domenica, Novembre 24, 2024
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Rapporto da Partinico

Dall’operazione “The End” ad oggi. La presa della mafia, le indagini dei carabinieri, i guai della giustizia, la cre­scita della società civi­le. E una piccola tv senza paura

Il 30 novembre 2010, tra Partinico, Borgetto e Balestrate, circa 200 Carabinieri del Gruppo di Monreale, a conclusione di una mirata e prolungata attività investigativa condotta dal Nucleo Investigativo convenzionalmente denominata The end, hanno eseguito 23 ordinanze di custodia cautelare in carcere (associazione di tipo mafioso, estorsioni, incendi, porto e detenzione illegale di armi da fuoco, spaccio di sostanze stupefacenti e altro) nei confronti di altrettanti soggetti ritenuti appartenenti al mandamento mafioso di Partinico. L’attività investigativa, durata quasi 2 anni, ha permesso di:

– Menomare fortemente lo storico mandamento mafioso di Partinico, molto importante sia per la sua collocazione geografica a cavallo delle province di Trapani, Agrigento e Palermo, sia per i complessi fenomeni criminosi che lo caratterizzano; azzerare la capacità operativa della famiglia dei Vitale, alias “fardazza”, attraverso l’arresto di Leonardo e Giovanni Vitale, giovani figli del boss ergastolano Vito Vitale, ed attualmente reggenti del mandamento mafioso.

– Scoprire un’imponente attività di estorsione ai danni degli imprenditori edili presenti nel territorio, effettuata attraverso l’imposizione della fornitura del cemento, allo scopo di finanziare le casse dell’organizzazione criminale;

– Disarticolare sul nascere un traffico di sostanze stupefacenti necessario ai Vitale per avere maggiori guadagni per il pagamento delle spese legali e per l’assistenza alle famiglie dei detenuti.

L’operazione antimafia The end ha azzerato i nuovi vertici e leve del potente mandamento di Partinico, ha assestato un duro colpo in un territorio considerato dagli investigatori un irrequieto e irriducibile regno dell’omertà. Il mandamento di Partinico “è strategico per l’intera Cosa nostra e non sfugge l’influenza della figura di Matteo Messina Denaro.

Di recente Giuseppe Giambrone – detto Pino Stagnalisi -tra i personaggi di spicco del comprensorio e implicato in vari omicidi di mafia nei territori di Partinico e Borgetto, è tornato il libertà causa scadenza dei termini di custodia cautelare. Scaduti i termini di custodia, c’è poco da fare: è la legge -giusta o sbagliata che sia- che impone la scarcerazione.

Una legge malata, in questo caso. Una legge che permette a pluriomicidi, uomini di spicco della criminalità organizzata, di poter camminare liberamente per la strada. Processi interminabili, che non hanno come risultato quello di fare giustizia ma di perder tempo. Processi gestiti da un personale, quello della procura palermitana, che ogni giorno viene ridotto. Il numero dei processi cresce, il numero di chi i processi li deve celebrare diminuisce. Il risultato è questo. Lo vediamo con i nostri occhi. Tutte le operazione compiute sul territorio vengono nullificate, l’impegno delle forze dell’ordine viene vanificato. La magistratura non può far nulla, la cittadinanza nemmeno. E il risultato è che un elemento così pericoloso è tornato a calpestare queste strade già così disgraziate.

L’ordinamento giuridico italiano ha delle regole complesse. Non basta che un soggetto sia “pericoloso” per trattenerlo in carcere. Se i termini per la custodia scadono, a causa dei lunghi tempi processuali, è la legge stessa a imporre la scarcerazione. Da una parte la legge quindi, e dall’altra la realtà.

Il clima che si respira a Partinico non verrà certo favorito dal ritorno di Giuseppe Giambrone. I cittadini come fanno a sentirsi sicuri sapendo che criminali di tale rango girano per le strade? Dobbiamo prepararci ad un’altra stagione di faide? Ad un’altra guerra? Dobbiamo ricominciare a vedere morti ammazzati distesi sulle nostre strade? Dobbiamo credere che questa lotta quotidiana contro la mafia non serve a niente se la legge non è dalla nostra parte?

Ma facciamo alcune supposizioni su quello che è accaduto in questi giorni. Supponiamo che Nicolò Salto, un altro pezzo da 90, uomo dei Vitale “Fardazza” si trovi a casa con problemi di salute; immaginiamo che “u stagnalisi” si trovi a casa perché non riescono a processarlo per via della motivazioni sopracitate: entrambi sono liberi di scorrazzare, nonostante i colpi inflitti dalle diverse operazioni delle forze dell’ordine. Quindi supponiamo anche che le condizioni socioeconomiche del territorio siano molto diverse rispetto a quando entrambi sono stati arrestati. E’ passato molto tempo. Logicamente, cambiano anche gli assetti di “cosa nostra” ed i due tenteranno di riorganizzarsi nel territorio, con l’estremo tentativo di riappropriarsi dei giri economici persi durante la prigionia, attraverso gli appalti ed il pizzo.

Supponiamo che nel territorio ci siano 3 impianti per la produzione del calcestruzzo, e che Giambrone realizzi una attività di forniture di materiale sabbioso ad utilizzo edile. Immaginando che uno di questi impianti sia direttamente riconducibile a Benny Valenza, mentre l’altro appartenga ai figli di Impastato, oggi soci attivi di un’associazione antiracket, rimane l’ultimo impianto, gestito dai figli di D’Arrigo, anche loro soci della stessa associazione. Ammesso che costoro, attenendosi allo statuto dell’associazione, non si siano piegati alle estorsioni, continuano a lavorare. In che modo uno dei tre potrebbe avere il monopolio del mercato? Semplicemente se e soltanto se gli altri due impianti fossero annullati oppure distrutti!

Adesso facciamo un ultimo sforzo ed immaginiamo che le nostre supposizioni siano corrette: la logica porta a pensare che quei due uomini incappucciati, registrati dalle telecamere di videosorveglianza, uno dalla corporatura robusta con andamento molleggiato, l’altro un po’ più basso, ingiubbottato e incappucciato, potrebbero presto essere individuati dalle attività inquirenti. Supponiamo ancora che l’ambiente di Partinico e Borgetto, già abbastanza caldo potrebbe diventare rovente: presto le nostre telecamere potrebbero filmare i cadaveri scannati per le strade.

Intanto, dall’altro lato, se ancora non si fosse notato, c’è già una rivoluzione culturale in corso, i commercianti e gli imprenditori alzano la testa e denunciano alle forze dell’ordine, i soprusi, le prevaricazioni ed il racket delle estorsioni, contribuendo alla cattura dei “pezzi di merda” liberi di scorazzare in giro per il territorio.

I soci dell’associazione antiracket e consumo critico aumentano in maniera esponenziale: persone oneste, che lottano per una cultura di riscatto…

Siamo curiosi di sapere da voi che ogni giorno ascoltate l’informazione libera di Telejato una cosa fondamentale: quanto ha contributo a questa rivoluzione culturale il sacrificio di Telejato?

Se davvero questi grandi risultati sono stati ottenuti grazie anche al nostro contributo, possiamo affermare con orgoglio che stiamo realizzando il nostro sogno. Possiamo ribadire che c’è ancora speranza e che stiamo raccogliendo i frutti di anni e anni di duro lavoro nel territorio. Stiamo disonorando gli “uomini d’onore” e camminiamo mano nella mano con gli uomini liberi della nostra terra. Insieme si può vincere.

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