Satira volontaria e no
“La satira ti rende libero, molto libero. Ma…”
La satira o, anagrammata, la risata, ti rende libero, a volte molto libero. I greci e i romani ne facevano un gran uso per ridicolizzare comportamenti e costumi sia dei potenti che del popolo.
Oggi assurge di nuovo agli onori della cronaca: la strage di Parigi a Charlie Hebdo, perpetrata da terroristi islamici nel nome di Allah, ha riproposto drammaticamente la questione della libertà di stampa ed espressione. Tutti i media, nessuno escluso, hanno condannato il gesto estremo dei due terroristi fratelli che hanno massacrato la redazione del giornale satirico, colpevole di avere pubblicato vignette blasfeme offensive dell’Islam e del suo profeta. Questa la molla, ma è la vera ragione della strage e di altri tentativi di attentati che la cellula jihaidista voleva compire in Francia ed in Europa? A mio avviso c’è qualcosa di più che solo l’offesa all’Islam. Per giorni e giorni il dibattito, nei salotti tv e sui giornali, si è chiesto fino a che punto si può arrivare con la satira. Non senza molta ipocrisia.
La satira non ha confini
La satira, in quanto tale, non ha confini prestabiliti: si lascia alla sensibilità di ognuno, di ogni editore, di ogni vignettista o scrittore di satira. Le vignette o gli scritti satirici sulle religioni creano problemi di coscienza e di opportunità, ed in particolare quelle che si occupano del l’Islam e del profeta Maometto non sono accettate da molti fedeli del mondo islamico in quanto non accettano rappresentazioni, neanche favorevoli, del loro profeta e della loro religione.
Non si tratta peraltro di una reazione tipica del solo mondo islamico: inoltre, le diverse interpretazioni del Corano producono reazioni violente che in questo momento vengono alimentate da interessi che con la religione non c’entrano nulla.
Charlie Hebdo aveva scelto di pubblicare vignette sapendo il rischio che correva: altri invece hanno soprasseduto o per paura di qualche attentato o per rispetto delle idee altrui in tema di religione. Sensibilità diverse, che però non risolvono il problema di un eventuale limite della satira.
Certo è che la satira non si può e non si deve normare o avere paletti legali, perché ciò, oltre a limitare la libertà di parola, ne snatura la stessa essenza. D’altronde esistono già norme che la limitano, coi reati di diffamazione e vilipendio. Dico ció per esperienza diretta e personale: la satira mi è costata due anni e sei mesi di reclusione, per vilipendio alla religione di stato e a un capo di stato straniero, cioè il Papa. I cosidetti fanatici religiosi ci sono in tutte le religioni, e non a caso Marx diceva che la religione è l’oppio dei popoli.
Un esempio di satira involontaria
Infine, un esempio di satira involontaria: il corteo di Parigi, che ha visto sfilare oltre due milioni di persone che si opponevano al terrorismo anche per motivi religiosi e che difendevano la libertà di parola ed espressione.
Quella fila di capi di stato…
Dov’è la satira? La satira è la testa del corteo, quella fila di capi di stato che sfilavano dopo avere fatto la guerra in Iraq ed Afghanistan (anche se a onor del vero gli americano ed i russi mancavano) e che vedevano uno accanto all’altro Netanyahu il sionista di Israele che ha massacrato oltre 2000 civili palestinesi, moltissimi dei quali bambini, il presidente dittatore del Gabon, i rappresentanti dei regimi fascisti dell’Ungheria e dell’Ucraina, ed infine lo stesso Renzi, che vuole aumentare la pena pecuniaria per la diffamazione (togliendo il carcere), portandola a qualcosa come 50mila euri per i giornalisti (ognuno può fare la propria riflessione, anche satirica): insomma, una testa di corteo davvero da ridere. E infatti qualcuno ha detto: una risata vi seppellirà.