Una bomba all’asilo
E’ successo al Trotter. Sempre più imbarbarita (e distratta) la città
Metti un giorno una bomba all’asilo. Fortunatamente non è innescata ma è lì, appoggiata in bella vista sul prato, a pochi passi dalle aule. E’ una bomba a mano dei primi anni ’90, fabbricazione jugoslava, perfettamente funzionante.
L’asilo è pieno di bambini: i lavori di manutenzione straordinaria dell’edificio sono finalmente terminati e da pochi giorni i piccoli hanno potuto tornare nel loro padiglione. A notare l’ordigno è un’educatrice. La direttrice fa immediatamente evacuare l’edificio e chiama i carabinieri.
E’ il 27 giugno, siamo a Milano, al Parco Trotter, un plesso scolastico che ospita scuola materna, elementari e medie e che dopo le lezioni e nei fine settimana apre i cancelli al pubblico. La scuola è immersa nel parco ed è frazionata in tante piccole casette.
Il luogo ha una storia gloriosa di sperimentazione didattica e pedagogica, è vincolato dalla Belle Arti ed è il cuore pulsante di un quartiere, quello di Via Padova, che a Milano è sinonimo di multiculturalità e multietnicità data l’altissima percentuale di cittadini stranieri che vi abita e la presenza di un associazionismo attivo che nel corso degli anni ha messo in campo progetti interculturali e di inclusione sociale proprio a partire dalla scuola, dai bambini e dai loro genitori.
Esperienze belle e significative che hanno anche contribuito a cambiare in meglio il volto e l’immagine di Via Padova, ma che da sole non possono certo bastare a risolvere i problemi di un quartiere dove il disagio sociale e abitativo è forte e dove covano tensioni interetniche alimentate anche dall’aggravarsi della crisi economica.
Nel 2010, in seguito all’uccisione per futili motivi di un ragazzo maghrebino da parte di coetanei latinos, è esplosa la rabbia della comunità nordafricana nei confronti dei sudamericani: assalti ai negozi, caccia all’uomo, auto rovesciate… nessun’altra vittima, per fortuna.
All’epoca al governo di Milano c’erano Letizia Moratti e il vicesindaco-sceriffo Riccardo De Corato e la risposta fu esclusivamente di carattere securitario: coprifuoco serale per bar, birrerie e ristoranti e ronde congiunte militari-forze dell’ordine. Quanto alla polizia locale, agenti in borghese facevano il porta a porta a caccia di clandestini.
I problemi di ieri, non certo risolti dalle pattuglie, restano in buona parte i problemi di oggi. Lo spaccio prosegue indisturbato, il degrado è cresciuto e con la mancanza di lavoro si moltiplicano le tensioni e gli episodi di microcriminalità e violenza (aggressioni, risse e accoltellamenti sono abbastanza comuni, per non parlare delle violenze sulle donne). Ma nessuno di questi fattori “spiega” la bomba nel parco della scuola.
L’attuale amministrazione guidata dal sindaco Giuliano Pisapia – pur nella scarsità di risorse finanziarie – ha scelto di tenere il più possibile fede agli impegni presi in campagna elettrale investendo nella riqualificazione del Trotter e di Via Padova con l’obiettivo di potenziare gli interventi sul fronte dell’inclusione sociale e supportare l’opera svolta sul territorio dall’associazionismo.
Mai come in questi anni il Trotter ha visto aprirsi cantieri: manutenzioni ordinarie e straordinarie, vere e proprie ristrutturazioni e, cigliegina sulla torta, l’avvio del progetto di ristrutturazione dell’ex Convitto, straordinario edificio che per un certo tratto fa da confine tra Parco e Via Padova.
La ristrutturazione dell’ex Convitto
Quello della riqualificazione del Convitto è stato un sogno a lungo accarezzato.
Chiuso all’inizio degli anni ’80 per via dell’impianto elettrico non a norma (all’epoca ospitava la scuola media, trasferita in altri padiglioni del Parco), l’edificio è stato abbandonato a se stesso e si è rapidamente deteriorato fino a ridursi a uno scheletro pericolante e pericoloso, rifugio di disperati costretti persino a pagare per avere un “posto letto” tra le macerie.
La rinascita del Convitto è legata all’Expo 2015 (anche se già si sa che per l’Expo i lavori non saranno terminati) e avrà ricadute importanti sulla scuola e sul quartiere anche per via della consistente porzione di stabile che verrà destinata a usi sociali. Il fatto che l’edificio avrà l’ingresso principale dalla strada contribuirà poi a “bonificare” la piazzetta antistante dove fino a 10-15 anni fa giocavano a carte i vecchietti del quartiere e che da molti anni ormai è invece diventata una terra di nessuno, luogo di spaccio, prostituzione e altri traffici. Per la ristrutturazione del Convitto verranno spesi circa 11 milioni di euro (di cui 8 stanziati dalla Fondazione Cariplo): una bella somma, specie in un periodo di crisi nera per i bilanci comunali e per l’edilizia pubblica e privata.
Dico questo per far capire il contesto che potrebbe aiutare a “leggere” questo incredibile e gravissimo episodio peraltro ignorato da tutti i media perché, a differenza del solito, nessuno ha provveduto a informarli dell’accaduto.
La bomba, del resto, è stata “silenziata” dagli stessi carabinieri che conducono le indagini e che ritengono – come hanno riferito ufficialmente all’assessore alla sicurezza del Comune di Milano – che si sia trattato di un “episodio isolato”, un caso di “abbandono” abbastanza comune da parte di qualcuno che dall’Est Europa si è portato la bomba come “souvenir” e che poi, dopo mesi o anni, ha deciso di sbarazzarsene.
Che l’abbia fatto nel parco di una scuola, davanti a uno dei padiglioni della materna a ristrutturazione appena terminata è – secondo i carabinieri – un “di cui” poco significativo, tanto che, almeno nella prima fase, le indagini si sono concentrate sui frequentatori della scuola con una “serie di verifiche”. In fondo, quale genitore non lascerebbe una bombetta davanti alla scuola del figlio?
La pista degli appalti, delle imprese che hanno effettuato manutenzioni e ristrutturazioni, invece,non è stata nemmeno presa in considerazione come ha confermato lo stesso comandante dei carabinieri responsabile delle indagini.
Escludendo che l’ordigno sia piovuto da Marte o che qualcuno lo abbia perduto (chi di questi tempi non gira con almeno una bomba a mano in tasca?), sarei portato a pensare che si tratti di un qualche messaggio, di un avvertimento. Ma ormai della bomba non si parla più e sul fronte delle indagini tutto tace.
Rimozioni e silenzi stanno diventando il leit motiv di questa Milano che fa fatica a guardarsi in faccia e ad ammettere che c’è un problema (anche) di controllo del territorio oltre che di riciclaggio. Spero di sbagliarmi, ma sorge il sospetto che di episodi come questo a Milano non si voglia parlare ormai più per paura che per sottovalutazione.