giovedì, Novembre 21, 2024
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“Scuola pubblica, nostra scuola”

Ottobre: ripartono le lotte in difesa della scuola 

Anche a Catania il 10 ottobre c’è stato lo sciopero generale delle lavoratrici e dei lavoratori della scuola, insegnanti e delle strutture tecniche, contro la “ri­strutturazione” – denominata fantasma­goricamente “buona scuola” – proget­tata dal governo Renzi. 

Per l’iniziativa, organizzata dai Cobas, Cub e altre organizzazioni sindacali di base, supportata da diversi movimenti stu­denteschi, si sono svolti oltre ottanta cortei nelle città italiane, con la presenza di circa 100.000 partecipanti.

Un dato è certo. Nel corso del tempo la scuola pubblica italiana è stata fortemente immiserita e ridimensionata. La situazione viene bene evidenziata dai dati contenuti nell’ultimo Rapporto dell’OCSE “ Uno sguardo sull’Istruzione 2014”.

Sulla spesa pubblica nelle strutture sco­lastiche nel pe­riodo 2000 -2011, a fronte di un incremen­to medio del 38% nei paesi Ocse, in Italia si è registrato un calo del 3%, con un de­cremento del 5% sugli inve­stimenti. In particolare le conseguenze sono ben visi­bili nelle aree del Mezzogior­no: strutture fatiscenti, classi sempre più numerose, mancanza di adeguate risorse economiche, ecc.

L’abbandono scolastico è l’aspetto più drammatico. Il livello d’istruzione dei gio­vani del sud Italia regredisce in maniera sempre più grande dalle condizioni medie in essere nel centro-nord e in Europa. Dal­le ultime indagini emerge che la quantità dei ragazzi inferiori ai 16 anni che lascia­no la scuola è altissimo in Sicilia e in Sar­degna, pari al 24,8%. Gli abbandoni in Campania e Puglia sono rispettivamente del 21,8 e del 19.7%. La media nazionale è del 17,6, quella europea del 13%.

Sta calando il tasso d’istruzione 

A que­sto si aggiunge la qualità della preparazio­ne/apprendimento degli studen­ti. Il valore medio nazionale di discosta si­gnificativamente al negativo dallo stato europeo. Nel contesto nazionale, come emerge dagli in­dici redatti dall’Ocse, i pa­rametri in esa­me si abbassano in maniera drastica nelle regioni del sud.

Molti giova­ni, specie nelle aree popolari ed emargina­te delle grandi aree urbane, vengono la­sciati nelle mani delle bande della crimi­nalità organizzata. Siamo torna­ti indietro in maniera dirom­pente. Il tasso d’istruzio­ne, nella quantità e nella qualità, è il para­metro prioritario che misura lo sviluppo civile e democratico di ogni col­lettività or­ganizzata in Stato.

Il Piano Renzi mette avanti il “carro senza i buoi”. La dichiarata assunzione di 150.000 precari, da realizzare entro il 2015, risulta priva dei necessari stanzia­menti economici. Una cifra rilevante, sti­mata tra i 3-4 miliardi, che non è stata in­serita nella Finanziaria. L’unico aspetto certo è l’ulteriore blocco del rinnovo con­trattuale (di tutto il comparto pubblico) e la cancellazione degli scatti di anzianità. Stando ai progetti delle 136 pagine del piano il tutto viene “equilibrato” con l’espulsio­ne di diverse decine di migliaia di precari che non sono iscritti nella GAE (Gradua­toria ad esaurimento).

Inoltre, si vorrebbe esaltare la forma­zione di scuole-aziende. Il preside avrebbe il ruolo di uni­co ed esclusivo decisore: as­sumendo e li­cenziando, decidendo sulle carriere e sugli stipendi con la “miracolo­sa” bacchetta-guida di un indeterminabile “merito”, in­nescando una dannosa concor­renzialità tra i docenti e tra il personale tecnico, suppor­tate da valutazioni in stile quiz; gli scatti di “merito” sostituirebbero gli scatti di an­zianità; l’obbligo, inoltre, di 200 ore per gli studenti delle scuole tecni­che e profes­sionali di svolgere “apprendi­stato- stage” (gratuitamente) nei luoghi di lavoro. Svi­lendo ed umiliando, infine, la missione pubblica della scuola, richieden­do contri­buti ai privati (aziende ed altro) e ai geni­tori degli studenti.

L’impronta ideologica prevalente, in li­nea con il tentativo di manipolazione di al­cuni importanti articoli della Legge dello Statuto dei Lavoratori, a partire dall’art. 18 sui licenziamenti senza giusta causa, è caratterizzata da un violento attacco alla stessa esistenza delle organizzazioni sinda­cali dei lavoratori. 

Il corteo a Catania 

A Catania, il corteo lungo, fitto ed ener­gico, in difesa della scuola pubblica e del­la Costituzione che assegna un ruolo fon­damentale all’istru­zione, aperto dallo stri­scione dei Co­bas “ NO alla scuola-azien­da”, ha visto la presenza di circa 1500 par­tecipanti. Da piazza Roma, luogo del con­centramento, per alcune ore ha attraversa­to il centro cittadino. Diverse centinaia gli in­segnati e i pre­cari. Moltissimi gli studen­ti, ragazzi e ra­gazze, combattivi e “vario­pinti”, delle principali scuole cittadine, coin­volti dall’Unione degli studenti e dal grup­po Kaos.

Durante la manifestazione è stato larga­mente diffuso il testo dell’Appello in me­moria di Salvatore La Fata, che ha avuto numerose ade­sioni, di singoli cittadini, as­sociazioni, strutture sociali e politiche.

Un significati­vo gruppo di persone, uo­mini e donne, ha partecipato al corteo die­tro allo striscione che con lo slogan “Sciope­ro generale. Verità e Giustizia per Salvato­re” che ricordava alla città l’estre­mo sacrificio del lavoratore edile disoccu­pato immolato­si il 19 settembre in piazza Risorgi­mento.

Alla fine della manifestazione, in piazza Università, nell’assemblea all’interno del Rettorato, è intervenuto un fratello di Salvatore – pre­senti alcuni fami­liari – evidenziando l’ im­mane tragedia con parole forti e commo­venti. Una trage­dia civile e sociale che è di ciascuno di noi.

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