Palermo, tanti cantieri per un cantiere solo
“I cantieri che vogliamo”: un modo di cominciare a capire – ma senza retorica, sommessamente – il tipo di Palermo che vogliamo. E di cominciare a costruirlo, senza grandi parole
Per una mattina la Piazza Pretoria di Palermo, centro simbolico dell’incontro – scontro tra cittadini e istituzioni – ha visto una manifestazione molto creativa inscenata dal Comitato spontaneo dei “Cantieri che vogliamo”che da tempo prova a sensibilizzare città e amministrazione sulla gravità della situazione di abbandono e degrado dei Cantieri culturali della Zisa.
Un vasto giacimento di archeologia industriale che prima dell’avvento distruttivo della decennale amministrazione Cammarata ha costituto un interessante incubatore di attività culturali espresse della città e un luogo di eccellenza per circuiti culturali di respiro internazionale.
La manifestazione, supportata da una serie di trovare creative, al grido di “APRIAMO” – campagna di comunicazione tra le diverse del Comitato – ha festosamente animato la piazza dominata dal Palazzo delle Aquile, sede del Comune di Palermo, per un tempo luogo aperto della città che vive oggi costantemente l’immagine della chiusura militarizzata dei blindo e degli agenti in tenuta antisommossa. Una triste immagine che ormai scandisce le giornate in un’emergenza continua in cui i tanti problemi di una città allo sbando dopo la funesta gestione Cammarata, ruggiscono sotto le finestre del Palazzo tristemente assediato e non più sede dell’incontro delle ragioni possibili con le tante speranze irrinunciabili.
Ormai non si fa più distinzione, tutto diviene un problema di ordine pubblico e ormai ci si affida solo alla timida speranza che si possa approdare presto ad una stagione in cui ritrovino un senso la proposta politica e il confronto democratico delle idee, invero duramente messe alla prova dalle recenti vicissitudini in vista delle elezione del prossimo 6 e 7 maggio.
Palermo prova a trovare una sua prospettiva democratica affidando progetti e interessi ad una campagna elettorale su tutti fronti, forse come non mai, aspra e contraddittoria e, in certi frangenti, addirittura apparentemente insensata.
Intanto, la Commissaria straordinaria Luisa Latella , insediatasi nello scomodissimo Palazzo delle Aquile, sperimenta l’impossibilità di parlare di ordinaria amministrazione in una città come quella che gli è toccato di guidare dopo l’uscita di scena di un sindaco come Cammarata, tanto negativamente evanescente da sembrare già consegnato ad un tetro oblio, nonostante i tremendi lasciti di quasi dieci anni di presenza nominale, ma in realtà di irresponsabile assenza sostanziale.
Ormai è decisamente tutta un’emergenza e il quadro presente, a dir poco deprimente, rappresenta una città nuovamente bombardata dalle faide interne del ceto politico dominante di centro-destra che, insieme all’insipienza dell’opposizione politico-sociale, ha consentito una disamministrazione totale di una municipalità come quella di Palermo, tanto importante da non poter vivere un tale stato di abbandono in cui risultavano confuse perfino le azioni dei comitati di affari, nefaste consorterie politico-affaristiche costantemente presenti nelle grandi città siciliane.
Va detto che la capacità di reazione della società palermitana appare abbastanza fiaccata anche nel campo genericamente definibile progressista che si presenta lacerato da un’insensata conduzione delle primarie e del successivo dibattito complessivo nel centro – sinistra. Si tratta della crisi visibile di un’area politica di variegata opposizione che sembrava “naturalmente” chiamata a guidare il tentativo della città, se non di riscatto, di normalizzazione amministrativa in una situazione che definire insostenibile non è un modo di dire, ma una realtà composita vivibile ogni giorno, in ogni angolo di strada, come in ogni ufficio o dovunque l’elemento della socialità, comunque prende una qualche forma.
Da parte sua il centro-destra, che già prima delle dimissioni di Cammarata dimostrava di considerare perduta la partita delle amministrative nel capoluogo siciliano, dopo qualche momento di rilancio, nel mezzo dello scontro della parte politica avversa, adesso non sembra essere riuscito a stabilire una tregua che possa supportare un candidato come Costa, probabilmente non apprezzato da non pochi di quelli che dovrebbero essere i suoi sostenitori.
Se questo è lo scenario, meritano una particolare considerazione i fremiti di una parte della città che, pur non sottovalutando i problemi drammatici della crisi sociale ed occupazionale, assume la responsabilità di ricostruire il tessuto culturale a partire dal recupero di importanti istituzioni, come i Cantieri della Zisa, da salvaguardare, oltre che dal degrado, da ottuse mire speculative che ne vogliono minare alla base la loro natura e destinazione di Bene Comune, nella più alta accezione etica e civica del termine.
In questo senso, si presenta molto interessante l’altra vertenza aperta al teatro Garibaldi, culminata in un’esperienza di occupazione, analoga a quelle del Valle di Roma e del Coppola di Catania, che vede lavoratori dello spettacolo responsabilizzarsi in prima persona nel rifiutare logiche di abbandono e sistemi di gestione di strutture culturali basate sulle assegnazioni determinate da appartenenze, tempi e cordate politiche.
Un altro segno di vitalità non sottovalutabile che, certamente, va verificato nella sua capacità di mostrare coerenza alle linee politico – culturali lanciate con il manifesto lanciato dagli occupanti e sulla reale condivisione di tali intenti da parte di tutti i soggetti sostenitori.
Tuttavia, va considerato che l’agire implica il rischio e l’azione politica, in senso di partecipazione diffusa, se non esclude certo i rischi di contraddizioni, nè limita fortemente la possibile incidenza, e favorisce il confronto delle idee che è origine e strumento del controllo democratico. Un controllo che è essenzialmente presenza e protagonismo della gente necessari in ogni società che si voglia liberare della logica delle Istituzioni, tanto tristemente quanto inutilmente, blindate militarmente all’interno dei vari Palazzi pubblici.
I Cantieri della Zisa, da tempo aperti spontaneamente dalla gente, come quello più recente del Garibaldi e altri riconoscibili per la città, sono una possibilità concreta perché Palermo possa aprire il Cantiere di tutta una città non rassegnata ai ruderi del passato e alla demolizione del presente.