Trent’anni di normalità
“Una normale telefonata tra un politico e un imprenditore”: un segretario Pd ha liquidato così la telefonata d’affari tra il sindaco Bianco e l’editor-costruttore Ciancio. Oggetto della telefonata? Il Pua (Piano Urbanistico Attuativo) un affare da trecento milioni di euro alla Playa: dove un terzo dei terreni sono proprio di Ciancio… Ne hanno parlato diversi collaboratori di giustizia, fra cui Santo Lo Causo, diversi imprenditori intercettati, fra cui Renzo Bissoli della “Società Stella Polare” e Mariano Incarbone, concorso esterno in associazione mafiosa.
Bianco, in Commissione antimafia, non ricorda granché: “Si parlava – dice – delle elezioni…”.
All’inizio dell’anno, il trenta gennaio, un po’ di associazioni sono scese in piazza: “Via i Bianco, via i Ciancio, fuori la mafia dal comune!”. Altre no. Per molta antimafia “perbene” in fondo va bene anche così. Inaugurare, commemorare, fare discorsi, questo sì. Ma in piazza, a fare opposizione e denuncia, questo no.
Intanto la città muore un giorno dopo l’altro. Di mafia, parola screanzata, si parla raramente, e a voce bassa.
Eppure, la radice della nostra miseria è proprio là. La ragazzina che non può andare a scuola, la famiglia che non può avere una casa, il padre che non sa cosa dare da mangiare, i ragazzi che se ne vanno al nord. È triste ma è normale, dice la gente perbene, è triste ma è normale, annuiscono gravemente politici e giornalisti.
Per noi di normale a Catania, invece, non c’è proprio niente. Ed ecco perché, da quel trenta gennaio, siamo ancora qui.