giovedì, Novembre 21, 2024
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“Non dobbiamo parlare di sicurezza solo quando si va ai concerti o in discoteca”

Le difficoltà di uno studente universitario in carrozzina

“Ad ottobre sono iniziate le lezioni quindi io, il primo giorno, mi presento al Monastero dei Benedettini e una volta entrata in aula noto che è davvero piccola per ospitare più di cento persone. C’erano solo scale, non potevo scenderle con la mia carrozzina. Dopo pochi minuti iniziò la lotta per i posti: chi lo trovava si sedeva, tutti gli altri stavano sui gradini o fuori dall’aula”, racconta Serena: studentessa di Lettere e aspirante giornalista.

“Non era possibile entrare per nessuno. Al di là della mia condizione, si trattava di un problema di tutti.” Il monastero spesso non risulta essere a misura di studente: si va dalla mancanza di sedie e banchi, necessari per scrivere; alla capienza delle aule, quasi mai rispettata; la pulizia dei bagni è quasi del tutto assente; tra la temperatura dentro il Monastero e fuori non c’è differenza.

“Ho aspettato che entrasse la professoressa per esporle il problema -continua Serena- lei con calma esordisce dicendo: “Ma com’è possibile? Come si fa?”, come se cadesse dalle nuvole.
Dopo un’ora ci spostano in aula A1, classe che mi consentiva l’ingresso dalla porta principale.
Per un paio di settimane è andata avanti così: potevo frequentare due lezioni su tre perché il terzo giorno l’aula non era adatta per me. Si scoprì che il motivo della scelta di quell’aula era l’aver considerato i posti per un terzo degli studenti che frequentavano quel corso.

Irritata cerco di esporre il problema a chi di competenza. Questa persona dice di non poter fare nulla: tutte le altre aule sono impegnate nel terzo giorno di lezioni. Mi dice che essendoci quest’anno più ragazzi in carrozzina, ci sono maggiori difficoltà nell’organizzazione. Prima i ragazzi si facevano scoraggiare dalla loro condizione, adesso c’è più coraggio”, racconta Serena. “Può cambiare insegnamento, così risolviamo il problema” mi dissero.

“Se una come me prima stava a casa, adesso vuole partecipare. Ho risposto a tono a quelle parole: io voglio andare a lezione, ma non posso entrare. Non è normale, ce la mettono tutta per farci demoralizzare. È stata incolpata pure la mia sedia: anche se motorizzata non può salire tanti gradini, oltre che affaticarmi io in primis, rischio di procurarle danni. Come può essere un problema l’unico mezzo che mi consente di andare in giro? Se non avessi la sedia dovrei stare a casa e non poter vivere la mia esperienza universitaria. Se ne progetteranno una che volerà, sarò la prima a comprarla.”

“Da un lato però non do colpa a nessuno: gli spazi del monastero sono quelli che sono” – racconta Serena con amarezza- “Quello che intendo dire è che non dobbiamo parlare di sicurezza solo quando si va ai concerti o in discoteca. Si tratta di un problema che riguarda sia me che tutti gli altri studenti di questa università ”.

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