Tra le sbarre delle Rsa
La testimonianza di Ambra (nome di fantasia) con il padre ricoverato in una Rsa.
“Non abbraccio mio padre dal quattro marzo, sono riuscita a vederlo solo dal balcone. Mi ha riconosciuta nonostante l’Alzheimer. Mia madre lo guardava e piangeva” dice Ambra (nome di fantasia) dalla Sicilia.
“Sono state date direttive precise dall’Asp provinciale, non ci è concesso far visita ai nostri parenti per motivi di sicurezza. La struttura privata dove si trova adesso mio papà è molto rinomata, talmente importante che si sta espandendo al di fuori dell’Italia.”
Negli ultimi mesi si è discusso parecchio delle Rsa sia lombarde che siciliane, diventate veri e propri focolai. Chi pensava di affidarsi alle cure e alla professionalità di strutture competenti è stata vittima di una pessima gestione della sanità pubblica che ha portato alla morte di centinaia di anziani in tutto il paese.
“L’Rsa di cui parlo si è vantata di essere stata immune al virus, ma si sospetta che alcuni pazienti siano deceduti proprio a causa del Covid-19, tuttavia nessuno l’ha mai ammesso, tutto pur di salvaguardare la loro eccellenza ”- continua Ambra- “Eppure noi non l’abbiamo mai riscontrata. Pur essendo una struttura privata noi parenti portiamo i medicinali. I pazienti sono abbandonati nella sala principale su poltroncine, non certo comode, stanno con la testa inclinata, appoggiati al muro. Alcuni parenti dei ricoverati hanno notato che a distanza di tre giorni le condizioni dei propri genitori erano pietose, erano irriconoscibili, sembravano stare meglio a casa.”
“Lì in struttura mio padre non ha né orologio né telefono, siamo vincolati da loro anche per una semplice videochiamata, ci sentiamo solo due volte alla settimana. “Capisco” che non è possibile incontrarci regolarmente dato che la situazione sanitaria è ancora delicata, ma non è normale dover chiedere il permesso per chiamarlo e sentire dalla sua voce come sta”- dice Ambra- “ La psicologa sostiene che mio padre ha bisogno di costante aiuto anche per le piccole cose come mangiare, mentre l’infermiera mi rassicura al telefono, perché non posso accedere alla reception, raccontandomi come mio papà riesca a tenere da solo la forchetta in mano. Ancora non so quando lo potrò rivedere, l’assistente sociale crede che manchi poco, ma il balcone per ora mi sembra l’unica alternativa possibile.”