando, o SinnacOllando, come la vox populi confondeva a Palermo personaggio e carica istituzionale.
Questa triste involuzione del personaggio (che comunque è in atto, al di là di eventuali accordi nella peggiore tradizione politichese che possono riguardare il ruolo del Sindaco) è stata determinata, ben prima di questo Festino, dai contorsionismi politici di Orlando e dall’incapacità di passare da una gestione importante, ma troppo minimale delle emergenze palermitane, ad un progetto vero e socialmente avanzato per la città.
Ma il nuovo fatto simbolico, importantissimo in una città come Palermo, è stato rappresentato dal salire di Orlando sul carro della “Santuzza”a gridare il fatidico “Viva Palermo e Santa Rusulia”, non con la “benedizione civile” del popolo – con le sue variegate istanze, che un tempo trovavano il lui una sintesi riconosciuta – ma con la blindatura, francamente imbarazzante, offerta dalla Questura.
L’agitazione dei precari
Invero, c’erano già i segni di uno “sfruttamento” -eccessivo in termini di cosiddetto ordine pubblico – di informazioni su propositi di precari comunali, tradizionalmente determinati nel voler scegliere il “palcoscenico” del Festino per le loro manifestazioni di dissenso contro l’Amministrazione.
Come sembrava provvidenziale per una gestione blindata dell’ordine pubblico al Festino, la situazione creata dall’aggressione all’organizzatrice dei festeggiamenti che – ancorché riconducibile a malavitosi di basso profilo e non a organizzazioni mafiose come lasciato intendere dalla stessa protagonista – con ben altri mezzi doveva essere controllata ed affrontata.
In realtà, è stata un’altra occasione perduta dai vertici delle Forze dell’Ordine davanti a quei movimenti civili e antimafiosi che hanno provato negli anni – non senza contraddizioni e difficoltà – – a favorire il passaggio culturale dalla percezione popolare degli “sbirri” – nel tradizionale significato tutt’altro che edificante – a difensori delle libertà e dei diritti contro le prepotenze mafiose di tutti i tipi, inevitabilmente sempre a braccetto con poteri forti e comitati di affari.
L’intimidazione a Rocca e Pellicane
Purtroppo, questa strategia della Questura – sicuramente avallata e tollerata dal Comune – volta a dare alla città un eclatante segno autoritario, va rilevata anche nell’intimidazione inviata – preventivamente, nell’immediata vigilia del Festino – a tanti uomini e donne che tengono fede a gravi istanze popolari – spesso sporche di sofferenza e per questo senza voce – attraverso il trattamento riservato persone come Nino Rocca e Toni Pellicane – leader miti ma appassionati del movimento dei senzacasa – non a caso convocati in Questura e denunciati per manifestazione non autorizzata, con una consequenzialità temporale più che sospetta e una motivazione risibile, se non si trattasse di un inquietante, quanto immotivato atto persecutorio.
A questo punto, ogni cronaca che si rispetti – o anche che non si rispetti – si chiuderebbe con l’annotazione sullo spettacolo tenutosi sul Piano e sulla mura della stupenda Cattedrale, con testi, forse un po’ troppo didascalici e tradizionali, ma con una macchina scenica complessivamente stimolante e convincente.
Una città che si autodivora
Ma, in realtà, probabilmente, altro si è imposto sulla scena di questo Festino di una città, forse come il suo Genio, condannata – ineluttabilmente – a divorare, con i suoi figli migliori, i suoi aneliti e le sue speranze.