Peppino ti ricordi
Ricordo quando frequentavamo il Liceo Classico di Partinico: io ero qualche anno più avanti, ma consideravo con simpatia quel gruppo molto affiatato di compagni di Cinisi. Scelse la mia stessa facoltà, filosofia. Navigavamo in un arcano desiderio di giustizia sociale e di eguaglianza che non trovava particolari sbocchi di riferimento istituzionale. Ci prestavamo qualche libro, lui “Stato e Anarchia”, di Bakunin, io “Stato e rivoluzione” di Lenin, lui Rimbaud, io Prevert, lui gli scritti di Mao, io quelli di Sartre e Marcuse. Maturammo le più belle esperienze di lotta nel ’68 con le lotte per l’esproprio delle terre di Punta Raisi: avevo laggiù una casa che finì col diventare un punto di ritrovo. Il gruppo, che veniva a piedi da Cinisi, circa tre chilometri, era molto eterogeneo.
Nel settembre del ’77 Peppino mi diede una scossa: «Mi sembra che non te ne importi più niente. Fatti vedere, vieni a trasmettere». «Ci sto. Ma senza menate: fioretto per la gente comune e rasoio per gli “amici”».