“Qui comandava la masso-mafia”
Al processo sulla mafia barcellonese i legami con la massoneria. A capo di una loggia, l’ex senatore Nania
E’ l’ex senatore Pdl Domenico Nania ad essere stato capo di una loggia massonica a Barcellona Pozzo di Gotto (Messina). A dirlo il collaboratore di giustizia Carmelo D’Amico al “Gotha 3”, il processo contro la mafia barcellonese già concluso in primo grado con diverse condanne ai boss.
D’Amico, nel corso della sua deposizione, ha descritto i rapporti tra mafia e massoneria e in questo discorso è emerso il nome di Nania, che avrebbe guidato una loggia attiva sia in Sicilia che in Calabria. Il suo nome non era mai rientrato nelle indagini sulla mafia di Barcellona Pozzo di Gotto. Almeno fino a questo momento: nei giorni scorsi, infatti, sono stati depositati i verbali del pentito, interrogato dai pm di Messina Angelo Vittorio Cavallo e Vito Di Giorgio.
Il nome di Nania c’è, anche se coperto da omissis. E ci sono quelli dei suoi contatti. Come Rosario Pio Cattafi, avvocato considerato testa di ponte tra Cosa nostra, massoneria e servizi segreti, già condannato in primo grado a 12 anni nel “Gotha Tre”.
“Questa persona – racconta D’Amico – mi è stata presentata da Pippo Gullotti (boss che ordinò l’omicidio del giornalista Beppe Alfano, ndr) all’incirca negli anni ’92-’93 come ‘uomo d’onore’.
Innanzi a Cattafi stesso disse ‘è un amico nostro’” intendendo dire, precisa il pentito, “organico di quella stessa organizzazione”. In seguito D’Amico, allora capo della mafia militare barcellonese, chiese spiegazioni in merito: “Mi dissero espressamente che era ‘un uomo d’onore’ e che faceva parte della ‘famiglia’ dei barcellonesi”.
Nania, Gullotti e Cattafi (già nel 2000 destinatario di misure di prevenzione antimafia per i suoi legami con boss del calibro di Rampulla e Santapaola) erano risultati iscritti alla loggia massonica Corda Fratres, insieme a nomi insospettabili come l’ex pg della Corte d’Appello di Messina Franco Cassata, principale animatore della loggia di cui è stato pure il presidente.
Cattafi, Gullotti e il boss Di Salvo
D’Amico ricorda di aver saputo già prima chi fosse Cattafi, per esserne stato messo a parte da Gullotti e il boss Sam Di Salvo, condannato per essere uno dei capi della mafia a Barcellona Pozzo di Gotto. “Sempre in questa medesima circostanza – racconta ancora D’Amico nei verbali, parlando dell’occasione in cui ha conosciuto l’avvocato – Di Salvo mi disse che Cattafi apparteneva, insieme al Nania ad una loggia massonica occulta, di grandi dimensioni, che abbracciava le regioni della Sicilia e della Calabria. Sempre Di Salvo mi disse che Saro Cattafi insieme al Nania erano fra i massimi responsabili di quella loggia massonica occulta”.
Di Salvo, però, specificò al pentito che Nania non si configurava come “un soggetto organico alla ‘famiglia’ barcellonese”, quanto piuttosto un “conoscente del Gullotti” nonché “amico stretto di Marchetta”. Maurizio Marchetta, ex vice presidente del Consiglio comunale di Barcellona Pozzo di Gotto, imprenditore colluso poi trasformatosi in testimone antiracket.
“La seconda Corleone”
Marchetta aveva dichiarato di essere stato destinatario di richieste estorsive da parte di D’Amico e Carmelo Bisognano, salvo poi essere clamorosamente smentito dai due mafiosi che hanno iniziato a collaborare con la giustizia.
“Affermazioni gravissime”, secondo Sonia Alfano, quelle pronunciate in aula da D’Amico e che “confermano ancora una volta che Barcellona non è un semplice paesone di provincia”. Barcellona Pozzo di Gotto, conosciuta anche come “la seconda Corleone”, è stata teatro di diversi delitti mafiosi rimasti ancora avvolti in un alone di mistero. Come l’omicidio del giornalista Beppe Alfano, sulla cui morte proprio D’Amico ha gettato una nuova luce scagionando il killer Antonio Merlino perché in realtà, ad uccidere Alfano sarebbe stata un’altra persona.
I suoi racconti stanno aprendo inediti squarci su una cinquantina di omicidi e sulla storia della mancata cattura del boss catanese Nitto Santapaola, che avrebbe trascorso l’ultima fase della sua latitanza proprio a Barcellona. Sempre al comune del messinese viene ricondotta, poi, la morte di Attilio Manca, urologo barcellonese trovato cadavere in circostanze misteriose nella sua casa di Viterbo. Dietro al suo decesso potrebbe nascondersi l’ombra del boss Bernardo Provenzano, che da latitante avrebbe subito un’operazione alla prostata proprio da Manca.
“La mafia barcellonese è silente – aveva detto la madre di Attilio, Angela – Barcellona ha ancora molta paura, soprattutto della mafia dei colletti bianchi”. E Cattafi e Nania vi sarebbero pienamente inseriti: “Cattafi era uno di Cosa Nostra, Nania era uno della massoneria – ha commentato Sonia Alfano – sembra quasi un rapporto Stato mafia ante litteram”.Ora le nuove rivelazioni di D’Amico potrebbero far tremare molti ambienti di potere.