Non siamo invisibili e abbiamo fame
L’indifferenza della Regione Sicilia nei confronti dei tirocinanti.
“Il mio stage è finito prima ancora di iniziare.” racconta Giulio, studente fuorisede a Catania. “Non ho esperienze lavorative e il tirocinio era l’unica speranza per entrare nel mondo del lavoro, senza pesare più sulle spalle dei miei genitori. Le spese da affrontare, tra tasse universitarie e bollette, non sono poche: arrivavo alla fine del mese coi soldi contati e diventava un lusso perfino l’arancino.”
Giulio è solo uno dei tanti ragazzi, nati negli anni Novanta, che ora si trova a vivere in condizioni precarie, senza certezze sul suo futuro. La laurea non garantisce più il lavoro dei sogni e chi non può fare affidamento sulla famiglia, sbraccia e sgomita per raggiungere la propria indipendenza: “L’azienda che mi ha assunto non rientrava nei miei progetti, però l’ambiente era dinamico e cominciava a non dispiacermi prendere la metro ogni mattina per andare al lavoro. Pensavo “Sei fortunato, hai un lavoro!”, anche se per soli sei mesi.”
“Il mio contratto da stagista prevede, infatti, una collaborazione semestrale ed era stato stipulato insieme alla Regione Sicilia, che pagava parte del mio stipendio, o almeno è stato così fino a metà marzo.” – continua Giulio – “la Regione ha deciso di sospendere tutti i tirocini a causa del Coronavirus, quindi mi hanno mandato a casa fino a nuovo ordine. Io però nel frattempo non vengo più pagato, perché non lavoro e mi trovo di nuovo al punto di partenza.”
“Sono senza garanzie o tutele: chi è tirocinante non ha un vero e proprio rapporto di lavoro e questo significa non avere la possibilità di richiedere sussidi straordinari.” spiega Giulio amareggiato. “L’una tantum di seicento euro, prevista per lavoratori co.co.co e partite IVA, escludeva gli stagisti e finché non si avranno nuove disposizioni dal governo, i tirocinanti continueranno ad essere trattati come degli invisibili, ma anche gli invisibili hanno bisogno di mangiare.”
Il paradosso, però, non finisce di certo qui: “L’azienda ha messo i propri dipendenti in smartworking e vorrebbe che noi ritornassimo al lavoro perché ci può garantire le misure di sicurezza necessarie, prima fra tutte la distanza minima di un metro, ma si ritrova con le mani legate perché la Regione non dà il via libera.” dice Giulio.
“Ci perde anche l’azienda in realtà, perché ha investito nella nostra formazione e non vorrebbe sprecarla e questo mi fa arrabbiare ancora di più, perché, nonostante tutto, ci sarebbero le condizioni per lavorare, ma non posso. Ora sono senza lavoro e senza soldi, quando penserà la Regione anche noi stagisti?”