Rifiuti in Sicilia: chiesta l’ennesima emergenza
“La morte a due passi da noi”
Ci avevano già provato a dicembre 2014 Rosario Crocetta e Vania Contraffatto a chiedere al governo nazionale l’ennesima dichiarazione dello stato di emergenza per la gestione dei rifiuti isolani.
La prima richiesta risale al lontano 1999, il resto è storia, tragica, ben raccontata in centinaia di pagine di verbali delle commissioni parlamentari d’inchiesta sul ciclo dei rifiuti. Allora si erano sentiti rispondere un bel no, con la motivazione che la Sicilia sono anni che gestisce in regime di emergenza i rifiuti con risultati che definire fallimentari è pure poco.
Si è così andati avanti a colpi di ordinanze contingibili e urgenti, quelle previste dal famigerato articolo 191 del cosiddetto Codice dell’ambiente, per aumentare la capacità di conferimento delle discariche, persino di quelle che la stessa Regione aveva dichiarato abusive e al di fuori di ogni regola, ordinandone chiusura e bonifica, chiedere per conferma ai cittadini di Motta Sant’Anastasia e Misterbianco.
Ma i diciotto mesi previsti dalla legge come limite alle gestioni straordinarie, di ordinanza in ordinanza, non solo sono stati abbondantemente superati, adesso non bastano neanche più: a fronte di una produzione quotidiana di 6200 tonnellate, la capacità di conferimento delle discariche siciliane è di 4500 tonnellate giornaliere.
I flussi più rilevanti sono rappresentati dalle 1000 tonnellate al giorno di Bellolampo e le 1800 della Sicula trasporti. I due impianti, uno pubblico e l’altro privato, che smaltiscono da soli il 60% circa dei rifiuti prodotti nell’Isola, causa alcuni dubbi interpretativi circa la reitera del regime delle ordinanze, potrebbero vedere limitata o ridotta la capacità di riferimento.
Seguono poi le 800 all’impianto dell’imprenditore Catanzaro e le 450 alla Trapani servizi. Di fronte a questa realtà, e prendendo atto che prima di almeno un altro anno non saranno completati gli impianti di trattamento meccanico biologico e le piattaforme di Enna e Caltanissetta, il presidente e la sua assessora hanno scritto al presidente del Consiglio, al ministero dell’ambiente e al dipartimento della protezione Civile chiedendo di proclamare lo stato di emergenza rifiuti nel territorio siciliano «al fine di scongiurare la ulteriore compromissione dello stato ambientale e sanitario».
Infatti, come si legge nella nota: «L’utilizzo dello strumento dell’ordinanza urgente, per ovviare alla carenza impiantistica, se da un lato ha consentito di rimanere “autosufficienti” ed evitare situazioni di pericolo per la salute pubblica, dall’altro ha portato alla saturazione degli impianti di smaltimento (leggasi discariche, ndr) esistenti sul territorio regionale».
«La presenza insufficiente di impianti – si legge ancora –nel territorio regionale peraltro si ripercuote sulla raccolta differenziata che, in Sicilia, nonostante gli interventi regionali, presenta ancora delle percentuali talmente basse che, oltre a rappresentare quasi certamente un problema di carattere economico-finanziario, poiché potrebbe costituire presupposto per l’eventuale apertura di specifiche procedure d’infrazione da parte dell’Unione europea.
Cosa risponderà il governo? Se dichiarasse l’emergenza, verrebbe nominato un commissario, dotato di ampi poteri connessi all’emergenzialità. In passato, si deve rilevare, che lo stato di emergenza ha contribuito a determinare le condizioni per l’intervento delle organizzazioni mafiose, nella misura in cui lo stato di crisi ha fatto saltare i normali processi di regolamentazione e controllo.
Cosicché l’emergenza e la crisi sono sempre state le benvenute, in qualsiasi settore di intervento, per la criminalità organizzata, perché esse sono sintomo di disorganizzazione, di mancanza di regole, di provvedimenti straordinari da adottare, tutte condizioni in cui chi esercita il controllo del territorio e dispone di immense liquidità economiche e finanziarie, riesce a inserirsi facilmente.
L’ipotesi dell’ennesimo commissariamento della gestione dei rifiuti siciliani, e la previsione della costruzione dei termovalorizzatori (leggasi inceneritori, ndr), due o sei che saranno, decisa dal governo nazionale con il famigerato articolo 35 dello Sblocca Italia rappresenterebbero una bella opportunità di business, anche per le mafie.