sabato, Novembre 23, 2024
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Sogni nel cassetto

Università: fanalino di coda ai tempi del virus.

“Dopo quasi un anno di pandemia nessuno parla di noi studenti universitari, cambiano i decreti ma nessuna parola viene spesa per noi” dice Ginevra studentessa catanese trasferitasi a Padova per la magistrale in Filologia classica.

“Mi sono laureata da poco in triennale, è stata dura scrivere la tesi senza alcuna possibilità di accedere alla biblioteca. L’unico mezzo a disposizione era internet, che è sì una grandissima risorsa, ma anche limitata allo stesso tempo. Molte edizioni critiche sul web non le trovi e se sono disponibili su Amazon, costano parecchio. Io sono solo una studentessa non sempre posso permettermi di spendere cento euro per un testo universitario, faccio la cameriera per mettere da parte dei risparmi, o almeno prima del virus lo ero…”

“Da qualche mese mi sono trasferita a Padova per motivi di studio, ho intenzione di laurearmi, ad ogni costo, entro due anni esatti. Il mondo del lavoro non aspetta noi giovani, le difficoltà riguardano tutti i settori, sia pubblico che privato”- continua Ginevra- “Inoltre in questi mesi l’argomento occupazione giovanile dalla politica è stato preso e gettato nel dimenticatoio. Nella bozza del Recovery Fund, battezzato dalla Commissione Europea come Next generation Eu, solo il dieci per cento dei fondi sono stati destinati ai giovani, è disarmante sapere che il futuro di noi studenti venga considerato così poco.”

 “Di recente ho letto delle statistiche, dei report, secondo cui quasi il 99% dei licenziati a causa della crisi economica da Covid-19 sono donne. Quindi non solo non ci viene assicurato un impiego nel mondo lavorativo, in più dobbiamo anche preoccuparci del nostro sesso perché se sei donna, se proprio devono licenziare qualcuno, scelgono te, altrimenti se sei uomo, rimani.”

“Per una volta noi studenti abbiamo bisogno di certezze, abbiamo bisogno di sognare ad occhi aperti, ci stanno togliendo il nostro diritto di sperare. L’università non dovrebbe essere un’industria che produce attestati di laurea, ma cultura.”

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