Pozzallo, tangenti al Comune
È in corso un processo a carico di un funzionario accusato di aver ricevuto tangenti per “aiutare” un B&B per migranti
La polizia giudiziaria lo prese dopo che l’imprenditore che aveva pagato le tangenti denunciò tutto recandosi in Procura. In piena estate, le forze dell’ordine organizzarono una trappola con l’imprenditore e presero Minardo con le mani nel sacco. Subito fu chiaro che dietro gli accreditamenti delle strutture di accoglienza si nascondeva un intreccio tra affari e politica.
Giovanni Manenti, l’imprenditore che ha fatto scoppiare il caso, ha raccontato con precisione i particolari che stavano dietro a questa tangentopoli in salsa ragusana.
La domanda che subito ci si è posti, cui solo il processo sarà in grado di rispondere, è: Giovanni Minardo intascava tangenti senza che nessuno ne fosse a conoscenza o dietro di lui c’era un sistema congegnato? Fino ad oggi è stato negato qualsiasi coinvolgimento dell’amministrazione Sulsenti.
Due udienze, al Tribunale di Modica, hanno cominciato a far luce sull’accaduto.
Il 1° marzo, dinanzi al Collegio Penale del Tribunale di Modica, presieduto dal giudice Antongiulio Maggiore, è comparso Giovanni Manenti, che ha parlato per circa tre ore.
Alle numerose e dettagliate domande poste dal pubblico ministero, il dott. Gaetano Scollo, l’imprenditore ha risposto minuziosamente, ricostruendo la cornice entro la quale si sono sviluppati i fatti che riguardano questo processo.
Nel 2008, mentre la città di Pozzallo era coinvolta nell’emergenza determinata dai numerosi sbarchi di migranti provenienti dall’Africa, Manenti, proprietario di un B&B dentro Pozzallo, veniva contattato da Minardo, che gli manifestava la necessità di mettere a disposizione una struttura per accogliere i clandestini.
Manenti individuò una vecchia villa, fuori dal centro abitato, la prese in affitto e la predispose per l’accoglienza, affrontando, di propria tasca, le spese per il cambio dell’impianto elettrico, per farvi arrivare acqua potabile, per installare caloriferi e luci di emergenza e per l’arredamento. La spesa complessiva sostenuta ammontò a circa 45.000,00 euro.
Il centro arrivò ad ospitare dalle dieci alle quindici persone, tutti immigrati, sia maggiorenni che minorenni.
L’ Ufficio Immigrazione del Comune di Pozzallo forniva l’elenco delle persone da ospitare, svolgendo un’attività di intermediazione tra la Prefettura e la struttura di accoglienza.
Il contributo per ogni persona ospitata, che la Prefettura avrebbe dovuto corrispondere al centro, trascorso un termine di tre mesi, non fu erogato, perciò anche le spese per il vitto e l’alloggio dei migranti furono anticipate da Manenti, il quale già si era indebitato, avendo stipulato un fido con la banca per predisporre la vecchia villa all‘accoglienza.
L’albergatore si trovò così nella necessità di rivolgersi a Minardo – a quanto dichiara lui – che, essendo preposto all’Ufficio Immigrazione, era il suo referente per i rapporti con la Prefettura, chiedendo di sollecitare l’erogazione dei pagamenti previsti.
In quel frangente, Minardo chiese per sé, per “l’interessamento”, una parte delle somme che spettavano al centro: 2.000,00 euro su 20.000,00.
Questi contributi furono finalmente versati dalla Prefettura nel febbraio 2009 e Minardo ricevette da Manenti i 2.000,00 euro in contanti, in pezzi da cinquanta.
E pare che ci sia traccia del prelievo di questa somma, sul conto corrente di Manenti in cui la Prefettura aveva versato i 20.000,00 euro.
Superata l’emergenza sbarchi, per la struttura nacque il problema dell’accreditamento presso la Regione, per ottenere il quale occorre essere una cooperativa, e in particolare per continuare ad accogliere minori non accompagnati. Così Manenti si mise in contatto con la presidente della cooperativa “Filotea”, di Comiso, per entrare a farne parte, conferendo la villa restaurata in cui era sorto il centro di accoglienza.
All’epoca, Comune e Prefettura dovevano ancora al centro di accoglienza una somma di 8.000 euro.
Nel 2011 ricominciarono gli sbarchi, la cooperativa riprese l’attività di accoglienza, sfruttando anche il centro di Pozzallo, ma Manenti venne estromesso, con una scusa, dal consiglio di amministrazione della cooperativa. A suo dire, la scelta immotivata di isolarlo dipese dal fatto che non aveva più pagato tangenti a Minardo, vicino per motivi politici alla presidente della cooperativa Filotea.
In seguito a questi fatti, Manenti accumulò debiti su debiti, sia verso le banche che verso i fornitori, e cadde in depressione.
Decise, poi, di incontrare Minardo, per raccontargli dell’estromissione dal consiglio di amministrazione della cooperativa e questi gli fece capire che la cosa poteva essere risolta, ancora una volta, con una “somma per l’interessamento”.
Così, il 5 luglio 2011 Manenti denuncia Minardo e si dà avvio alle intercettazioni telefoniche.
Nel corso di una telefonata tra i due, finalizzata a determinare il giorno e il luogo dell’incontro per lo scambio della tangente di 1.500,00 euro, Minardo dichiarò che, in questo modo, si sarebbero potuti salvare “capre e cavoli”.
Alle 14:00 del 10 luglio venne predisposto il servizio di appostamento in via Garibaldi, a Pozzallo, presso il B&B di Manenti, dal quale 10 minuti dopo uscì Minardo con una busta gialla in mano contenente i 1.500,00 euro, in banconote di vario taglio, che Manenti aveva precedentemente fatto vidimare, numerare e fotocopiare dalla guardia di finanza.
I finanzieri appostati intervennero subito ad arrestare Minardo, che fu così colto in flagrante.
La ricostruzione fornita da Manenti coincide, per la parte finale della vicenda – quella che si svolge dalla denuncia all’arresto del funzionario – , con le testimonianze rese dall’ispettore Sammito, che aveva accolto la denuncia dell’imprenditore pozzallese e avviato le intercettazioni, e dal maresciallo Giannone, che si era materialmente occupato di queste ultime e aveva preso parte all’appostamento.