Un medico a Castelvolturno
Ci sono italiani vigliacchi, pronti a picchiare gli zingarelli o a cacciare i bambini rifugiati. Ma ci sono anche italiani coraggiosi, con le palle e il cuore per vivere aiutando. Eccone uno
Ho iniziato negli anni Novanta da solo, poi mi sono aggregato all’allegra compagnia della Jerry Masslo, nel ’98 più o meno. Da allora cerco di curare un ambulatorio che definisco una Uomi, unità operativa materno infantile. Qui opera il ginecologo, l’infettivologo, il pediatra, il medico di medicina generale, il medico condotto, che poi si definisce medico di prossimità, e l’assistente sociale. Tutto qui.
Io vengo da una famiglia contadina, ho perso mia madre all’età di undici anni, nel 1968. Il mio medico di famiglia era una persona che si prendeva cura di tutta la famiglia, veniva a casa mia in campagna, a volte arrivava all’ora di pranzo, si sedeva con noi, ci onorava della sua presenza, e guardava te, lei, me, lui, tutti, di tutte l’età e di tutti i generi.
Talvolta ci dava anche una mano a far partorire la mucca, perché era un medico (sorride). E lui è stato il mio vero maestro, il mio pallino insomma, me lo sono sempre ricordato, mi diceva che le persone le devi annusare, guardare, toccare, parlarci.
Oggi non so voi con quali miei colleghi avete a che fare, spero persone valide, ma è difficile fare questo mestiere, io trovo sempre una grossa difficoltà, tanto è vero che ho deciso di cambiare attività: ritorno in campagna a fare il contadino e riprenderò quelle attività che forse sono più valide dello stesso somministrare farmaci.
Avrebbero bisogno di essere ascoltati
Queste popolazioni avrebbero bisogno di essere ascoltate un po’: ascoltare una persona, guardarla in viso, darle tutto il tempo possibile. In inverno prendo il fornellino, bluffo con l’amico direttore dicendo che mi serve per disinfettare gli strumenti, invece no, facciamo il decotto di mele annurche. Per cui, per una tosse, eviti di dare dei farmaci e gli fai assaggiare in ambulatorio questo medicinale che è un prodotto della campagna, ci metti un po’ di fichi secchi, un po’ di alloro, le cicerchie. I bisogni qui sono proprio minimi, come insegnare a quella donna a riprendere l’allattamento al seno come faceva in Africa. Pensate che in Africa allattano per tre anni, talvolta non c’è più latte, però pensate alla bellezza di avere il contatto fisico col proprio bambino per tre anni. Come mettono il bambino, avete visto? È fenomenale come riescono ad annodarlo sulla schiena.
Gli stiamo togliendo anche questo. I miei cari colleghi pediatri e ginecologi, compresa l’ostetrica e l’assistente sociale, per prima cosa alla dimissione, molto spesso senza volerlo – perché oramai è la prassi – prescrivono un latte formulato, in aggiunta casomai al latte materno.
L’ostetrica dovrebbe, prima di tutto in ospedale, insegnare a quella donna come cominciare a dare il latte al suo bambino, come mettere la boccuccia vicino all’areola mammaria, come non produrre ragadi, cose banali. Se uno riuscisse a far capire che i bisogni sono semplici…
C’è bisogno di educare a una sana alimentazione e a un percorso di prevenzione delle malattie sessualmente trasmissibili. Nel frigo ci sono i condom, e questa è prevenzione, a volte quando tu sai che ci sono persone a rischio gli dai un pacco. E un pacco non ti costa niente, vogliamo parlare di economia? Bene, un pacco di centoquarantaquattro condom sapete quanto costa? Cinque euro e mezzo. Se andate in farmacia e ne prendete sei, quanto costano? Sette euro e quaranta! La terapia mensile che a volte devo somministrare ai pazienti sieropositivi costa mille euro, trenta capsule per trenta giorni, ed è quella a costo più ridotto perché hanno messo in un’unica capsula la tripla.
Una medicina povera
Con una medicina povera siamo riusciti a dare una mano a migliaia di donne, in questi anni. Ogni anno si fanno mediamente diecimila trattamenti tra donne e bambini. E si riesce a ridurre tanti danni con una medicina misera, ma proprio umile. Se per comprare l’acqua Amorosa, l’omogeneizzato, il Libenar, tu hai bisogno in un giorno di dieci euro, significa una marchetta. Se tu le dai quello di cui ha bisogno, cioè pochissimo, ma che è esente da ticket, da costi, risparmi una marchetta.
Molte ragazze qui lavorano su strada e sono mie pazienti, e quindi tu cerchi di tutelare loro sotto certi aspetti, ma anche l’utenza e quindi fai sanità pubblica: preservi la salute di quella ragazza e preservi la salute del nostro genere nei confronti della ragazza, della moglie, della fidanzata eccetera, perché fai in modo che le ragazze nere qui facciano indossare il condom al cliente. Poi se loro hanno un problema: “Dottor Gianni si è rotto il condom”. Allora facciamo tutta una serie di esami per i sei mesi successivi, e loro ti seguono.
La nostra medicina è troppo veloce
Quando arriva una creatura che ti esprime un bisogno e che viene da un altro continente, con altre culture, altre misure, e tu utilizzi le stesse metodologie che hanno inguaiato la nostra società che era contadina, allora ci stiamo inventando una serie di bisogni inutili.
La nostra medicina lo ripeto è troppo veloce. La mia medicina quella vecchia, quella antica, non vecchia, antica, era lenta, tempus omnia medetur dicevano gli antichi, il tempo cura quasi tutto, aggiungiamo un “quasi”, ma prima era il tempo che curava tutto.
“Think think think”
In questi ultimi anni, all’interno della comunità africana, è aumentato il numero di persone che soffre di disturbi psichici. Quali sono le cause e come si può affrontare questo problema?
Loro spesso dicono: “Think think think”, penso penso penso. Immaginate, da una stanzetta così (indica l’ambulatorio), loro possono ricavare quattro stanze a centocinquanta euro.
Il compagno al massimo fa buongiorno, sapete cos’è buongiorno, no? Va a vendere i fazzolettini per strada con una carrozzina facendo: “Buongiorno!”, quello è il lavoro che si chiama buongiorno. Oggi riesce a guadagnare dieci euro, domani venti, dopodomani niente.
Lo voglio immaginare se uno non va un poco fuori di testa. Di psichiatrico c’è poco, ma c’è molto di contingente. Ognuno di noi non sapendo cosa mettere sul fuoco, avendo due o tre bambini, va un attimino fuori di testa. E chi si è portato dal suo paese qualche problema di tipo psichiatrico è chiaro che qui a un certo punto si cronicizza.
Però, il problema dove sta?
Quel ragazzo, che era forte e sano nel suo paese, arriva qui, e se a casa sua riusciva ad avere un piatto di riso e un po’ di semolino, qui non riesce a trovare manco o cazz’ perché deve andare ad alloggiare in un casale abbandonato nelle campagne di Villa Literno, e quindi non ha l’acqua, non ha niente, ha solo un giaciglio che spesso è fatto di un materasso preso da strada e portato lì a terra, è normale che comincia a vivere male, a campare peggio, ad alimentarsi na zoza.
E quale sanità pubblica noi assicuriamo?
Da lì la mia incazzatura politica…
È lì la mia incazzatura politica, come fai a rispondere alla persona che fa “think think think”, pensa pensa pensa, se non gli assicuri il minimo possibile? Non li puoi mandare nei centri di salute mentale, il problema non è allertare gli amici psichiatri di un qualcosa che nel novanta per cento dei casi è legato al fatto che non tengo la casa, non tengo i soldi per pagare la casa quando la tengo, e se lo dico al proprietario mi dà un calcio in culo e mi dice: “Esci fuori che non c’hai il soggiorno!”.
Vorrei far capire a me stesso che se mi metti in un altro continente, senza i miei parenti, senza i miei cari, con amici opportunisti come le tenie in un intestino, e se sei donna e sei capace di lavorare su strada, la madame ti prende e ti porta su strada, e se sei uomo e sei capace di spacciare ci sta quello lì che ti fornisce la droga, se non sei capace di questo ti mettono da parte. È chiaro che tante persone vanno un poco in crisi…
Queste creature che partoriscono qui…
Voi immaginate queste creature che partoriscono qui, senza i loro genitori, se non avessero qualche amico – che io mi reputo amico di queste persone – che cominciasse a dare una mano: pannolini, a patto che tu allatti, non allatti niente pannolini; acqua del rubinetto calda, tiepida, temperatura normale per il bambino, lo lavi sotto al rubinetto con il sapone…
Sono persone sane, altrimenti non affronterebbero un viaggio, si ammalano qui in Italia, ma si ammalano di depressione, di solitudine, vanno fuori di testa perché sanno che vengono trattati da merce. Non tieni il soggiorno? Questa è la casa. Avete visitato qualche casa?
Umidità che arriva a un metro e mezzo di altezza, letti addossati alla parete, bambini con la bronchite. È normale! Tu stai vicino all’umidità, ti pigli pure la bronchite.
Allora io che cosa faccio? Sapete quei fogli di polistirolo che usano gli imbianchini da mettere vicino le pareti e isolarle? Arrivo con il polistirolo, c’ho la borsa da medico, sì anche, ma dopo, prima vado col polistirolo, allontano il letto, ci metto questa cosa qua, gli avvicino il letto, dico: “Guarda adesso è caldo”. Poi parliamo del bambino, lo visito, gli do l’antibiotico, poi ordino dei regimi di vita normali.
La stessa cosa avviene in estate con il ventilatore, quelle case insane, ventilatore direttamente sul bambino, e arrivano che ha la mucosite con l’infiammazione delle prime vie aeree, ma è normale, anche a noi capiterebbe. Allora tu cosa dai? Consigli. Anche telefonicamente.
Loro mi lasciano il messaggio, io li chiamo, gli do i consigli. Quindi un medico a distanza ma anche un medico di prossimità, una medicina a distanza ed anche una medicina di vicinanza.
Quella stupenda bambina che avete visto qua, con l’elenco dei libri, è stata bocciata l’anno scorso, voleva fare il liceo scientifico, non ce l’ha fatta, è venuta da me piangendo: “Gianni, mi dai una mano?”, certo che ti do una mano. Chiaro che le do una mano, a un certo punto sarebbe una ragazzina a rischio, per l’età, per la bellezza, no? E io che mi occupo di prostituzione che faccio? Non lo permetto a lei, lei che è nata qui, è bianca, ed è nera, è bianca e nera, è una bimba mulatta? La madre alle due del mattino te la trovi su strada e l’altra volta si mise in ginocchio per ringraziarmi. Questa è medicina. Eri un uomo ricco e sei diventato un uomo povero, poi eri un uomo povero e sei diventato un uomo ricco per tutte le esperienze che hai assorbito.
“Io vorrei studiare, dottor Gianni..”
C’è una magnifica creatura che ha completato un master in Scozia. L’ho conosciuta nel ’95 e aveva difficoltà, mi disse: “Io vorrei studiare, dottor Gianni”. Si è laureata all’Orientale di Napoli in Lingue e letteratura straniera, con 110 e lode, il bacio della commissione. Poi è riuscita a fare un master e l’ha concluso. Però se non c’era un tamburo che sapeva suonare, quel tamburo non serviva, diventava altro. Poteva stare ancora a fare un altro tipo di lavoro, poteva trattare a sua volta altre persone. Perché così funziona in questo mondo: una volta che una ragazza si è affrancata, poi compra un’altra ragazza. La tratta è fatta, molto spesso, dalle stesse persone trattate, cioè: “L’ho fatto io, perché non lo devi fare tu? Allora io ti compro, e tu fai la stessa vita che ho fatto io”. E lì si diventa cattivi. Perché si rimuove l’etica, la morale, la coscienza si rimuove tutto dicendo: “L’ho fatto io, lo puoi fare anche tu”.
Perché è così che funziona
Allora, o spezzi questa situazione che dura da tempo o non riesci a fare sanità.
Con cinquecento euro compri i libri e il camice, e assicuri a questa creatura di andare a scuola. Non sono molti: un euro e mezzo al giorno, è un cornetto e un cappuccino, ma nemmeno. Per questo loro mi adorano, ma mi pigliano pure per pazzo.
Ne ho altre due oltre a questa qui, che andranno all’università come quella. Tutto questo è sanità! Vi dico soltanto un’ultima cosa sulla bellissima tesi di questa donna. Lei l’ha dedicata a suo padre che non c’era più, e alla sua sorellina, letteralmente uccisa al suo paese a diciotto anni. Noi avevamo pensato di farla studiare in Nigeria, non farla venire qui assolutamente. Ma ovviamente questa cosa, se passava, era pericolosissima per la tratta, perché l’idea di una ragazza che può studiare nel proprio paese perché c’è qualcuno che la finanzia con pochi naira – il costo lì è minimo rispetto a quello che paghiamo qui per l’università – era pericolosissimo.
Le avranno somministrato qualcosa, alla fine quella ragazzina è andata fuori di testa per due anni ed è morta. La sorella poi si è laureata dopo un po’ di anni, perché si era fermata a pensare alla sua sorellina, diceva: “È anche colpa mia, perché se la facevo venire qui, probabilmente…”.
Perché è cosi che funziona: “Mi fai venire? Mi fai venire? Mi fai venire?”, e tutti quanti vanno fuori poi arrivano qua e non trovano niente. Sembrava una buona sperimentazione, ma è fallita. Fallita perché è morta quella creatura. Insomma, alla fine questa creatura che si è laureata ha messo sulla tesi una dedica ai suoi genitori, alla sorellina che non c’era più, e a questo fratello qui che dice sempre: “Cos’è mai un tamburo se nessuna mano lo suona?”. Il tamburo io ce l’ho, provo a suonarlo finché ho la forza. A Maronna m’accumpagna.