Tornano a girare quelle lancette
“La verità! Non quella che arriva alle pagine dei giornali con le sue gambe, spesso camuffata, distorta, sciancata, truccata dagli interessi di coloro che sorridendo ve la porgono o suggeriscono, ma la verità che il giornalista va a cercare pazientemente dove essa è stata nascosta…” (G.Fava)
Quando abbiamo iniziato il nostro percorso, giusto due anni fa, nessuno di noi si aspettava di arrivare a questo punto. L’adrenalina e l’entusiasmo erano tanti. I Siciliani giovani, un sogno. E la figura di Giuseppe Fava, imponente. Ci sentivamo sulle spalle la responsabiità di dare il nostro contributo a quel giornalismo etico al di fuori dei confini siciliani; qui, in questa terra dove sono arrivati gli affari politici, imprenditoriali, culturali per tanto tempo considerati peculari del Sud. Trovando terreno fertile in quell’area grigia di inseperinza e collusione, creta plasmabile nelle mani delle mafie.
Cosa c’entra Pippo Fava con Bologna, o Catania con Bologna? La Sicilia e l’Emilia-Romagna, trent’anni fa e oggi, sono legate dal fato che hanno rappresentato pozzi senza fondo di ricchezza per la mafia. Ieri in Sicilia con l’egemonia incostrastata di Cosa Nostra, oggi al Nord con quattro mafie italiane e sette straniere. E se in trenta, quaranta, cinquant’anni il Sud è riuscito con fatica e sangue a produrre anticorpi, il Nord è impreparato a far muso duro al meccanimo complesso delle mafie.
E’ a questo punto che entriamo in scena noi, studenti universitari che provano a ritagliarsi uno spazio in una realtà complessa. Abbiamo cercato di ascoltare le domande, di raccoliere le sollecitazioni, per offrire i fatti al lettore. “Dieci e Venticnque” non è un orario a caso: quelle lancette – quel 2 agosto 1980 – rappresentano una ferita ancora aperta. A trentatrè anni di distanza non si è avuto il coraggio politico di metter mano nello squarcio.
Lancette che potrebbero essere benissimo portate avanti, alle 20:59 in cui un aereo Itavia precipita sul fondo del mare: altra verità buia, profonda, che non si vuole accettare ma nascondere, là sotto, in quello stesso mare. Lancette di verità negata, di assenza dello Stato, di troppe inerzie e pigrizie anche dell’informazione.
Non ha futuro, il presente senza passato. Queste lancette provano ad essere una risposta. In questi due anni noi abbiamo provato, a piccoli passi, a raccontare una Bologna che è Italia e un’Italia che è Bologna. Ora c’è una rete antimafia, in Emilia-Romagna. Quest’incredibile ragnatela che ci lega da Piacenza a Rimini, che ci spinge ancor più a voler fare, creare, costruire ponti fra noi e altri. Dove ciascuno non sarebbe niente se non ci fosse l’altro.
Adesso camminiamo, a poco a poco. Le lancette si spostano e senano le ore 22 del 5 gennaio. Non 1984, ma 2014. Ci ritroviamo lì, nella via col nome di quel Direttore che abbiamo imparato a conosere, che ci copre le spalle, che ci sta accanto. Quanta strada da fare, fra un 5 gennaio e un altro… Pippo Fava c’è, ci siamo noi, la rete c’è. Con quell’orologio apparentemente fermo, ma in cui si risete il rumore degli ingranaggi.
Ringraziamo i lettori, i tanti amici che hanno reso possibile tutto questo; e chi ci ha preso per mano, ci ha dato consigli e la possibiitàdi essere I Siciliani giovani qui a Bologna. Ci rivediamo qui, fra un anno, due, dieci, per festeggiare ancora. A Catania e a Bologna. 5 gennaio o 2 agosto, cioè tutti i giorni. Noi non ci muoviamo.