Sic transit gloria cunti (sul piano di rientro e dintorni)
Riceviamo e pubblichiamo
Ci ritroviamo con l’acqua alla gola.
Ogni anno organizziamo occasioni pubbliche di dibattito per cercare di conoscere lo stato di salute della nostra città, soprattutto in merito alle finanze del Comune, ai debiti (dentro e fuori bilancio), ai mutui da pagare, alle tasse da aumentare, ai servizi da assicurare, alle strade da aggiustare…
Quanti debiti abbiamo? Come vengono spesi i nostri soldi? Siamo sull’orlo del dissesto? Come andrà a finire l’anno prossimo?
Il dissesto finanziario, data la situazione, sarebbe una scelta positiva oppure negativa?
Sono le domande che ci assillano da sempre e delle quali abbiamo cercato e continuiamo a cercare le risposte.
Ma, si sa, questi argomenti dal sapore squisitamente finanziario sono complessi per i cittadini non laureati in economia e commercio e le risposte che vengono date all’occasione da parte dell’amministratore di turno appaiono sempre oscure, come oscuri sono i meandri del bilancio e degli altri documenti contabili nei quali finiscono i soldi di chi, dignitosamente, paga le tasse fino all’ultimo centesimo.
Adesso rieccoci con il cd. ”Piano di rientro”.
Credevamo di essercelo lasciato alle spalle quando, approvato nel 2013 da una maggioranza trasversale, venne promosso e difeso come la soluzione ai nostri mali, per l’appianamento dei debiti accumulati da decenni di “allegre” dis-amministrazioni e per il rilancio economico della nostra città.
Anni di lacrime e sangue, ci avevano detto, ma per una giusta causa: evitare il dissesto (che tutte le forze politiche rappresentate considerano un male assoluto, anche se non abbiamo ancora compreso le ragioni più profonde di questa loro tesi) e risanare finalmente le casse comunali.
E invece rieccolo qua il “Piano”.
Sul sito del Comune di Catania leggiamo di ben tre sedute del Consiglio Comunale indette con urgenza per approvare la «Rimodulazione/Riformulazione del Piano di riequilibrio finanziario pluriennale».
Un vero tour de force per rimettere le mani su un documento già approvato tre anni fa e che doveva rappresentare LA soluzione.
Cos’è cambiato nel frattempo? Il Piano è stato attuato nei suoi primi anni di vita? Che benefici ha portato? Perché adesso si pone l’esigenza di rimodularlo?
Poniamo nuovamente queste domande delle quali non conosciamo ancora le risposte.
Ma ci auguriamo che i Consiglieri comunali le abbiano. A loro spetta infatti l’ultima parola. Anzi, è proprio di loro competenza la materia del bilancio, in tutte le sue applicazioni.
Non sappiamo se abbiano avuto il tempo di documentarsi adeguatamente, non sappiamo se abbiano maturato un’idea chiara sull’attuale situazione economico-finanziaria, né sappiamo quali siano per loro le soluzioni.
Conosciamo soltanto la nostra forte preoccupazione per un “nuovo” Piano che, per esempio, prevede alienazioni immobiliari per 46 milioni di euro contemplando anche beni che, da quanto si apprende leggendo gli organi di stampa (ma non vi è modo di esserne certi in considerazione delle carenze contenutistiche dell’Inventario generale degli immobili comunali pubblicato in ultima data nell’anno 2014), sarebbero inalienabili o, in ogni caso, assolutamente invendibili per ragioni di opportunità, buon senso o, più semplicemente, decenza politica. Per tacere sulle possibili preoccupazioni della Corte dei Conti la quale (Sez. Controllo per la Regione Siciliana, Adunanza 26 settembre 2013, deliberazione n. 269/2013/PRSP) aveva – con riferimento all’originaria formulazione del Piano – ritenuto «apprezzabile anche l’accorgimento adottato dal Comune di non valorizzare, ai fini dell’equilibrio economico, i proventi delle alienazioni immobiliari (neanche per la componente del plusvalore) e di avere previsto un apposito fondo per le passività potenziali».
Conosciamo soltanto la nostra preoccupazione per un Piano che appare sempre meno come LA soluzione ai nostri problemi (ammesso che lo sia mai stato) e sempre più come un ulteriore escamotage per rinviare il problema, ritardando il momento nel quale i nodi verranno al pettine e nel quale, purtroppo, affrontare il tema del dissesto finanziario non sarà più un tabù indiscutibile.
Chi ha le soluzioni si faccia avanti!
I componenti del massimo organo di rappresentanza dell’intera comunità cittadina si facciano sentire, forte e chiaro.
Ci preoccupa che un tema così delicato e importante per il futuro della nostra città sfugga alla portata dell’opinione pubblica e che la cittadinanza, in balìa tra l’indifferenza e la rassegnazione, appaia sempre più lontana dalle decisioni che si prendono nelle stanze dei bottoni.
Ed è proprio a loro, ai catanesi, che rivolgiamo il nostro Appello a partecipare alle sedute del Consiglio Comunale di oggi (mercoledì 28), giovedì 29 e venerdì 30 settembre: non soltanto votare ogni 5 anni, ma anche seguire, attivamente, le discussioni e le decisioni assunte da chi ci rappresenta, assumendosi responsabilità sul nostro futuro, costituisce un sacro dovere civico che ciascuno di noi, nel suo piccolo e coi suoi limiti, deve cercare di testimoniare.
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