venerdì, Novembre 22, 2024
-mensile-Reportage

Roma – un reportage

Tutto l’odio di Roma

Ambulanze davanti ai centri commerciali, risse tra bande di ragazzini e romeni. Immagini da una Roma imbarbarita, incupita, coatta e feroce. E a S.Egidio c’è la fila per un pasto caldo: anziani, studenti, badanti disoccupate
Piramidi, obelischi. Plastica e cartapesta. Quando i luoghi di socialità come le piazze dei quartieri diventano una sorta di corollario di cattiva amministrazione (sporcizia, buche, perdite d’acqua, arredi urbani che da anni non hanno manutenzione, scarsa illuminazione e ancora meno “presenza” di servizi) compaiono i nuovi “non luoghi” di interazione sociale. I centri commerciali. Dove l’immaginario televisivo si riversa in oggetti di consumo altrettanto illusori.
Tiri su una roba strana a forma di trapezio, la riempi di arredi da b-movie storico anni 60, aggiungi il cantiere della SkyTower (grattacielo di appartamenti di lusso in una ultraperiferia degradata in gran parte discarica abusiva) e hai Euroma2. Ci si riversano i pischelli senza identità di Spinaceto, Decima, Laurentino, Vitinia e Acilia. E le famiglie a fare la spesa. Alle 6 di pomeriggio nei corridoi non si cammina quasi ma i negozi sono vuoti. E chi ha i soldi per comprare scarpe da 200 euro? Felpe da 150? Mutande da 40? Ma ci si va a guardare le vetrine e vedere gli amici. E ci si siede a prendere le patatine al fast food al terzo piano. E si gira. Avanti e indietro. Urtando la folla.
Alle sei e mezza arrivano le tre ambulanze di rito che raccattano i pischelli di un quartiere che “se so’ pijiati” con quello di un altro. Una rissa che avviene una sera sì e una no. Per una ragazza, per uno sguardo, per una sigaretta. per nulla. Ma è così che si passa il tempo, si cresce, ci si fa uomini. E donne. Bambine o poco più vestite come le eroine tamarre dell’ultimo reality che si picchiano più e peggio dei ragazzi. Anche loro per nulla. In un altro centro commerciale ancora più periferico, dove sorge la nuova Fiera di Roma, c’è scappato il morto poco più di un mese fa. Ma è stato un incidente, dicono, una disgrazia. “So tutti bravi fiji”. Sì, di una Roma imbarbarita, incupita, coatta e feroce.
Odio. Verso chi non fa parte del gruppo e del proprio assurdo territorio. E odio per il diverso. I pischelli dei quartieri odiano tutti gli stranieri indistintamente. Ma quando hanno a che fare con i romeni perdono del tutto la testa. Perché i romeni non ci stanno. Bevono, girano in gruppi più numerosi degli altri, si caricano e reagiscono. Con altrettanta rabbia e violenza dei nostrani ragazzotti strafatti di coca e pasticche. E accumulano odio anche loro. Tartassati dalla crisi, dall’esclusione, dal lavoro che quando c’è fa schifo e rasenta la schiavitù, perseguitati dalle forze dell’ordine, criminalizzati per qualsiasi cosa accada. Odiano, pischelli italiani e romeni. E l’odio esplode in veloce e istantanea violenza.
E te lo porti dietro, l’odio. Anche quando trovi accoglienza. Come alla mensa della Comunità di S. Egidio a via Dandolo a Trastevere, ti rendi conto che i “pischelli” stranieri sono delle bombe pronte ad esplodere alla minima scossa. Ce ne vuole di lavoro a fargli vedere che ci sono altre vie possibili oltre all’odio. E qui alla comunità quel lavoro lo sanno fare, e bene. Perché qui l’accoglienza è uno scambio fra persone. E chiarezza. Senza pietismi e offerta di illusioni. Funziona? A volte sì, altre no. Ma ne vale sempre la pena. Perché basta che uno di questi ragazzi spaventati si decida a calare le difese e cambia tutto. Hai un risultato. E forse una vita salvata.

Dal barbone al disoccupato

Si pensa che alla comunità si rivolgano solo senza tetto, anziani, rom. Non è così. C’è di tutto. Dal barbone al disoccupato, allo studente fuori sede che non riesce a arrivare ad avere i soldi per mangiare fino all’uomo separato che si trova senza casa. Ci trovi l’ubriaco e quello che aspettando il suo turno legge gli appunti di fisica. Ci trovi la coppia senza casa e senza vestiti di ricambio che ottengono una doccia e un cambio di biancheria insieme a un pasto caldo. Ci trovi il vecchietto che filosofeggia su una sua teoria teologica che si porta dietro da anni insieme alle sue decine di buste di stracci e la donna romena di 50 anni che si ritrova, da un giorno all’altro, senza lavoro e casa dopo che la donna anziana da cui faceva la badante è morta. Ci trovi questo pezzo di città che giorno dopo giorno diventa sempre più grande.
“Sono ogni giorno di più. Stranieri. E anche italiani. Classe media che la crisi e il welfare svuotato hanno reso miserabili”. E scopri che il volontario con il quale hai appena parlato è fra quelli trascinati giù dalla crisi. “Dopo un anno di fatture non pagate, debiti, lavori saltati, crisi in famiglia mi sono rivolto a persone di una comunità. Senza casa e senza soldi. Mi hanno indirizzato e inserito per avere un lettino in un container dell’emergenza freddo. Spero che si sblocchi qualcosa prima di aprile e chiudano i container. Altrimenti sono in strada”. E poi lascia il servizio ai tavoli perché deve sbrigarsi per andare al suo container. Si rientra alle 8 di sera e alle 8 di mattina si è fuori. Queste le regole. Saluta gli altri volontari e corre alla fermata dell’autobus.

Sorpresa a rubare latte e biscotti

C’è una luna piena fredda che illumina un marciapiede. E un’anziana, cappotto borghese liso e carrellino della spesa, che piange. A consolarla un vigilantes di un supermercato lì a due passi. Le passa qualcosa, nella penombra, prima di salutarla e la donna si allontana, piegata, verso casa. “Che è successo?”, chiedo all’uomo della sicurezza, che non ha ancora trent’anni e una faccia da far spavento. “L’abbiamo sorpresa a rubare del latte e dei biscotti”. Denunciata? “Oddio no! Sono anni che la vedo venire qui a fare la spesa, poveretta. Quella ha retto finché c’era la pensione del marito, poi lui è morto e…”. E non ce la fa a continuare. Ho visto che le dava qualcosa prima che se ne andasse. “Dieci euro – quasi urla -, quello che avevo in tasca. Ma come si fa a non fare nulla per chi sta ridotto così. Come si fa?”. Si fa. In una città che ha perso l’anima.

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