mercoledì, Novembre 27, 2024

Storie

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I soldi dei mafiosi

L’emergenza abitativa a Palermo, nel 2000, raggiungeva picchi altissimi, mentre non si riusciva nemmeno a fare un elenco dettagliato dei tanti appartamenti sottratti ai mafiosi. “Quello dell’utilizzo sociale delle case confiscate alla mafia fu un percorso molto difficile ma anche esaltante. Si diede vita a un Comitato di associazioni per l’emergenza abitativa, innescando il protagonismo dei senzacasa, ma si impose anche un tavolo permanente in Prefettura. E poi cortei e assemblee nei quartieri roccaforte delle cosche in cui le persone senza un tetto innalzavano cartelli con su scritto ‘Vogliamo le case dei mafiosi’.

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Case per la Camorra, non per la gente

Un giorno, per caso, passai per il Rione Traiano. Vidi questo palazzo, fuori tutto costruito, dentro completamente vuoto. Ci guardammo in faccia, eravamo in tre: ok, entriamo. Ed entrammo. Non c’era niente: né le ringhiere, né i pavimenti, niente, era stato gettato solo il cemento. Così cominciammo a costruire, trovammo nelle cantine le finestre e le montammo. Una volta dentro, la voce si sparse e cominciò a venire gente che voleva la casa da noi. Così mettemmo delle regole, cominciammo a controllare i certificati di inagibilità, dovevano entrare solo quelli che avevano perso le case col terremoto.

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Catania – Uniti per la casa

Il palazzo di Via Calatabiano a Catania da due anni è occupato da famiglie come quella di Mauro, che lottano per avere una casa. Un signore di mezza età e un ragazzo colorano di verde il portone di ingresso del palazzo scherzando con i pennelli in mano. Si cerca di abbellire l’edificio, e di tenere pulito il quartiere e il parco dove giocano i bambini. Antonella, sua sorella e la loro amica Debora, puliscono le panchine del parco e poi le pitturano, con l’aiuto di altri volontari. Un segno di gratitudine verso un quartiere che li ha accolti. 

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Napoli – Traiano on the beach

Per qualche tempo la stampa e l’opinione pubblica si ricordano dell’esistenza di questi enormi ghetti, ne denunciano la massiccia presenza malavitosa, si mostrano indignati per le condizioni di abbandono in cui operano la scuola, le associazioni e tutte le persone che provano a restituire a quei luoghi una dimensione più umana. Ma il quartiere e i suoi problemi passano di moda nel tempo necessario a chiudere la pagina di un giornale, come se quelle vite trovassero senso solo all’interno del racconto predeterminato che del quartiere si intende fare.

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La “legalità” che viola i diritti umani

La Procura della Repubblica il 17 luglio scorso ha notificato a un numero imprecisato di famiglie un’ordinanza di sgombero che prevede la liberazione dell’area di Cupa Perillo entro l’11 settembre, ha posto sotto sequestro le aree, in particolare sotto la linea dell’asse mediano, e il giorno seguente ha provveduto all’abbattimento di diverse baracche ritenute erroneamente disabitate. Tradotto: alcune famiglie che la mattina si erano allontanate per andare a lavorare, sono tornate e non hanno più trovato la casa.

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Fuori di casa

“È na picciridduzza di sei misi cchi si cucca fora, ‘nterra o Garibaldi, lei u sapi chi vol diri? Abbiamo bisogno di una casa, basta chiacchiere! Finemula!” dice uno dei padri di famiglia presenti. Stamattina, prima davanti al Palazzo degli Elefanti e dopo all’Assessorato ai servizi sociali, erano tante le famiglie e le persone esasperate nel non avere una casa. Tante mamme e papà con al seguito i loro piccoli, hanno avuto un colloquio prima con l’avvocato Spampinato, subito dopo con la dottoressa Campione, responsabile ai servizi sociali.

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AIUTIAMO GIACOMO!

Segnalateci case vivibili, in regola, con un affitto basso. Segnalateci ogni possibilità di lavoro per Giacomo che ha vent’anni ed è fortissimo coi suoi muscoli! Se avete giardini da sistemare, scantinati da ripulire, o qualcuno che vi vada a fare la spesa o qualcuno a cui lasciare il vostro cane, fatevi sentire! Abbiamo bisogno di voi, abbiamo bisogno di tutti!

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