Nodi non sciolti
Ad Augusta mai revocata la cittadinanza onoraria a Benito Mussolini
“Il Consiglio, a unanimità di voti, delibera di conferire la cittadinanza onoraria a sua eccellenza Benito Mussolini”. 18 maggio 1924, secondo anno dell’era fascista. Il Consiglio comunale di Augusta, accogliendo la proposta del sindaco Luigi Tumscitz, ha proclamato il dittatore cittadino augustano, otto giorni dopo la prima visita ufficiale in città.
“Una data indimenticabile – commentava il sindaco Tumscitz in aula – che la nostra città segnerà a carattere d’oro per la fortunata occasione di aver avuto fra noi in quel giorno, l’uomo, il di cui nome noi italiani porteremo sempre scolpito nel cuore”. Quel 13 maggio, dal balcone del municipio, il duce aveva esaltato l’importanza militare di Augusta, impegnandosi per un suo immediato potenziamento come base strategica per il lancio delle future avventure coloniali dell’Italia nel continente africano. Un ruolo già sperimentato durante la prima aggressione italiana in Libia (1911-12) intrapresa dal governo Giolitti, quando di colpo la rada di Augusta fu occupata da una ventina di navi da guerra e tutt’attorno spuntarono caserme, depositi, batterie di fuoco. In quell’occasione diverse abitazioni furono requisite per dare alloggio ai militari e il plesso San Domenico venne destinato a ospitare una squadra di duecentocinquanta artiglieri.
Nel giro di due decenni Augusta sarà la base navale più potente del Mediterraneo centrale. Ma per raggiungere questo risultato, alcuni anni prima, era stato necessario spazzare via ogni forma di opposizione. In particolare, tra il 1920 e il 1922 , l’alleanza tra fascisti, mafiosi, borghesia e prefetti, aveva scatenato una sanguinosa repressione del movimento contadino e proletario nel Siracusano e in tutta l’area iblea. Ci furono morti, feriti, esuli. Le “giunte rosse” vennero sciolte con le armi alla vigilia delle elezioni politiche del maggio ‘21.
A denunciare i fatti di violenza e i brogli fu il deputato Psi Arturo Vella “Ad Augusta durante la notte si distrugge la Camera del lavoro, si assaltano le case dei dirigenti socialisti”. Il sindaco di Augusta, Giuseppe Tringali, dopo un’aggressione fascista-mafiosa in cui era rimasto ferito, il 23 aprile “lo si spedisce via con la rivoltella in pugno”. In tutto il paese vige un clima di persecuzione e terrore. La porta del Municipio è presidiata dalla “maffia locale” e “tutti i cittadini estranei ad Augusta sono pedinati dalla stazione appena si presentano”.
Alla fine i socialisti ottennero appena tredici voti contro i millecento delle comunali di cinque mesi prima. A trionfare nel collegio megarese fu l’onorevole nisseno Francesco Saverio D’Ayala, solfataro milionario, nazionalista ma completamente sconosciuto ad Augusta. Ciononostante l’onorevole D’Ayala riuscì a superare l’80% dei consensi: tra chi votò per lui risultarono anche centotré morti e seicentocinquantatré emigrati. Un plebiscito truccato da un pacchetto di voti che D’Ayala aveva comprato per 100mila lire dal notabile ed ex sindaco augustano Antonio Omodei.
Dal ’22 al ‘24, compiuta la marcia su Roma, il regime fascista si sta consolidando. Anche ad Augusta arrivano i podestà, gli arresti e l’esilio degli ultimi oppositori, la guerra e il suo carico di morti. Poi lo sbarco alleato e una liberazione dal fascismo in cambio di una sovranità limitata da una nuova occupazione militare. Dopo l’arrivo degli americani e della Nato il territorio è definitivamente militarizzato. Nel frattempo sono arrivate le industrie e gli industriali, in combutta con i signorotti locali.
Da quei fatti sono passati oltre sessant’anni, ma alcuni nodi di questa storia non si sono mai sciolti. Oggi il polo industriale è in declino, i suoi veleni continuano a uccidere e Augusta rimane una delle principali piazzeforti belliche del Mediterraneo centrale. Benito Mussolini è ancora cittadino augustano ma nessuno se ne cura. A differenza di altri comuni italiani, come Torino e Firenze, che hanno scelto di revocargli questa onorificenza come gesto di memoria e responsabilità antifascista. In compenso, alla piazzaforte militare di Augusta è dedicato un museo: divise, fucili, bombe e cannoni in mostra nelle stanze del municipio. Il museo civico invece non esiste: i suoi pezzi rimangono chiusi in un armadio e in parte custoditi al domicilio di una volenterosa dipendente comunale. In attesa di collocazione.
Può citare le fonti per cortesia? Mi piacerebbe leggerle. Saluti