Pronti… Via!
Tutto questo, è appena il caso di ricordarlo, nonostante le gravi difficoltà che attraversa il Paese e la crisi, ormai evidente, di un sistema politico – economico come quello Europeo che mai ha voluto assumere un proprio profilo uscendo dal protettorato, prepotentemente asfissiante, dei Paesi più forti.
La scommessa non è di poco momento e non solo per l’oggettiva pesantezza dei problemi di Palermo. Si tratta di capire se la classe politica progressista e la cosiddetta società civile impegnata , in tutte le loro articolazioni e ispirazioni, saranno in grado di non rimanere schiacciati tra un’ipotesi di immobilismo dai veti incrociati e il dominio assoluto di una sorta di demiurgo che nella sua visionaria solitudine trovi le soluzioni a tutti i problemi.
Palermo ha bisogno di un’amministrazione che, pur assumendosi la responsabilità di una proposta politica complessiva di alto profilo generale, trovi concretezza attuativa in tutti i settori vitali della città.
In queste senso peseranno molto le scelte realistiche, ma anche coraggiose, che riguarderanno l’esercito di lavoratori dei servizi che dipendono dal Comune e la loro ricollocazione all’interno di un progetto per la bonifica di una città. Una città da tempo al collasso, che lascia registrare indici di qualità della vita assolutamente insostenibili anche nel breve periodo.
Allora, non si può considerare un optional il recupero del tempo che un’insensata campagna elettorale, anche nel campo dell’area politica nettamente vincitrice, ha tolto all’elaborazione e alla proposta di idee per un’amministrazione adeguata al livello di emergenza che, prima che registrato dagli indicatori, è respirabile in tutti gli ambiti della città.
Grandi progetti come il fronte a mare, la riqualificazione del Parco della Favorita e altre grandi iniziative strategico-infrastrutturali devono essere liberati dalla probabile invadenza interessata dei comitati di affari per essere armonizzati con l’ordinaria qualità di una città che ha necessità impellente di diventare più bella e funzionale.
Questo lo deve tenere bene in conto tutto il sistema della classe dirigente palermitana – dalla politica, alle organizzazioni sindacali, imprenditoriali e dell’associazionismo sociale – che senza la volontà di uscire da una logica di rendita di posizione, nella più praticabile delle ipotesi, porterebbe ad una sterile gestione dell’esistente.
Ma a Palermo tutto è stato dilapidato, compresi i frutti di una stagione come la “primavera palermitana” di qualche decennio fa che può e deve rimanere riferimento ideale, ma senza disconoscerne i limiti di un tempo e quelli inevitabilmente dettati dalle mutate condizioni sociali e temporali.
Forse c’è ancora più di qualche speranza, ma solo se la parte autenticamente democratica e progressista della città, riconoscendo tutti i suoi limiti e le sue contraddizioni, saprà politicamente e amministrativamente approfittare del momentaneo disorientamento degli ordinari padroni della città, compresi i mafiosi da tempo alla finestra per avvistare nuovi scenari.
Giovanni Falcone, con la lucidità di analisi che lo caratterizzava, registrava un’intuizione sempre attuale a Palermo: “mi sembra che questa città stia alla finestra a vedere come finisce alla corrida”.
Speriamo che gli uomini e le donne di buona volontà di questa città, che si assumeranno la pesante responsabilità di rilanciarla – non solo con la delega ad un sindaco, ma con il loro protagonismo – potranno presto dire con Paolo Borsellino “tifano per noi”.