“Servizi e boss insieme a Capaci”
Sul luogo della strage di Capaci non ci sarebbe stata solo Cosa nostra. Ma anche due agenti dei servizi segreti, un uomo e una donna, che avrebbero avuto un ruolo nella preparazione dell’attentato al giudice Falcone
Nell’aula bunker di Rebibbia, al processo Capaci bis, è il pentito di ‘Ndrangheta Consolato Villani a raccontarlo.
Picciotto, camorrista, poi santista e quindi vangelista della cosca Lo Giudice (cugino del capobastone Antonino, ndr) Villani nel 2002-2003, appena ricevuta la santa, è stato il depositario di alcune confidenze da parte del cugino: “Mi parlò di ex esponenti delle forze dell’ordine, appartenenti ai servizi segreti deviati: un uomo deformato in volto e a una donna avevano avuto un ruolo nelle stragi di Falcone e Borsellino. Per la strage di Capaci erano tutti e due sul posto, insieme a uomini di Cosa nostra. Avevano partecipato alla commissione della strage. L’uomo, mi disse Lo Giudice, era brutto, malvagio, un mercenario, ma la donna non era da meno. Mi disse che questi personaggi erano vicini alla cosca Laudani ed alla cosca catanese di Cosa nostra. L’uomo era coinvolto anche nell’omicidio di un poliziotto in Sicilia”.
Il pentito sostiene poi di aver visto i due personaggi nel corso di un incontro, risalente al 2007-2008, al quale doveva partecipare Lo Giudice: “Non sapevo con chi mio cugino si incontrasse e decisi di andare a vedere. C’erano lui, il fratello Luciano Lo Giudice e un uomo e una donna. L’uomo era particolarmente brutto, sfregiato o deformato sul lato destro all’altezza della mandibola, come se avesse subito un intervento. Aveva i capelli neri brizzolati, più lunghi del normale, mentre la donna li aveva alle spalle, lisci. Quando sono entrato si sono fermati, c’è stato uno scambio di sguardi poi sono andato via. Nino non mi ha mai detto niente ma io ho dedotto che si trattasse degli stessi soggetti di cui mi parlava per la descrizione che mi fece dell’uomo”.
La regia della strage
Da lui, però, non seppe altro: “Non eravamo di pari grado” precisa Villani.
Sulla regia occulta della strage di Capaci, continua il collaborante, “Lo Giudice mi disse che la strage di Capaci era voluta dai servizi segreti deviati e da appartenenti allo Stato deviati. Che Cosa nostra è stata usata come manovalanza. L’obiettivo era dare un avvertimento allo Stato perchè al suo interno era contrapposta una corrente di personaggi legati a Cosa nostra, per non far uscire fuori fatti di corruzione e collusione di esponenti politici. Si è deciso di eliminare persone che stavano dando disturbo in quel momento per varie indagini. In accordo con questi personaggi romani è stato deciso di commettere le stragi. Lo Giudice aggiunse che dietro la strage di via D’Amelio c’era la stessa motivazione”.
“Un favore a Cosa Nostra”
Secondo quanto detto da Villani tutti nella ‘Ndrangheta sapevano che erano state le cosche calabresi a fornire l‘esplosivo per l’attentato a Falcone: “Tutti sapevano che proveniva da Saline Joniche, controllata dalla cosca Iamonte, molto vicina ai Santapaola. Era contenuto dalla Laura C, una nave affondata ai tempi della guerra. Lì c’erano diverse tonnellate di esplosivo, gli uomini delle cosche lo recuperavano sott’acqua. Potrebbero dirlo anche altri collaboratori come Paolo Iannò, Antonino Fiume, Giuseppe Lombardo. La ‘Ndrangheta – sempre stando alle confidenze ricevute da Lo Giudice – su determinate situazioni (come le stragi, ndr) non si voleva esporre dopo l’omicidio del giudice Scopelliti”.
Anche nel recupero dell’esplosivo, sostiene Villani, i due soggetti menzionati da Lo Giudice avrebbero avuto un ruolo: “Avevano il duplice ruolo nell’organizzazione della strage e nel recupero dell’esplosivo, nel senso di interessarsi su dove trovarlo. Per questo hanno mediato”.