Occidente – L’età dell’Acquario
Sono da poco passate le otto, dal molo 4 Alison guarda la nave Aquarius compiere le ultime manovre di ingresso al porto avvolta da una calda controluce. Nella borsa ha il microfono e il registratore che ha portato con sé dall’Olanda per realizzare un audio documentario sui fenomeni di immigrazione, è arrivata con un volo aereo quando è stata data notizia del soccorso di quattrocento migranti in mare.
Anche sull’Aquarius ci sono persone che hanno affrontato un viaggio per raggiungere l’Europa. Sono ancora vive, ma quando sono partite dalle coste della Libia non sapevano se avrebbero raggiunto la sponda opposta del Mediterraneo o se il loro viaggio sarebbe terminato in mare. Una volta raggiunte le acque internazionali sono stati soccorsi e portati al porto di Catania, in mancanza di un accordo internazionale con altri paesi l’Italia è l’unico approdo sicuro più vicino. Ma Catania è anche sede di Frontex, l’agenzia europea per coordinamento del pattugliamento delle frontiere esterne.
Avvicinarsi alla nave è impossibile. La polizia mantiene lontani giornalisti, attivisti, curiosi e pescatori “per non ostacolare le attività di sbarco dei migranti, deve capire che se facessimo passare tutti si creerebbe confusione”. Solo che non permettono nemmeno di osservare le attività dall’alto del muro del pontile, gli sguardi creano moltissima confusione.
Natalia di Sos Mediterranée ci raggiunge dalla nave per darci informazioni sulla attività di soccorso, ma non ci può aiutare a parlare con i migranti. Arrivati a terra la gestione passa alla polizia per le operazioni di identificazione. Sono quattrocento trentadue le persone soccorse il 5 aprile. Trecento ottantotto uomini. Quarantaquattro donne, molte incinte. I minori sono settantasette: cinquantanove non accompagnati, sei piccolissimi hanno tra uno e quattro anni.
Arriva anche Nicola, responsabile delle operazioni di soccorso, nel dare la mano fa una leggera smorfia di dolore “dopo giorni in mare queste persone raggiungono una spossatezza estrema, non sono nemmeno in grado di uscire dai gommoni e per trarli in salvo siamo costretti a tirarli a braccia sulla nave”. Nicola è un ex marittimo di navi mercantili che ha deciso di lavorare su una nave soccorso, ha una mano dolorante e lo sguardo soddisfatto per aver salvato molte vite “una volta a bordo i migranti raccontano le condizioni di violenze estreme subite in Libia, torture nei centri di detenzione, violenze sessuali, il quadro è sempre quello di una situazione in Libia decisamente infernale”.
Inizia lo sbarco. Tra i primi migranti non sembrano esserci le donne e i bambini come ci si aspetterebbe. Sotto una fila di tensostrutture inizia l’identificazione, forse la raccolta delle impronte digitali, ma dalla posizione in cui siamo stati relegati non è possibile accorgersi di eventuali irregolarità. Arrivano anche gli autobus che porteranno via i migranti verso destinazioni che non ci è dato conoscere.
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La Aquarius è una nave umanitaria della ONG Sos Mediterranée, con Médecins Sans Frontières (MSF) opera dal Febbraio 2016 a ridosso con le coste della Libia in coordinamento con la guardia costiera italiana, nell’area di ricerca e salvataggio SAR (Search and Rescue).
Il 31 marzo Sos Mediterranée e MSF organizzano una conferenza stampa sulla nave Aquarius ormeggiata al porto di Catania in risposta ai dubbi sollevati dal procuratore della Repubblica di Catania Carmelo Zuccaro, secondo cui le attività delle ONG che operano salvataggi nel Canale di Sicilia, finirebbero col favorire i trafficanti di persone che organizzano le partenze dalle coste Libiche.
Il 5 aprile la nave su segnalazione del MRCC di Roma (Centro Coordinamento Soccorso In Mare) soccorre un gommone in difficoltà in zona SAR. Poco dopo riceve le segnalazioni di altri due gommoni dalla nave umanitaria Phoenix, e uno dalla nave umanitaria Sea Watch, vengono soccorse complessivamente quattrocento trentadue persone poi sbarcate a Catania il 7 Aprile sempre su indicazione del MRCC.
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