Storie dal nostro mestiere
E’ ancora possibile fare stampa d’opposizione in Italia? Due storie esemplari
1/ ESTER CASTANO
Se i bravi giornalisti lavorano al ristorante.
Coraggio, valore, professionalità, premi giornalistici ma per guadagnare qualcosa soltanto lavori da camerieri. Ha fatto bene il presidente dell’OdG, Enzo Iacopino, a rendere noto con amarezza e sdegno che Ester Castano non riesce a trovare un lavoro retribuito se non come cameriera in un ristorante.
È una vicenda triste che fa riflettere. Perché, per chi ancora non lo sapesse, Ester è la giovane cronista che due anni fa ebbe notorietà nazionale e che ha ricevuto numerosi prestigiosi premi giornalistici per il coraggio e la tenacia con cui ha documentato le infiltrazioni mafiose nel Comune di Sedriano, alle porte di Milano, due anni prima che l’amministrazione comunale, nel 2013, fosse sciolta per decreto del governo.
Ha scritto Enzo Iacopino, con amaro sarcasmo, su Facebook: “Ester Castano: hamburger e patatine. Le danno premi a ripetizione: Pippo Fava, Mario Francese, Premiolino, Biagio Agnes per l’impegno civile. Ma nel suo futuro, nel suo presente ci sono hamburger e patatine. Potrà farlo rivolgendosi ai clienti in italiano, inglese, francese e, con minore fluidità, tedesco e ebraico. Già, per guadagnare 650 euro netti al mese (caviale e champagne, come si intuisce!) Ester servirà in un rinomato fast food.
Ma uno di quei direttoroni che la premiano, uno dei bigs politici che la lodano, una di quelle primedonne della tv che usano il suo lavoro senza mai citarla, un angolino per consentirle di continuare a fare il mestiere che ama e che adora non riescono davvero a trovarlo? Proviamo a chiederlo tutti. Non neghiamoci la speranza”.
Purtroppo lo stesso trattamento è riservato a numerosi altri giornalisti che hanno mostrato valore professionale e coraggio. Ossigeno ne ha incontrati tanti. Ricorderemo per tutti Arnaldo Capezzuto, che a Napoli meriterebbe di lavorare in un grande giornale e invece deve arrangiarsi con vari lavoretti. Ricorderò i colleghi dei “Siciliani giovani”che a Catania hanno preso il fuoco con le mani, hanno dimostrato indiscutibili qualità giornalistiche ma per sbarcare il lunario devono servire la pizza ai tavoli.
Altro che premi giornalistici…
Dunque la domanda di Iacopino è pertinente, e andrebbe riproposta ogni volta che si celebra un premio giornalistico. Ogni volta i componenti delle giurie, i direttori dei giornali che consegnano i riconoscimenti, gli sponsor che li finanziano credo che dovrebbero rispondere anche a quest’altra domanda: essere giornalisti bravi e coraggiosi serve a trovare lavoro o è un impiccio?
La reputazione lesa del capomafia
2/ RINO GIACALONE
“Mafioso pezzo di m.”
A giudizio per diffamazione
La vedova ha querelato il giornalista per aver leso la reputazione del capomafia deceduto. Lettera di solidarietà di quaranta familiari di vittime mafiose
Ill Tribunale di Trapani giudicherà il giornalista Rino Giacalone accusato del reato di diffamazione a mezzo stampa per avere offeso la reputazione del boss mafioso Mariano Agate. Lo ha deciso il pubblico ministero Franco Belvisi, disponendo la citazione diretta del giornalista.
Il processo nasce dalla querela di Rosa Pace, vedova di Mariano Agate in relazione ad un articolo pubblicato il 3 aprile 2014 dal blog Malitalia in cui Giacalone, pochi giorni dopo il decesso, ha ricostruito l’efferata carriera criminale del capomafia e ha concluso paragonandolo a “un bel pezzo di m…”. Una invettiva che, con tutta evidenza, va al di là del significato letterale ed è fatta per trasgredire il rispetto plateale che i mafiosi ottengono con la prepotenza e la violenza.
Lo scorso marzo quaranta familiari di vittime della mafia avevano espresso solidarietà a Giacalone e avevano diffuso una lettera aperta con la quale hanno chiesto alla vedova del capomafia di Mazara del Vallo di ritirare la querela e di dissociarsi dalle imprese criminali del marito. Inoltre hanno chiesto alla magistratura di respingere la “pretesa di difendere una buona reputazione inesistente, un tentativo di abusare della giustizia per indirizzare messaggi intimidatori a Rino Giacalone e a tutti i giornalisti”.