Un famosissimo sconosciuto
‘Ntoni Gambazza per trent’anni fu uno dei capi, e forse il capo, della ‘ndrangheta cala- brese. Eppure pochi conoscono il suo nome
Perché “sconosciuto”?
Ormai è nota la potenza economica, espansiva e decisionale della mafia calabrese. Eventi come la strage di Duisburg del 2007 o le eclatanti operazioni avvenute nel Nord-Italia nel biennio 2010-2011 hanno consentito di scoprire la ‘ndrangheta. Perché, nonostante ciò, non si è mai affrontato il tema ‘ndrangheta e Calabria a dovere? Ancora oggi, con difficoltà si riesce a comprendere quanto sia importante per le strategie organizzative il territorio d’origine della ‘ndrangheta.
All’interno della sola provincia di Reggio Calabria ci sono stati sindaci accusati di aver dato fuoco agli uffici comunali che governavano, faide in cui dei bambini sono stati uccisi e successivamente sfregiati, lunghe stagioni in cui si sequestravano persone di ogni età, due guerre di mafia che hanno causato circa 1.000 morti ed infine, recentemente sono stati scoperti notevoli quantitativi di rifiuti tossici che hanno causato in alcune aree un’impennata di patologie tumorali.
Di molte delle vittime, in Calabria, non c’è memoria: perché?
La ‘ndrangheta è l’organizzazione mafiosa egemone in Italia: perché allora le Procure e le forze dell’ordine in Calabria sono sotto organico?
Le conclusioni vanno in un’unica direzione: non c’è e non c’è stata la volontà politica di contrastare la ‘ndrangheta. In questo contesto di isolamento, molti dei boss della mafia calabrese che dovrebbero essere “popolari” come Riina, Provenzano o Cutolo sono sconosciuti. Nel settembre 2014 è uscito Il Patriarca, il primo libro che tratta la biografia di un boss della ‘ndrangheta.
“Il Patriarca” di Andrea Galli
Andrea Galli in “Il Patriarca’’ (Bur edizioni) racconta la storia di Antonio Pelle detto Gambazza, reputato l’ex Capo-Crimine della ‘ndrangheta (la carica più alta dell’organizzazione). Pelle, originario di San Luca è morto nel 2009 77 anni.
Secondo le analisi degli investigatori, ha stretto alleanze con potenti capi mafia, è stato uno dei protagonisti della faida di San Luca ed ha trafficato grandi carichi per l’esportazione di droga. Chi è realmente Antonio Pelle? Colui che ha retto i fili della mafia calabrese, oppure un onesto figlio di pastori originari di San Luca?
I suoi familiari e il suo avvocato avallano la seconda ipotesi.
Comunque, Antonio Pelle è stato difeso dall’ufficio legale di Giovanni Leone e il 24 luglio 1981 ha ottenuto la grazia: a firmare il decreto è stato l’allora Presidente della Repubblica Sandro Pertini.
L’inchiesta di Andrea Galli, tra le altre rivelazioni, identifica la consacrazione di Antonio Pelle alla carica di Capo-Crimine proprio nel ’95, contestualmente all’omicidio ancora irrisolto di Giuseppe Nirta, reputato fino allora il primo rappresentante della mafia calabrese.
”E’ indubbio che Pelle si prestò alla ‘ndrangheta – scrive in quarta di copertina Nicola Gratteri, Procuratore aggiunto della Dda di Reggio – ma è ugualmente vero che se ne servì. Antonio Pelle diventò Capo-Crimine, un ruolo che potremmo paragonare a una sorta di Presidente della Repubblica delle cosche ”.
L’intervista a Galli
– Come si è sviluppata l’ipotesi di fare un libro su Antonio Pelle “Gambazza”?
“Il mio primo libro, “Cacciatori di mafiosi”, è uscito nel 2012. Ho iniziato a elaborarlo nel 2010. Tratta quasi esclusivamente delle funzioni delle forze dell’ordine nell’arresto dei latitanti. Già per il mio primo libro ho frequentato la Calabria e la zona della Locride, avvicinandomi al tema della ‘ndrangheta. Volevo conoscere di più dei personaggi chiave dell’organizzazione. Subito dopo la strage di Duisburg, inerente alla duratura faida di San Luca, mi rimase impresso un articolo sull’Espresso di Fabrizio Gatti, che metteva in risalto la figura di Antonio Pelle. Chiedendo in giro, ho sempre avuto risposte non soddisfacenti. Mi incuriosì molto il fatto che non si sapeva molto di lui. La ricerca è durata due anni, gran parte del materiale l’ho raccolto in Calabria. L’inchiesta sul periodo iniziale della sua vita, dagli anni ’30 fino agli anni ’50 l’ho fatta interamente sul territorio di San Luca.”
– Ha incontrato ostacoli nella realizzazione dell’inchiesta?
“L’inchiesta l’ho fatta a intermittenza perché raccogliere materiale non è stato facile. Ho girato tutti i paesi della provincia di Reggio Calabria, ho cercato materiale negli Archivi di Stato e nelle Procure di Reggio Calabria e Locri e sono stato in moltissime caserme dei Carabinieri, vuoi i traslochi o le alluvioni degli anni ’50 e ’70, casualmente o volontariamente si sono perse molte pratiche. Lui è stato detenuto presso il carcere dell’isola di Pianosa: perfino lì non ho trovato materiale sulla sua condotta nel periodo detentivo. La ricerca sul territorio è stata tortuosa, nonostante ciò, vorrei cercare di abbattere lo stereotipo secondo il quale se vai a San Luca ti sparano, con i sanluchesi ci puoi parlare tranquillamente, si chiudono quando parli di ‘ndrangheta o di vicende giudiziarie di una determinata famiglia o personaggio. Il paese in cui è più difficile operare anche per gli investigatori è senz’altro Platì, quando entri in quel territorio, è come se entrassi in un fortino, non hai la libertà d’azione, senti di essere osservato.”
– Antonio Pelle è morto nel novembre del 2009, secondo quanto riportato all’interno dell’Operazione Crimine del 2010 lui era l’ex Capo-Crimine della mafia calabrese, la carica più alta dell’organizzazione. Qual è stato il percorso criminale del Patriarca?
“Antonio Pelle nacque il 1° marzo 1932 a San Luca, suo padre era un pastore, non era affiliato.
“Gambazza” non è mai andato a scuola perché a San Luca non ce n’erano. Lo spartiacque della carriera criminale di Antonio Pelle fu l’omicidio di Sebastiano Pizzata nel 1961, per conto dell’onorata società. Andò in caserma ad ammettere il delitto, i carabinieri e i magistrati non gli credettero perché mancavano riscontri.
Ho parlato con il Procuratore Aggiunto della Dda di Reggio Calabria Nicola Gratteri e condivido quanto mi ha detto ‘’ E’ indubbio che Pelle si prestò alla ‘ndrangheta ma è ugualmente vero che se ne servì. Quello fu il primo passo di un’incredibile scalata che lo portò a diventare Capo-Crimine. Antonio Pelle ebbe cinque figli, e costruìdelle sinergie attraverso i loro matrimoni. Operava a stretto contatto con il compaesano Sebastiano Romeo ‘U Staccu e Giuseppe Morabito ‘U tiradrittu di Africo.
Dai diversi fronti con cui sono entrato in contatto, hanno evidenziato il grande carisma. Gli investigatori con i quali ho parlato, che hanno avuto a che fare con Pelle, sostengono che raramente hanno visto una forma di rispetto così alta come quella mostrata dalla famiglia nei suoi confronti. Stavano in silenzio perché doveva parlare lui. Sempre secondo le mie testimonianze, Antonio Pelle diventò Capo-Crimine dopo l’omicidio di Giuseppe Nirta, avvenuto il 19 marzo 1995. Un omicidio ancora avvolto nel mistero.
I familiari negano ogni tipo di coinvolgimento nella ‘ndrangheta, e non esiste una sentenza che dica che Antonio Pelle sia stato Capo-Crimine. L’unica condanna definitiva l’ha avuta per traffico di sostante stupefacenti.”
– Nel 1981 Antonio Pelle ottenne la grazia…
“La grazia venne firmata il 24 luglio 1981 dall’allora Presidente della Repubblica Sandro Pertini, ma probabilmente la pratica della grazia venne istruita da uno dei predecessori di Pertini, si trattò semplicemente di un foglio da firmare.
Questo fatto, sempre secondo l’accusa, sembrò l’emblema della capacità della ‘ndrangheta di arrivare ad un grandissimo risultato quale la grazia, che è un lavoro nel corso del tempo, fatto da più persone nei posti giusti.
Dopo il lungo percorso ti trovi il grande risultato, è singolare che una figura come quella di Antonio Pelle, che è figlio di un pastore, che non è mai andato a scuola e non ha mai avuto un lavoro, che all’inizio della sua attività criminale aveva risorse economiche limitate, finisca per farsi difendere dallo studio legale di Giovanni Leone.
Si avvicina a Leone perché questi aveva già difeso don Mico Tripodo. La domanda sorge spontanea: da dove li ha presi i soldi per farsi difendere dallo studio di Leone? Come fai ad avvicinare uno come Leone se parti da queste origini?”
Una storia frammentata
Dall’inchiesta di Andrea Galli chiaramente emerge come sia frammentata la storia di Antonio Pelle e della ‘ndrangheta in Calabria. Sono troppi i pezzi mancanti.
Per provare a pareggiare la partita informativa sulla ‘ndrangheta sconosciuta servirebbero molti più giornalisti e ricercatori specializzati sul tema. In quarta di copertina del libro c’è una frase di Eduardo De Filippo ‘’i fantasmi non esistono…Li creiamo noi’’.