Palermo fra passato e futuro
Sta forse in questa dicotomia tra un’eredita importante e l’ineludibile sfida originale presentata dal presente e dal futuro, il guado stretto dentro il quale deve passare il progetto politico e l’azione amministrativa della Giunta di Leoluca Orlando.
Una scommessa alta in cui Palermo può ridiventare metafora di una città che rifiuta, contro ogni miope evidenza, la condizione di un tessuto socio – economico piegato su stesso che, forse, ormai è condizione generalizzata nel Paese e nel suo contesto europeo.
Allora c’è bisogno di un surplus di coraggio per iniziare creando le condizioni per una virtuosa governance diffusa della città, inevitabilmente decisa e determinata, che deve essere radicalmente altra. Questo non per mera forma di rivalsa, politicamente infantile, ma semplicemente perché la città non regge più quello che è stato l’abbandono complessivo che, forse anche per gravi responsabilità collettive, non poteva che avere un sindaco, forte della sua debolezza, come Cammarata ad interpretare un generale oscurantismo.
In questo senso, probabilmente la prima operazione necessaria da fare è sostituire tutti gli interpreti di una irresponsabile occupazione dei luoghi del potere di questa città, a partire dalle aziende di servizi e dalle sue istituzioni culturali. Una chiara operazione politica, motivata e trasparente, che non sia atto di “vendetta”, né applicazione esasperata di spoil sistem, bensì precisa assunzione di responsabilità rispetto ad un segnale preciso di cambiamento da dare alla città a partire dalla concretezza della gestione del potere Quindi, portare avanti con estremo rigore delle vaste operazioni verità sulla gestione di questi Enti, perfino oltre quanto già sotto l’esame della Magistratura ordinaria e contabile.
Non si tratterebbe solo di una pur irrinunciabile ricerca delle responsabilità politiche e penali, ma anche di una ricognizione necessaria dei dati reali per ripartire dalla situazione presente nelle istituzioni socio-economiche e culturali.
Individuare una sorta di core business di ogni struttura di servizio e culturale da interpretare non certo in una mera logica economico-aziendalista, né di utilitarismo politico, ma di corretta amministrazione, sul piano finanziario ed organizzativo, rivolta a ricostruire il senso autenticamente pubblico della città.
Quindi, occorre passare sotto osservazione i grandi progetti sui quali un’amministrazione, complice e imbelle, tendeva a legittimare comitati di affari sui quali bisognerà stare molto attenti rispetto alla loro capacità di riaccreditarsi. L’appalto di quel vasto sistema di opere pubbliche che risponde alla risistemazione dell’intero “fronte a mare” della città può essere un’eccezionale opportunità se saprà liberare energie socio – imprenditoriali sane.
Come lo potrà essere la riqualificazione di uno parco urbano come la Favorita, straordinario per ampiezza e importanza naturalistica, se si sarà capaci di fare la coraggiosa operazione di reale integrazione con la città attraverso la chiusura al traffico e l’organizzazione di un’ampia fruizione per la collettività.
Anche su questo terreno bisognerà avere idee chiare e straordinaria attenzione per quello che ancora oggi significa la Favorita e i limitrofi terreni addossati ai fianchi del Monte Pellegrino anche per il controllo mafioso del territorio.
In questo ampio concetto va anche inserita la tematica generale dei beni comuni, dai teatri e le altre strutture inutilizzate ai Cantieri culturali della Zisa.
Tutti punti in cui perseguire l’eccellenza per quanto riguarda la fruizione della città, ma anche i metodi di gestione da rendere sempre più innovativi e partecipati, anche oltre una tradizionale gestione pubblica, per quanto illuminata.
Inoltre, la città deve riassumere un ruolo protagonista nell’attrazione e l’utilizzo dei fondi europei, anche stabilendo una sinergia non subalterna con la Regione Siciliana titolare della Programmazione.
Tale impegno di recepimento e impiego di risorse straordinarie non può che essere legato ad interventi altrettanto straordinari e questo imperativo rappresenta insieme vincolo e potenzialità di una città che deve osare nell’immaginare e costruire le premesse concrete del proprio futuro.
In una tale logica, Palermo deve entrare in campo anche sulle grandi questioni che riguardano più direttamente, non solo il suo territorio, ma anche il suo interland.
La realtà storica del Cantiere Navale di Palermo sul quale pende da anni una subdola e mai adeguatamente motivata volontà di smantellamento da parte della proprietà Finmeccanica deve entrare nella visione e nelle rivendicazioni dell’amministrazione.
Come è un problema che riguarda anche Palermo, la dismissione soft dell’ex impianto Fiat di Termini Imerese e l’abbandono sempre più grave del polo industriale di Carini.
Questi processi di dismissione industriale sono problemi che riguardano una grande città come Palermo, non solo per il contributo irrinunciabile che queste aree danno all’occupazione dei palermitani, ma anche per rispondere ad una vocazione metropolitana che può essere volano di sviluppo per la città e per i territori limitrofi.
Palermo è una città che deve osare.
E questo è quasi un assioma che rende, prima che sterile, irragionevole il pensare solo di gestire, magari meno scelleratamente di Cammarata, l’esistente.
Questa della nuova amministrazione di Palermo è una scommessa che va accettata dall’intera città, nonostante la gravità della fase, perché non si può eludere e, soprattutto, non si può perdere.