sabato, Novembre 23, 2024
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Stonewall 2023

Nella notte del 28 giugno 1969, al pub Stonewall Inn, nel quartiere di Greenwich a New York, una scarpa col tacco, lanciata addosso alla polizia, ha dato il via al movimento globale di liberazione delle persone LGBTQI+.

Lo Stonewall Inn era un locale di proprietà della mafia. Tony Lauria lo aveva acquistato per pochi dollari. Era una bettola dove si servivano pasti a basso costo. Lo trasformò in un locale per omosessuali. “Fat” Tony Lauria era il prestanome di Matthew Ianniello, detto Matthy the Horse, della famiglia di Vito Genovese, capo dei capi della mafia americana e monopolista dell’eroina per tutti gli anni 60. All’epoca il proibizionismo non era del tutto superato e l’omofobia di Stato dilagava. “L’autorità statale per i liquori” infatti impediva che venissero serviti alcolici alle persone omosessuali. Alla mafia interessavano solo gli affari. Questa la strategia: il locale diventava un circolo privato, un bottle club. All’ingresso un libro soci pieno di pseudonimi. E milleduecentodollari che Fat Tony ogni mese versava al capo della polizia. In questo modo la repressione non era bloccata del tutto, ma concertata. Le retate della buon costume avvenivano sempre alle stesse ore, in prima serata, e gli arresti di alcuni ignari attendenti erano il prezzo da pagare per la serenità nel resto della notte. I mafiosi non smettevano mai di insultare e denigrare i clienti dei loro bar ma anche questo era lo scotto che la comunità pagava pur di avere posti nei quali incontrarsi. I bar non gestiti dalla mafia infatti venivano chiusi non appena si trovava lì dentro un omosessuale a bere.

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A Catania una parte delle discoteche hanno linee di contatto con la criminalità organizzata. Lo dimostrano le inchieste della magistratura. Spesso il controllo mafioso avviene attraverso la gestione dei parcheggi, dei bar interni, delle forniture, dei servizi di vigilanza, dello spaccio di droghe ai clienti. In altri casi sono i proprietari ad essere contigui ad ambienti mafiosi. È molto raro che la Questura ordini alle forze di polizia controlli presso le discoteche. Chi va a ballare sa che, soprattutto sul mare della playa, si può danzare fino all’alba.

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A un certo punto allo Stonewall Inn hanno detto basta. Prima il lancio di una scarpa col tacco, poi di un mare di bottiglie. Contro la polizia e contro i mafiosi. Una scritta di vernice è apparsa sulla vetrina: “Gay Prohibition Corrupt$ Cop$, feed$ Mafia”. Il divieto ai gay, corrompe i poliziotti e alimenta la mafia. I poliziotti rispettavano la legge allo Stonewall, agivano nella legalità. Ma era insopportabile comunque. Chi era omosessuale non poteva ballare, bere, baciare, intrattenersi: tutti gli altri sì.

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La sera del Pride a Catania si era organizzata una festa. Si è scelto di farla in un locale diverso dal solito. Sul mare, senza nessuna casa intorno. La polizia si è fatta trovare numerosa all’ingresso della discoteca, “per difendere e proteggere i partecipanti”. Persino nel mare c’erano alcune motovedette. Le regole dicono che si può ballare solo fino alle tre di notte. Alle tre in punto la polizia irrompe nella sala da ballo e dà ordine di fermare la musica. Tutti fuori, tutti a casa. Neanche il tempo di un ultimo lento. Nessun insulto, né una manganellata, né il lancio di una scarpa col tacco. Tutto intorno le altre discoteche continuavano a danzare. Hanno smesso all’alba, com’è bello fare, come fanno sempre. Quasi tutti.

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