Nel Campo di Mineo dove noi bianchi rinchiudiamo i neri
L’identikit del CARA di Mineo ricostruito da associazioni siciliane è ben riassunto dall’Arci di Catania, che in un dossier firmato dal legale Francesco Auricchiella, del Comitato territoriale area integrazione, mette a fuoco aspetti burocratici, e soprattutto ombre di un’istituzione che è piombata a Mineo in pochi mesi.
“Non è stato elaborato un piano integrato per la programmazione e realizzazione dei servizi connessi fra il centro ed il territorio, con il coinvolgimento ed il concerto delle amministrazioni locali, piano che avrebbe dovuto definire i tempi di attuazione.- si legge nel dossier- Non è stato programmato il potenziamento del sistema scolastico al fine di consentire l’inserimento della nuova utenza in relazione all’obbligo – previsto dalla legge – di garantire l’accesso ai servizi scolastici a parità di condizione con la popolazione residente. Non è stato previsto un piano di risorse aggiuntive per l’Azienda Sanitaria Locale rendendo ancora più difficile l’efficienza di una tutela sanitaria per tutta la popolazione presente sul territorio”.
C’è poi un altro problema drammatico, sebbene non collegato alla gestione del CARA.
“La sezione della Commissione territoriale per il riconoscimento della protezione Internazionale di Siracusa si è insediata a Mineo solamente il 19.5.2011, e cioè due mesi dopo l’apertura del centro (cioè il 18.3.2011). Gli esordi burocratici della Commissione per l’esame delle domande sono stati molto lunghi, circa 15-20 casi a settimana, con conseguenti disagi e tensioni fra gli ospiti del centro- si legge nel dossier – la Commissione non si è avvalsa, per le audizioni, di interpreti competenti, né è stata garantita trasparenza alle procedure per la loro selezione e nomina. Non è stata garantita la presenza, nel corso delle interviste, di interpreti delle lingue di alcuni richiedenti asilo.
Alcuni provvedimenti di rigetto della domanda di asilo (peraltro, resi in italiano e non tradotti) non hanno specificato il foro competente, ma hanno erroneamente indicato, quale Tribunale ove ricorrere, quello del luogo di provenienza, quando, invece, nel caso di ospitalità nel CARA, è competente il Tribunale ove insiste il CARA – nel caso in ispecie, Catania – . Con grave pregiudizio del diritto di difesa ed il concreto rischio che molti richiedenti, che non possano impugnare tempestivamente i provvedimenti, siano espulsi dal territorio dello Stato senza il previsto accertamento giurisdizionale della fondatezza della loro richiesta”.
Ad oggi, risulta che la Commissione di Mineo prosegua i propri lavori con la stessa lentezza degli inizi. Anche se il direttore del CARA, Sebastiano Maccarrone, assicura che sono circa 250, al momento, gli ospiti in attesa di un pronunciamento.
Eppure molti ospiti del Centro continuano a lamentare che la Commissione non rispetti, a parità di status e di condizioni di fatto, alcun criterio logico e cronologico nella disamina delle istanze e nella convocazione per l’audizione.I ritardi nelle procedure di esame delle domande da parte delle commissioni territoriali e l’assoluta incertezza sul futuro delle persone rischiano di alimentare una spirale di rivolte e di conseguenti dure repressioni nonché di aumentare lo stato di disagio dei soggetti vulnerabili e traumatizzati tuttora presenti al centro.
Ma chi sceglie i professionisti che lavorano al Centro? Al momento sono circa 200 gli addetti che si occupano dei richiedenti asilo a tutti i livelli e il pensiero malizioso che il CARA diventi un bacino elettorale trapela forte.
Altro quesito. Quanto sono tutelate le donne, soprattutto quelle sole? Le voci su abusi all’interno del centro sono sempre più insistenti, e non è un caso se gli aborti si moltiplicano. Su questi aspetti sta indagando anche la Procura di Caltagirone
Insomma, pasti sicuri e corsi d’italiano a parte, il CARA di Mineo prospetta tanti di quegli aspetti inquietanti che sarebbe ridicolo pensare di risolverli con una gara d’appalto, o una gestione ordinaria.
C’è sempre l’altra possibilità. Chiuderlo. La Rete Antirazzista catanese ha nei mesi scorsi lanciato una campagna nazionale per la chiusura del Cara di Mineo. In più di un anno (e anche prima che il CARA aprisse) si sono susseguite tutta una serie di proteste. Ma cosa succederà a questo migliaio e rotti di persone nei messi che verranno, proprio non è dato sapere.