Una città “normale”
Morire di pallottole per la strada, a diciasssette o a settantantacinque anni
E’ un’onda lunga di rabbia, odio e disperazione che al Rione Traiano, periferia Occidentale di Napoli, sembra travolgere tutto e tutti.
Davide Bifolco tra pochi giorni avrebbe compiuto 17 anni, un colpo di pistola esploso accidentalmente da un revolver di un carabiniere – ora indagato per omicidio colposo – gli ha strappato la vita. Guidava uno scooter non suo, senza assicurazione ed era privo di patente. Non era solo. In sella con lui c’erano altre due persone: un pregiudicato e un latitante. All’alt dei militari dell’Arma inizialmente non si sarebbe fermato. Poi ha desistito. Quando erano in corso gli accertamenti, la tragedia.
Davide – come tanti testimoniano – era un bravo ragazzo, incensurato e non aveva mai avuto problemi con la giustizia. La domanda è cinica e spietata ma legittima: perché Davide, il bravo ragazzo, era nel cuore della notte in compagnia di due brutti ceffi ed a zonzo per la città?
Le indagini faranno il loro corso. Se il carabiniere per imprudenza, paura e avventatezza ha sbagliato pagherà come è giusto che sia. Lo Stato deve fare lo Stato. Le forze dell’ordine devono garantire nel loro difficile compito la legalità e non infrangerla.
Vite a perdere
Sullo sfondo c’è una città allo sbando, comatosa, luttuosa. Ci sono almeno due nuove generazioni cresciute all’ombra di faide, guerre e con gli spacciatori sotto casa. Davanti a loro non c’è nulla, il vuoto. Insomma, fare un giro di notte con chi capita è normale. Le vite sono a perdere.
Lascio ai professionisti delle tragedie la retorica, le parole urlate e la solita morale. Esterno preoccupazioni. Lo scrivo senza polemica, solo esercitando una critica non autoassolutoria: Governo cosa fa? Nell’agenda dell’esecutivo c’è di tutto e di più. Si affrontano emergenze su emergenze. L’etica è quella del fare. Si fanno annunci. Si mostrano slide. Bene, bravi, bis. Ma c’è un Sud Italia che ansima. Non è il solito film in bianco e nero.
Occorre ora aprire gli occhi, guardare con sguardo vivo nel ventre e nelle periferie delle città del Sud. La miccia è accesa. L’esplosione può accadere in og ni momento. E non so se qualcuno si salverà.
“Cambiare verso” qui è davvero un’urgenza. In meno di quattro giorni a Napoli hanno scorazzato per le strade di Materdei, Barra, San Giovanni e Ponticelli vere e proprie bande armate, squadriglie del male, gruppi di fuoco “esibitesi” in azioni dimostrative, incuranti dell’ora, della probabilità di colpire persone innocenti o finire nelle maglie della giustizia.
Sventagliate di kalashnikov contro obiettivi sensibili per “avvisare” che ora ci sono nuovi padroni. Davanti agli occhi di tanti si sono consumate scene di puro terrore. Raid armati che hanno lasciato sul selciato fino a 40 bossoli.
Non siamo in Iraq, in Siria oppure in Ucraina ma in una città italiana, di un paese occidentale che ha contribuito a fondare l’Unione europea. Le scene non erano tanto dissimili da quelle che ci fanno vedere gli inviati di guerra da quei disgraziati territori
Ciò che preoccupa è quel maledetto vestito di normalità, indifferenza, giustificazionismo che da sempre i meridionali mostrano per esorcizzare la realtà. Lo sguardo è rivolto a San Gennaro e a lui va il ringraziamento, se nessuno ci ha rimesso le penne. Invece, un mese fa, neppure la forza di San Ciro ha potuto fare nulla a Portici.
Mariano Bottari, 75 anni, pensionato ha incrociato sulla sua strada mentre faceva la spesa un proiettile vagante esploso da due malviventi durante il tentativo di rapina a un imprenditore. E’ morto. Un’altra vittima innocente, l’ennesima. Sono oltre 300 in Campania. Cifre da guerra che nessuno riconosce e più che altro vuole davvero combattere.
Ecco, il premier Matteo Renzi nei vari summit internazionali inserisca anche le regioni dell’Italia meridionale, zone di guerra a bassa intensità, da pattugliare e pacificare da una forza Onu o Nato. Davide è stata l’ennesima vittima. Come altri paga un prezzo altissimo di essere nato e cresciuto in una terra apparentemente “normale” ma endemicamente in guerra.
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