giovedì, Novembre 21, 2024
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Palermo fra passato e futuro

La nuova amministra­zione di Palermo guida­ta da Leoluca Orlando è ormai un fatto…

La difficilissima fase di governo della città che si è aperta ha inevitabilmente, se non sanato, accantonato, almeno sul livello cittadino, le polemiche che hanno segnato un’incredibile campagna eletto­rale dopo l’unanimemente riconosciuto disastro del decennio di Cammarata.

Orlando e la sua squadra sanno bene che sarà molto breve la tregua che la città è di­sposta a concedere prima di ricevere rispo­ste sui variegati problemi, gravi e incan­creniti, che “ruggiscono”intorno al Palaz­zo delle Aquile.

E’ necessario affrontare le tante emer­genze a partire dall’approvazione di un bi­lancio disastrato che il Commissario straordinario ha dovuto predisporre facen­dolo quadrare, con una visione inevitabil­mente ragionieristica che, però, fatto salvo il necessario rigore contabile, non può es­sere la risposta tecnico-politica per il rilan­cio della quinta città d’Italia.

Se l’amministrazione non vuole farsi travolgere da un retaggio nefasto deve an­dare in controtendenza rispetto al degrado socio-economico straordinario determina­to dall’assoluta insipienza del decennio buio di Cammarata.

Come recitava un detto antico, deve ma­cinare politica in grado di produrre idee forza di carattere strategico e linee di in­tervento tanto realistiche quanto in grado di fare intravedere effetti nel breve, medio e lungo termine. Una sorta di miracolo, considerato il pregresso e la drammaticità delle condi­zioni del Paese nel suo com­plesso? Indub­biamente si, ma un miracolo in senso lai­co che attiene ad un’idea di po­litica che mentre appronta strumenti con­creti d’intervento è in grado di offrire una vi­sione di una città come Palermo, male­dettamente importante, e della sua comu­nità, forse per troppo tempo caduta in una sorta di forma generalizzata di narcosi so­ciale collettiva.

E’ impossibile omettere che questa am­ministrazione, perfino al di là della strari­pante personalità politica del suo sindaco, ha una storia ineludibile che affonda le sue ragioni in una stagione che non è retorico definire epica per quello che ha rappresen­tato sul piano socio-politico tra gli anni ’80 e ’90. Una stagione, non a caso passa­ta nell’immaginario collettivo come “la Pri­mavera di Palermo”in cui indubbia­mente una città in larga parte rispose ad una si­tuazione assolutamente drammatica e in­sieme si fece interprete e si fece inter­pretare da una proposta politica che era di rottura di vecchi schemi politico-affaristi­ci mafiosi, ma anche di costruzio­ne di una prospettiva realizzabile.

Tale prospettiva ancorava la concretezza delle soluzioni ad un’utopia possibile co­stituita da una visione che incredibilmente scommetteva sul fatto che Palermo, pro­prio quando sembrava definitivamente in ginocchio e in balia totale dei suoi drammi storici e dello strapotere incontrollato e in­controllabile della mafia, poteva, non solo rialzarsi, ma divenire insieme un simbolo e un esempio di rinascita, anche in una di­mensioni internazionale.

Fu il tempo della Palermo e dei suoi protagonisti sulle copertine dei più impor­tanti magazine, internazionali e la stagione in cui artisti di assoluto livello mondiale scelsero di lavorare a Palermo consideran­dola una delle città più interessanti dove sperimentare futuro. Furono usati termini altisonanti come Rinascimento, ma al di là delle semplificazioni giornalistiche, indub­biamente in quella stagione Palermo guar­dò al mondo e il mondo guardò Palermo.

Oggi si discute spesso se la Primavera sia ormai poco più di un ricordo o se ha la­sciato un’eredità ancora spendibile.

Forse è più importante riconoscere, al di là delle visioni agiografiche di quella sta­gione, la caratteristica carsica che, forse più che altrove, hanno i movimenti sociali e culturali di questa città che ad un certo punto della loro parabola sembrano in­grottarsi, come i suoi fiumi alluvionali tra i Kanat arabi del suo intricato sottosuolo, per poi imprevedibilmente riapparire quando i palermitani stessi meno se l’aspettano.

Come tutto a Palermo anche questa ca­ratteristica sociale è esagerata ed è insie­me limite da non sottovalutare , ma anche speranza da non perdere.

Al di là delle insidie del tempo e degli inevitabili cambiamenti che s’impongono su tutto e tutti, le potenzialità di ripartire sempre da una primavera danno la dimen­sione della capacità di reazione di un po­polo, che viene da lontano, ma anche il ri­schio di non sapere cogliere l’originalità di ogni tempo attrezzando una proposta so­ciale e politica che sia o del tutto smemo­rata rispetto a quanto già accaduto, oppure appiattita su una sorta di grandeur politi­co – culturale che, fin da tempi lontani, più che stimolare all’azione innovativa le migliori energie, ha coltivato la conserva­zione di ceti ottusamente dominanti.

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