Per le strade del quartiere
Di Giovanni Caruso
Avete mai percorso le strade di un quartiere popolare, o come si dice, povero e degradato in qualsiasi città del sud?
Lo avete fatto camminando lentamente, osservando con attenzione e registrando odori, voci e immagini?
Odori di caldarroste, di ortaggi, di carne arrostita sulla brace, misti all’odore di orina e rifiuti che marciscono sui bordi di un selciato antico e sconnesso.
Avete visto i colori delle case basse senza colore o i vicoli freddi dove il sole non riesce ad entrare?
E ancora, le erbacce bruciate in un parco inaugurato e mai donato ai bambini e agli anziani ma occupato dai cavalli clandestini e dai pusher della manovalanza mafiosa?
Avete ascoltato le urla gioiose e dure dei bambini che giocano tra motorini e auto senza curarsi del pericolo o le voci delle donne che si parlano o litigano tra un basso e l’altro? Il vociare dei mercanti che dicono ” a me roba e fresca accattatila”?
Tutto questo accade giorno dopo giorno, mese dopo mese e anno dopo anno, con regolare monotomia.
Per i cittadini e cittadine che vivono oltre il confine, nella città perbene, questi odori, immagini e suoni sono solo folclore duro e volgare.
Ogni tanto questo equilibrio di vita di quartiere viene interrotto da un fatto di sangue, o dalle retate delle forze dell’ordine che arrestano adolescenti e giovani affiliati ai clan mafiosi e raramente i boss.
Ma l’equilibrio può essere interrotto durante le campagne elettorali.
CAF privati che diventano segreterie del politico candidato con tanto di manifesto gigante affisso fuori, gente che ritira pacchi della spesa, buoni benzina e schede telefoniche. Sentinelle e capibastone che controllano il territorio e quanti voti porta una famiglia in cambio di denaro.
Poi verso la fine della campagna elettorale, eccoli li! I politici candidati che passeggiano per le strade del quartiere.
Strette di mano, ascoltano i problemi delle persone con un viso di circostanza, promettono che se prendono il seggio sconfiggeranno povertà, disoccupazione e ingiustizia sociale. Mentre il candidato parla, il codazzo dei portaborse distribuisce santini con foto, volantini e gadget.
Se poi il candidato vince e il seggio lo prende, di quelle passeggiate e promesse resta solo un bla, bla, bla.
Ma non vogliamo fare di questi politici tutto un unico fascio.
Ci sono uomini e donne che vivono la politica come una missione per il bene comune.
Uomini e donne che si sono battuti per gli ultimi e per il diritto alla dignità, per la giustizia sociale e contro la malapolitica, la corruzione e la mafia.
Lo hanno fatto, per lo più, dai palazzi del potere, facendo discorsi, proponendo leggi e cercando alleanze per farle approvare.
Per carità, buoni politici e brave persone, ma incapaci di fare un percorso reale, che inizi molto tempo prima delle campagne elettorali.
Che giorno dopo giorno, mese dopo mese e anno dopo anno, costruiscono un vero cammino di politica dal basso con gli uomini e le donne dei quartieri.
In mancanza di questo percorso può capitare che tornando nel quartiere, dopo che lo hai trascurato nell’intervallo tra una campagna elettorale e l’altra, ti dicano: “Piacere onorevole, mi ricordo di lei, venne due anni fa e disse che comprendeva i nostri problemi, che avrebbe portato avanti le nostre richieste e che non ci avrebbe mai abbandonato. In questi due anni non l’ho visto più. E ora ci chiede il voto?
Il candidato e i portaborse lo guardano e vanno via senza dire una sola parola.