giovedì, Novembre 21, 2024
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Sogno numero tre

Da giornalino scolastico a mensile “con permesso di soggiorno”. Ha festeggiato i suoi quattro anni con una bella novità. Vi raccontiamo il Clandestino sognato

“Ciascuno cresce solo se sognato” – scriveva Danilo Dolci. “Facciamo un giornale, come lo chiamiamo?” – questa fu la prima volta che Il Clandestino venne sognato.

Quasi sette anni fa, in un garage di Modica alta, dove alcuni amici, per lo più minorenni, si riunivano spesso.

Un brindisi alla nascita del giornale e via con articoli e impaginazione improvvisata. Poi la festa nel salone di una chiesa in occasione della prima uscita, quattro pagine in bianco e nero stampate a casa e fotocopiate, da distribuire nelle scuole.

All’inizio Il Clandestino ha parlato soprattutto di acqua, sostenendo le ragioni del movimento contro la privatizzazione. Ma non solo. Da subito ha raccontato Modica, con la sua bellezza e le sue ombre, ne ha toccato i poteri forti e le mille contraddizioni.

È stato sognato ancora, Il Clandestino. Dai suoi fondatori, ma anche dalle tante persone che si sono avvicinate nel tempo per dare il loro contributo. Così nel 2009 il grande salto, con la registrazione della testata. Il Clandestino prendeva “il permesso di soggiorno” e approdava in tipografia e in edicola.

Cambiava il formato, migliorava la grafica e ogni pagina a colori era una conquista.

È sempre del 2009 l’idea di un Festival del Giornalismo a Modica, per festeggiare l’informazione libera di inchiesta e di approfondimento, il giornalismo spesso ‘con le pezze al culo’, ma sempre con la schiena dritta, per vivere la rete. Un evento di respiro nazionale che ha archiviato la sua quarta edizione.

Dal 15 marzo i nostri lettori sfogliano il sogno numero tre. Abbiamo festeggiato i quattro anni di ‘permesso di soggiorno’ con il lancio del nuovo formato. “Ci siamo ridotti bene e abbiamo preso colore” – ha amato dire qualcuno di noi. Il Clandestino si allontana definitivamente dall’adolescenza per affacciarsi alla maturità. E non ha paura di farlo. Perché l’anima del Clandestino è fatta di persone ed è sempre la stessa.

Le parole ‘bimbe’ del primo editoriale che spiegava cosa fosse Il Clandestino oggi hanno lo stesso valore. Non ci siamo arricchiti, né imborghesiti. Quella del Clandestino è ancora una volta una storia di volontariato, una storia di ragazzi che mese per mese, dalla sera del 30 settembre 2006, scendono in strada con la voglia di raccontare e approfondire. E lo fanno ancora. Con la stessa passione e la stessa freschezza di prima.

Quella del Clandestino è anche la storia di sponsor, lettori e abbonati. È grazie a loro se ogni mese si va in stampa, con in testa e nel cuore l’idea che una città è viva quando viene raccontata.

Continueremo a fare la stessa cosa, ma tenendo per mano un Clandestino cresciuto. Cresciuto, sì, perché è stato – ed è ancora – tanto tanto sognato.

Scheda

UN NUOVO FORMATO E TANTI COLORI

Dal numero di marzo Il Clandestino lascia il vecchio formato editoriale da quotidiano per avvicinarsi a quello di una vera e propria rivista mensile. Cambia veste, cambia stile. Formato più piccolo e maneggevole e grafica rivisitata, meglio si adattano a veicolare la maniera di raccontare che da sempre caratterizza Il Clandestino. La ‘rivoluzione’ del colore dà nuova linfa ai contributi fotografici che accompagnano le parole. Ma non solo, perché permette anche una suddivisione tematica dei contenuti. A livello comunicativo è sicuramente un Clandestino che cresce. Free road – strada libera – è il nome del nuovo font utilizzato. È un bell’augurio. E ce lo prendiamo tutto.

 

Scheda 

I CLANDESTINI, O DELLA LIBERTA’

Tu pensa a una comarca di liceali, nella parte più a sud della Sicilia, che un bel giorno si mette insieme per far campagna per l’acqua libera nella loro zona. La campagna riesce benissimo (la provincia di Ragusa è stata la prima a de-privatizzare l’acqua) ma i ragazzi non sono ancora soddisfatti. Vanno avanti, e fondano adddirittura un giornale.

Così “Il Clandestino” prende piede, si afferma, diventa la voce riconosciuta di Modica, la loro città. Poi incontrano altri ragazzi come loro, altri giornali: e formano tutti insieme una rete, i “Siciliani giovani”: il nome è di un vecchio giornale della storia d’talia, “I Siciliani ” di Giuseppe Fava.

La storia, in quattro e quattr’otto, è tutta qua. Enrica, Giorgio, Andrea, Ciccio e tutti gli altri sono ancora al lavoro, un giorno dopo l’altro, senza mai fermarsi. Ogni anno fanno un loro “festival del giornalismo”, giù a Modica, che ridendo e scherzando è diventato un appuntamento importante di questo nostro mestiere.

Hanno trovato una strada che è giornalismo ma è anche politica, società civile. Ed è un modello per tutti: lavorare, lottare, fare le cose seriamente e sul serio, e tutti insieme.

Non sono ricchi per niente, se si parla di soldi. Sono piuttosto precari, anzi, come quasi tutti i ragazzi della loro età. Ma sono anche ricchissimi: di libertà.

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