Trivelle e inceneritori: sistema Mose dappertutto
Approvato il decreto “Sblocca Italia”: più commissariamenti e meno democrazia. Trivelle e inceneritori ovunque, acqua privatizzata e coste invase dal cemento
Una legge che sa di primo Novecento e che gratterà il fondo del barile per svendere quel che rimane dell’ex Belpaese. E’ una delle descrizioni più efficaci e sintetiche del decreto “Sblocca Italia”, recentemente approvato in Parlamento. Tanti i provvedimenti contestati e che andranno a influire negativamente su salute pubblica, ambiente, gestione dei beni comuni e della cosa pubblica.
Il 12 e 13 giugno 2011 milioni di italiani, dopo tantissimi anni, con il loro voto resero “valida” una consultazione referendaria esprimendosi più che nettamente per una gestione dei beni comuni (a partire dall’acqua, il bene comune per eccellenza) pubblica, trasparente, democratica.
Tre anni e cinque mesi dopo è stata prevista la collocazione in Borsa del 60% delle società che li gestiscono oppure una quota ridotta, a patto che privatizzino la parte eccedente fino alla cessione del 49,9%. Tenore non diverso per il demanio pubblico e le nostre bellissime coste, già oggi in gran parte aggredite dalla speculazione del cemento e dalla ricerca privata del profitto ad ogni costo. Gli immobili demaniali inutilizzati potranno essere venduti solo ai privati.
Dal Mose all’Expo
E’ cronaca di alcuni mesi l’inchiesta, e l’esplosione del relativo “scandalo”, relativo al sistema Mose (e nelle stesse settimane anche l’Expo ha occupato pagine e pagine di cronaca giudiziaria).
Passate le settimane del clamore e i relativi proclami di prammatica, si è tornati alla crudissima verità. Lo “Sblocca Italia” regalerà il più possibile sempre nuovi “sistemi Mose”. Il sistema che non ha potuto arginare quel che è accaduto in laguna approderà in tutta Italia.
Il primo laboratorio sarà l’ex Italsider di Bagnoli (e, per essa era stato inizialmente previsto il provvedimento) ma poi si estenderà a tutta la Penisola: commissariamenti per le bonifiche e “procedure straordinarie per interventi di rigenerazione urbana ed ambientale” che – come hanno denunciato il Forum Nazionale dei Movimenti per l’Acqua Pubblica, l’Associazione A Sud e il Coordinamento Nazionale No Triv – esproprierà “i cittadini, le assemblee elettive locali e gli organi di controllo statali […]del diritto di pianificare il territorio di loro competenza, che viene affidato ad un commissario governativo-podestà”.
“Grandi opere” contro l’ambiente
Il sistema delle “Grandi opere”, dove corruzione e cartelli criminali sono spesso prosperati cancellando l’interesse comune, con lo “Sblocca Italia” è il “mantra” dello “sviluppo” previsto.
Un quarto dell’intera legge per il WWF indebolisce le tutele e le valutazioni ambientali e dà mano libera ad interessi speculativi, tra cui “la proroga delle concessioni senza gara e l’allargamento dei poteri delle concessionarie autostradali in violazione delle normative comunitarie” fino alla “elusione del nulla osta paesaggistico delle soprintendenze e del via libera agli appetiti dei privati sul patrimonio pubblico sulla base di semplici accordi di programma”.
Il grande business dei rifiuti
I rifiuti sono diventati negli anni uno dei business più prosperi, dalla Campania all’Abruzzo, dal Lazio alla Lombardia, di mafia, camorra e altri cartelli criminali.
Alla faccia delle direttive europee
L’Italia appare lontanissima da una gestione virtuosa e da Stati molto più avanzati in materia. La Direttiva europea 98/2008 e la legislazione italiana in materia prevedono una gestione il più possibile virtuosa ed ecologicamente sostenibile del ciclo dei rifiuti, a partire da precisi obiettivi di raccolta differenziata.
Leggiamo nel Preambolo della Direttiva “la priorità principale della gestione dei rifiuti dovrebbe essere la prevenzione ed il riutilizzo e il riciclaggio di materiali”, che “dovrebbero preferirsi alla valorizzazione energetica dei rifiuti”.
Lo “Sblocca Italia” si allontana da tutto questo e vira decisamente verso l’incenerimento (la “valorizzazione energetica dei rifiuti”…) dei rifiuti, arrivando addirittura a prevedere una rete nazionale di inceneritori.
Una vera e propria rete di inceneritori
E quindi se una Regione produce di più e ad un’altra mancano i rifiuti da incenerire ci saranno camion che attraverseranno lo Stivale per questa rete di “mutuo soccorso”. Sterminata è anche sul web la letteratura che accusa gli inceneritori di danneggiare la salute umana e inquinare in maniera gravissima l’aria che respiriamo quotidianamente.
Così come è incalcolabile il numero di Comuni autori di una raccolta differenziata più che virtuosa e che si ritrovano penalizzati da impianti, consorzi e società di gestione. Chiedono aiuto da anni e, invece, anche questa volta verranno messi all’angolo.
Il provvedimento più contestato dell’intero Decreto (fino ad aver portato migliaia di persone in piazza in molte mobilitazioni in tutta Italia, la maggiore probabilmente in Basilicata quando davanti alla sede della Regione è avvenuta una vera e propria rivolta popolare) è relativo alle fonti energetiche.
Lo “Sblocca Italia”, nonostante in tutta Italia non ci siano solo i “quattro comitatini” (come in maniera sprezzante lì definì Renzi…) ma una mobilitazione capillarmente diffusa e che smuove la popolazione in molte regioni, ha definito prioritarie le attività di “prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi e quelle di stoccaggio sotterraneo di gas naturale a carattere strategico” accentrando a livello nazionale gli iter autorizzatori a partire dalle procedure di Valutazione d’Impatto Ambientale.
Le trivelle petrolifere vengono quindi favorite e per loro il Governo avrà anche vere e proprie corsie privilegiate e preferenziali. I bellissimi golfi di Napoli e Salerno, Ischia, Capri, Sorrento, Amalfi e la costiera cilentana (sede di un Parco nazionale) – vere e proprie perle pregevolissime del Belpaese – vedranno quindi il rilancio di attività petrolifere e trivelle in bella vista.
Quarantamila in piazza a Pescara
L’Abruzzo, che dal 2007 è permanentemente mobilitato contro questa prospettiva (l’anno scorso a Pescara scesero in piazza oltre quarantamila persone, un numero sideralmente maggiore anche delle maggiori mobilitazioni sindacali locali), Sicilia, Lombardia, Campania, Emilia Romagna, Marche, Basilicata, i mari Adriatico, Ionio e il canale di Sicilia si vedranno imposti la “deriva petrolifera” e i distretti minerari.
Il Coordinamento Nazionale No Triv ha ribattezzato per queste “scelte fossili” il decreto “Sblocca Idrocarburi” denunciando che è la traduzione in legge dello Stato “del manifesto programmatico scritto vent’anni fa da Assomineraria” e da alcuni gruppi economico-finanziari.