Palermo che riparte. Viaggio dentro Palermo
Tutto sta all’interno dei valori di questa amministrazione rappresentati dalla partecipazione alle scelte e dal decentramento amministrativo che sono precise deleghe di un Assessorato, ma anche punti fondamentali dell’azione collegiale della Giunta. Il confronto con i movimenti, anche quelli cha hanno scelto sistemi “illegali” per portare avanti il loro gesto di disobbedienza civile, deve diventare un motivo di coesione e di sostanziale affermazione della legalità.
Questo perché la domanda fondamentale è: tra chi per manifestare la propria volontà di non lasciare nell’abbandono importanti strutture culturali non ha avuto che la possibilità di occuparli in modo creativo, offrendo un prodotto culturale alla città, e chi ha voluto l’abbandono completo e irresponsabile sia dei Cantieri, del Garibaldi e di tanto altro, chi è che ha commesso la vera violenza, spesso anche tecnicamente illegale, nei confronti della città?
Questo è un momento magico di fermento culturale per la città e, come ho detto in più occasioni in importanti manifestazioni culturali create dagli operatori privati come “Unamarinadi libri”, Soleluna, ecc., ognuno deve fare la sua parte per sostenere e valorizzare questo fermento.
L’Amministrazione sicuramente è molto determinata in questa direzione.
Gli artisti palermitani e, più in generale, gli operatori della cultura, rappresentano sicuramente un patrimonio da coinvolgere e valorizzare in un complessivo progetto culturale, sia pure diffidando da logiche autarchiche. La vicenda dell’occupazione del Teatro Garibaldi, come le recenti realizzazioni ai Cantieri Culturali in campo musicale, cinematografico e, più in generale, di arti visive, impone una riflessione su come un’amministrazione può superare quella che, nella migliore delle ipotesi, è una visione da mecenate del suo ruolo, con possibili degenerazioni clientelari, a quella che è una funzione di stimolo attraverso una corretta possibilità di accedere a servizi e il concorso nella costruzione di una complessiva dimensione culturale della città. Qual’ è la sua opinione?
Sarò ancora chiarissimo. I Mecenati non li possiamo fare per mancanza di soldi. Quindi, ogni eventuale rischio nel senso indicato è scongiurato per assenza di presupposti per un’eventuale degenerazione rispetto alla quale questa Amministrazione è molto vigile e attenta. Quella che è la nostra idea – possibile e anche utile per la città – riguarda scelte che diano opportunità agli artisti e, in generale, a chi produce cultura a Palermo.
L’idea che vale oltre la necessità contingente è di sostituire al finanziamento la fornitura di servizi e strutture a fronte di servizi reali che le associazioni rendono alla città. In questo senso si sta studiando una delibera per consentire questo tipo di collaborazione che intervenga sul Regolamento comunale per consentire la modifica del rapporto di utilizzo di strutture comunali con associazioni di comprovata reputazione e azione socialmente rilevante.
Altra iniziativa alla quale assegniamo notevole importanza è un’azione di partnership con il Consorzio universitario Arca per costituire un incubatore di imprese culturali che tragga ispirazione da un incontro virtuoso tra il talento dei giovani, il mondo dell’impresa e l’Istituzione.
Un altro capitolo di questo disegno è “l’estate palermitana”, un contenitore culturale di qualità, che la città si aspetta e che stiamo mettendo a punto, nonostante le solite difficoltà economiche, con una collaborazione con le Istituzioni culturali e le associazioni che faccia della necessità virt e, dove il valore aggiunto dato dell’Amministrazione sta nei servizi e nelle opportunità resi.
Infine, il suo sogno nel cassetto che vorrebbe fosse il compendio del suo bilancio di fine mandato.
Spero di potere lasciare una città nella quale l’infrastrutturazione culturale sia cresciuta e si stia stabilizzata sul territorio.
Non solo le grandi istituzioni culturali, pure importantissime, ma soprattutto le biblioteche di quartiere, finalmente aperte tutto il giorno e perfino la domenica che, nella tradizione di modelli sociali evoluti, possano diventare luoghi di aggregazioni dove le persone possano trovare risposta alle loro istanze culturali e di socialità e, perfino, rimedio ad alcuni disagi. La biblioteca al centro della vita delle persone.
In questo senso l’espressione in voga nella Primavera di Palermo – un centro sociale per ogni quartiere – direi che è ancora valida, ma da sviluppare, nel senso che l’esperienza ha insegnato che l’estensione territoriale e la composizione sociale di certe Circoscrizioni e così vasta e disomogenea da non consentire servizi socio-culturali unificati. Pertanto, più centri sociali visti in una dimensione innovata e propulsiva di nuova socialità e, in generale, per tutti i cittadini e le persone che vivono in città, più opportunità e più partecipazione alle scelte per la collettività.
Insomma, in fondo auspico una Città e un’Amministrazione normale anche se, purtroppo, a Palermo tutto quello che dovrebbe mostrare i crismi della normalità è considerato straordinario. E’ questo per Palermo è sicuramente un normale limite, ma, visto in termini di impegno per il cambiamento, anche una straordinaria opportunità.
Nota a margine
QUESTO VIAGGIO
QUESTI TESTIMONI
La nuova Amministrazione di Palermo guidata da Leoluca Orlando è ormai un fatto e la difficilissima fase di governo della città che si è aperta ha inevitabilmente, se non sanato, accantonato, almeno sul livello cittadino, le polemiche che hanno segnato un’incredibile campagna elettorale dopo l’unanimemente riconosciuto disastro del decennio di Cammarata. Orlando e la sua squadra sanno bene che sarà molto breve la tregua che la città è disposta a concedere prima di ricevere risposte sui variegati problemi, gravi e incancreniti, che ruggiscono intorno al Palazzo delle Aquile.
E’ necessario affrontare le tante emergenze a partire dall’approvazione di un bilancio disastrato che il Commissario straordinario ha dovuto predisporre facendolo quadrare, con una visione inevitabilmente ragioneristica che però, salvo il necessario rigore contabile, non può essere la risposta tecnico-politica per il rilancio della quinta città d’Italia.
Se l’amministrazione non vuol farsi travolgere da un retaggio nefasto deve andare in controtendenza rispetto al degrado determinato dall’assoluta insipienza del decennio buio di Cammarata.
Come recitava un detto antico, deve macinare politica in grado di produrre idee forza di carattere strategico e linee di intervento tanto realistiche quanto capaci di fare intravedere effetti nel breve, medio e lungo termine. Una sorta di miracolo, considerato il pregresso e la drammaticità delle condizioni del Paese nel suo complesso. Indubbiamente un miracolo in senso laico che attiene ad un’idea di politica che mentre appronta strumenti concreti d’intervento è in grado di offrire una visione di una città come Palermo, maledettamente importante, e della sua comunità, forse per troppo tempo caduta in una sorta dinarcosi sociale collettiva.
E’ impossibile omettere che questa Amministrazione, perfino al di là della straripante personalità politica del suo sindaco, ha una storia ineludibile che affonda le sue ragioni in una stagione che non è retorico definire epica per quello che ha rappresentato sul piano socio-politico tra gli anni ’80 e ’90.
Una stagione non a caso passata nell’immaginario collettivo come “la Primavera di Palermo”, in cui indubbiamente una città, in larga parte, rispose ad una situazione assolutamente drammatica e insieme si fece interprete e si fece interpretare da una proposta politica che era di rottura di vecchi schemi politico-affaristici mafiosi, ma anche di costruzione di una prospettiva realizzabile.
Tale prospettiva ancorava la concretezza delle soluzioni ad un’utopia possibile costituita da una visione che incredibilmente scommetteva sul fatto che Palermo, proprio quando sembrava definitivamente in ginocchio e in balia totale dei suoi drammi storici e dello strapotere incontrollato e incontrollabile della mafia, poteva, non solo rialzarsi, ma divenire insieme un simbolo e un esempio di rinascita di dimensioni internazionali.
Fu il tempo della Palermo e dei suoi protagonisti sulle copertine dei più importanti magazine internazionali e la stagione in cui artisti di assoluto livello mondiale scelsero di lavorare a Palermo considerandola una delle città più interessanti dove sperimentare futuro. Furono usati termini eccezionalmente altisonanti come Rinascimento, ma al di là delle semplificazioni giornalistiche, indubbiamente in quella stagione Palermo guardò il mondo e il mondo guardò Palermo. Oggi si discute spesso se la Primavera è ormai poco più di un ricordo o se ha lasciato un’eredità spendibile.
Forse è più importante riconoscere, al di là delle visioni agiografiche di quella stagione, la caratteristica carsica che, forse più che altrove, hanno i movimenti sociali e culturali di questa città che ad un certo punto della loro parabola sembrano ingrottarsi, come i suoi fiumi alluvionali tra i Kanat arabi del suo intricato sottosuolo, per poi imprevedibilmente riapparire quando i palermitani stessi meno se l’aspettano.
Come tutto a Palermo anche questa caratteristica sociale è esagerata ed è insieme limite da non sottovalutare , ma anche speranza da non perdere. Al di là delle insidie del tempo e degli inevitabili cambiamenti che s’impongono su tutto e tutti, le potenzialità di ripartire sempre da una primavera danno la dimensione della capacità di reazione di un popolo, che viene da lontano.
Ma va considerato anche il rischio di non sapere cogliere l’originalità di ogni tempo attrezzando una proposta sociale e politica che sia o del tutto smemorata rispetto a quanto già accaduto, oppure appiattita su una sorta di grandeur politico – culturale che, fin da tempi lontani, più che stimolare all’azione innovativa le migliori energie, ha coltivato la conservazione.
Sta forse in questa dicotomia tra un’eredita importante e l’ineludibile sfida originale presentata dal presente e del futuro il guado stretto dentro il quale deve passare il progetto politico e l’azione amministrativa della Giunta di Leoluca Orlando.
Provando a “volare” un po’ più in alto delle dispute politiche, tra e dentro i diversi schieramenti, sarebbe miope non cogliere che questa nuova fase sociale e amministrativa di Palermo rappresenta un po’ uno spartiacque tra un tempo in cui – al di là delle specifiche responsabilità – la quinta città d’Italia, Capoluogo della Sicilia, si presentava “piegata in se stessa” e incapace di reagire ai suoi drammi vecchi e nuovi.
Probabilmente, dopo, tutto non sarà lo stesso e per questo abbiamo pensato di iniziare un “viaggio dentro la città” .attraverso dei testimoni che per personalità e ruolo sembrano avere capacità ed esperienza per raccontare una comunità urbana assai complessa e, forse suo malgrado, importante, troppo importante.
G.A.