Sulla pelle degli ostaggi della Diciotti non c’era nulla da vincere
Al porto per contrastare un atto criminale e liberare 177 persone. Poi è nato un movimento.
Dalla sera del 20 agosto, per cinque giorni, non ci siamo mossi dal porto. Un presidio permanente nato dalle mobilitazioni della rete antirazzista e di decine di associazioni e sindacati ha da subito richiesto l’immediata liberazione di quelle persone che, prima di ogni procuratore e magistrato, abbiamo definito ostaggi: nel senso giuridico del termine.
Erano ragazzini, donne, uomini, vite, prima che migranti, prima che numeri da ricollocare o da respingere. Per loro ci siamo mossi, senza badare al sonno, al sole, rimandando impegni di lavoro, di studio, utilizzando così gli ultimissimi giorni di vacanza.
I loro volti, nonostante la Prefettura avesse ordinato di non farceli vedere, li conoscevamo già, così come le loro storie: la fuga dall’Eritrea, l’arrivo a Karthum, i trafficanti di esseri umani che ti caricano in trenta nei cassoni dei pick up, l’uno sull’altro, con un bicchiere d’acqua al giorno. L’attraversata del deserto e poi la vendita alle tribù libiche: quelle vicine all’Isis, quelle vicine ad altri gruppi paramilitari, e infine quelle amiche della guardia costiera che ti permettono di imbarcarti. Nel frattempo la schiavitù, la detenzione e la persecuzione, gli stupri, le violenze, gli omicidi sommari dai quali devi riuscire a salvarti e la costante pretesa di soldi, sempre di più, da guadagnarti come schiavo in Libia o da farti spedire dalla famiglia come riscatto.
Ogni giorno di detenzione illegale sulla nave Diciotti allargava la ferita nelle nostre coscienze e nel paese. La Costituzione fatta carta straccia, le relazioni del garante dei detenuti ignorate, le leggi italiane e le convenzioni internazionali infrante, lo stato di diritto colpito a morte.
Tra qualche anno una commissione parlamentare d’inchiesta chiederà al Prefetto di Catania come abbia potuto fare eseguire ordini criminali, chiederà al questore come si sia reso complice di reati così gravi. E quella che oggi sembra naturale fedeltà e rispetto delle gerarchie apparirà finalmente come indegna e vergognosa complicità a un’azione criminale.
In presidio al porto di Catania, tentando ogni maniera per far sentire la nostra solidarietà alle donne e agli uomini a bordo della nave Diciotti, noi non giocavamo a braccio di ferro col Ministro Salvini. Mai abbiamo pensato che il nostro stare lì fosse soltanto l’espressione politica dell’opposizione alle scelte del Governo. Se così fosse stato avremmo dovuto avallare che tenere ostaggio delle persone, causando malattie e sofferenze, potesse essere una legittima scelta di un Governo. La notte del 26 agosto finalmente le 148 persone rimaste a bordo della nave Diciotti sono state fatte sbarcare, come noi chiedevamo da 6 giorni. Per noi è stato un momento di gioia, di commozione, di speranza ma non certo una vittoria politica. Quella del Ministro Salvini e del Governo Conte non è stata e non potremo mai considerarla un’azione politica da contrastare o sulla quale imporre una diversa soluzione. È stata un’azione criminale, illegale, disumana della quale i protagonisti dovranno rispondere ai tribunali italiani e internazionali. Noi non eravamo al porto per vincere su Salvini ma per ristabilire lo stato di diritto, per contrastare istituzioni complici di un disegno illegale, per liberare 177 ostaggi. Cosa ben diversa, ben più profonda, più importante.
La vittoria politica è stata un’altra: la partecipazione di migliaia di persone. Nonostante la campagna di odio che avvolge il paese, nonostante il vigliacco opportunismo di chi non ha preso posizione, nonostante il razzismo dilagante, al porto di Catania abbiamo dimostrato inaspettatamente che esiste nel paese una forza capace di fare sentire la propria voce. Abbiamo dimostrato a tutta Italia che c’è una speranza di vero cambiamento. Abbiamo chiarito che per ottenere diritti sociali, reddito, dignità non è necessario prendersela con chi sta peggio di noi. Abbiamo fatto vedere alle tante e ai tanti che si sono affidati alla Lega e al Movimento 5 Stelle per cambiare le cose che esiste un movimento che senza razzismo e xenofobia può lottare per rivendicare diritti e per modificare in meglio le condizioni di vita delle persone.
Sta ora a noi, partendo dal porto di Catania, dagli spazi sociali che aiutano chi vive i quartieri popolari, dalle battaglie che in ogni città si mettono in campo per la difesa del lavoro, dei diritti e dei beni comuni mettere le condizioni perché questo movimento vinca.
condivido e sottoscrivo ogni parola. bisogna conti nuare in una azione di vigilanza e difesa dei valori di umanita’ oggi messi a rischio