“Scuola pubblica, nostra scuola”
Ottobre: ripartono le lotte in difesa della scuola
Anche a Catania il 10 ottobre c’è stato lo sciopero generale delle lavoratrici e dei lavoratori della scuola, insegnanti e delle strutture tecniche, contro la “ristrutturazione” – denominata fantasmagoricamente “buona scuola” – progettata dal governo Renzi.
Per l’iniziativa, organizzata dai Cobas, Cub e altre organizzazioni sindacali di base, supportata da diversi movimenti studenteschi, si sono svolti oltre ottanta cortei nelle città italiane, con la presenza di circa 100.000 partecipanti.
Un dato è certo. Nel corso del tempo la scuola pubblica italiana è stata fortemente immiserita e ridimensionata. La situazione viene bene evidenziata dai dati contenuti nell’ultimo Rapporto dell’OCSE “ Uno sguardo sull’Istruzione 2014”.
Sulla spesa pubblica nelle strutture scolastiche nel periodo 2000 -2011, a fronte di un incremento medio del 38% nei paesi Ocse, in Italia si è registrato un calo del 3%, con un decremento del 5% sugli investimenti. In particolare le conseguenze sono ben visibili nelle aree del Mezzogiorno: strutture fatiscenti, classi sempre più numerose, mancanza di adeguate risorse economiche, ecc.
L’abbandono scolastico è l’aspetto più drammatico. Il livello d’istruzione dei giovani del sud Italia regredisce in maniera sempre più grande dalle condizioni medie in essere nel centro-nord e in Europa. Dalle ultime indagini emerge che la quantità dei ragazzi inferiori ai 16 anni che lasciano la scuola è altissimo in Sicilia e in Sardegna, pari al 24,8%. Gli abbandoni in Campania e Puglia sono rispettivamente del 21,8 e del 19.7%. La media nazionale è del 17,6, quella europea del 13%.
Sta calando il tasso d’istruzione
A questo si aggiunge la qualità della preparazione/apprendimento degli studenti. Il valore medio nazionale di discosta significativamente al negativo dallo stato europeo. Nel contesto nazionale, come emerge dagli indici redatti dall’Ocse, i parametri in esame si abbassano in maniera drastica nelle regioni del sud.
Molti giovani, specie nelle aree popolari ed emarginate delle grandi aree urbane, vengono lasciati nelle mani delle bande della criminalità organizzata. Siamo tornati indietro in maniera dirompente. Il tasso d’istruzione, nella quantità e nella qualità, è il parametro prioritario che misura lo sviluppo civile e democratico di ogni collettività organizzata in Stato.
Il Piano Renzi mette avanti il “carro senza i buoi”. La dichiarata assunzione di 150.000 precari, da realizzare entro il 2015, risulta priva dei necessari stanziamenti economici. Una cifra rilevante, stimata tra i 3-4 miliardi, che non è stata inserita nella Finanziaria. L’unico aspetto certo è l’ulteriore blocco del rinnovo contrattuale (di tutto il comparto pubblico) e la cancellazione degli scatti di anzianità. Stando ai progetti delle 136 pagine del piano il tutto viene “equilibrato” con l’espulsione di diverse decine di migliaia di precari che non sono iscritti nella GAE (Graduatoria ad esaurimento).
Inoltre, si vorrebbe esaltare la formazione di scuole-aziende. Il preside avrebbe il ruolo di unico ed esclusivo decisore: assumendo e licenziando, decidendo sulle carriere e sugli stipendi con la “miracolosa” bacchetta-guida di un indeterminabile “merito”, innescando una dannosa concorrenzialità tra i docenti e tra il personale tecnico, supportate da valutazioni in stile quiz; gli scatti di “merito” sostituirebbero gli scatti di anzianità; l’obbligo, inoltre, di 200 ore per gli studenti delle scuole tecniche e professionali di svolgere “apprendistato- stage” (gratuitamente) nei luoghi di lavoro. Svilendo ed umiliando, infine, la missione pubblica della scuola, richiedendo contributi ai privati (aziende ed altro) e ai genitori degli studenti.
L’impronta ideologica prevalente, in linea con il tentativo di manipolazione di alcuni importanti articoli della Legge dello Statuto dei Lavoratori, a partire dall’art. 18 sui licenziamenti senza giusta causa, è caratterizzata da un violento attacco alla stessa esistenza delle organizzazioni sindacali dei lavoratori.
Il corteo a Catania
A Catania, il corteo lungo, fitto ed energico, in difesa della scuola pubblica e della Costituzione che assegna un ruolo fondamentale all’istruzione, aperto dallo striscione dei Cobas “ NO alla scuola-azienda”, ha visto la presenza di circa 1500 partecipanti. Da piazza Roma, luogo del concentramento, per alcune ore ha attraversato il centro cittadino. Diverse centinaia gli insegnati e i precari. Moltissimi gli studenti, ragazzi e ragazze, combattivi e “variopinti”, delle principali scuole cittadine, coinvolti dall’Unione degli studenti e dal gruppo Kaos.
Durante la manifestazione è stato largamente diffuso il testo dell’Appello in memoria di Salvatore La Fata, che ha avuto numerose adesioni, di singoli cittadini, associazioni, strutture sociali e politiche.
Un significativo gruppo di persone, uomini e donne, ha partecipato al corteo dietro allo striscione che con lo slogan “Sciopero generale. Verità e Giustizia per Salvatore” che ricordava alla città l’estremo sacrificio del lavoratore edile disoccupato immolatosi il 19 settembre in piazza Risorgimento.
Alla fine della manifestazione, in piazza Università, nell’assemblea all’interno del Rettorato, è intervenuto un fratello di Salvatore – presenti alcuni familiari – evidenziando l’ immane tragedia con parole forti e commoventi. Una tragedia civile e sociale che è di ciascuno di noi.