Miseria e Nobiltà
Si apre la sedicesima legislatura dell’ARS: vale la pena di presentare, se pure in modo molto sommario, taluni caratteri delle precedenti legislature…
Rosario Crocetta è il 29° Presidente della Regione siciliana e, dopo Angelo Capodicasa del PDS, è il secondo Presidente in forza a un partito di sinistra.
Dei ventotto Presidenti ben ventiquattro provenivano dalla Democrazia Cristiana e governarono ininterrottamente, salvo la breve parentesi di Silvio Milazzo tra il 1958 e ill 1960, dal 1947 in poi fino alle soglie del 2000. Tra questi ce ne furono alcuni che guidarono varie giunte: Giuseppe D’Angelo 6, Mario Fassino e Rosario Nicolosi 5, Giuseppe Alessi, Vincenzo Carollo 3, Francesco Restivo, Giuseppe La Loggia, Vincenzo Giummarra, Angelo Bonfiglio, Piersanti Mattarella e Giuseppe Campione 2.
Da notare la folta schiera di nomi e, soprattutto, la cifra esponenziale relativa ai governi da loro presieduti a significare il tasso di precarietà e di provvisorietà delle singole giunte, costantemente messe in crisi dalle lotte interne ai partiti per la conquista di pezzi di potere sempre più ampi.
Da ciò la contraddizione tra la continuità del potere democristiano e la pratica politica e amministrativa assai discontinua e incerta, che si può considerare una delle cause più gravi dell’arretratezza economica e del ritardato sviluppo della Sicilia.
In questa lista pur parziale degli uomini della DC che si sono avvicendati alla presidenza della Regione c’è tutto e il contrario di tutto: è sufficiente ricordare, ad esempio, solo i nomi di Piersanti Mattarella come modello di correttezza e onestà , di buon governo in rotta di collisione con la mafia che, alla fine, lo fece fuori e quello di Rosario Nicolosi, protagonista di un vero e proprio sistema di potere basato sull’alleanza organica tra politica, affari e mafia.
Non compaiono in questo elenco i nomi di Giuseppe Drago (CCD) e Giuseppe Provenzano (FI), alla guida di una giunta regionale ciascuno alla fine degli anni 90; entrambi sono stati giudicati e condannati per essersi appropriati, senza fare rendiconti, dei fondi riservati della Presidenza della Regione; per entrambi, la pena è stata condonata.
La presidenza di Angelo Capodicasa, tra la fine degli anni 90 e il 2001, segnò certamente una rottura con il sistema di potere clientelare e mafioso e portò all’approvazione di varie e importanti riforme tra cui:
“riforma dello Statuto ed elezione diretta del presidente, scioglimento degli enti economici e privatizzazioni, riforma della pubblica amministrazione, sblocco delle opere pubbliche bloccate, risanamento finanziario e di bilancio e introduzione di nuove norme in materia finanziaria, chiusura del contenzioso finanziario con lo Stato, misure per il superamento del precariato, accelerazione della spesa dei fondi europei per evitare che si perdessero altri finanziamenti, avvio della programmazione economica e di Agenda 2000”. (A. Capodicasa. Governare la Sicilia. Editori Riuniti. Roma. 2001. pag. 25)
Poi arrivò Totò Cuffaro, amico degli amici e si ricrearono tutte le condizioni dell’affarismo, della clientela, di un uso spregiudicato delle risorse e dei finanziamenti statali. Stagnarono fino a scomparire quasi del tutto i progetti attuativi dei finanziamenti europei per il semplice fatto che era più facile spendere quelli statali che non esigevano controlli sulla spesa.
Il numero dei dipendenti della Regione riprese a crescere, come pure aumentarono i privilegi e tutte quelle voci che si possono considerare interne alla voce “costi della politica”: indennità, aumenti di stipendio, collaborazioni, consulenze e le famigerate “partecipate”, patrocini più o meno degni, ecc. ecc.
Totò Cuffaro, si sa bene, condannato con sentenza definitiva per concorso esterno in associazione mafiosa, è attualmente alloggiato presso le patrie galere.
Il PD, non senza lacerazioni interne, decise di sostenere Raffaele Lombardo,fondatore del MpA, e ciò portò, bisogna riconoscerlo, all’isolamento del PdL e all’abbandono del progetto di costruzione degli inceneritori, già criticati da ecologisti e dalla sinistra per i formidabili interessi della mafia sulla realizzazione dell’opera.
Non senza contraddizioni si procedette alla riforma sanitaria e alla gestione dei corsi di formazione, bloccando, nei limiti del possibile, sprechi e distorsioni varie in un contesto, comunque ancora gravemente inficiato da clientele, affarismo e mala, anzi pessima politica. Ne è prova giudiziaria il rinvio a giudizio di Raffaele Lombardo per voto di scambio e concorso esterno in associazione mafiosa.
Resta oggettivo lo stato attuale della Regione siciliana devastato dall’esperienza cuffariana e lombardiana che ci lascia una Regione sull’orlo del fallimento, con una disoccupazione record, con infrastrutture tendenti alla fatiscenza, con investimenti e progetti praticamente nulli con il rischio di non potere neppure utilizzare i fondi europei.
In conclusione tocca adesso a Rosario Crocetta sciogliere i nodi di questa matassa terribilmente ingarbugliata e ai siciliani un’obbligata e costante vigilanza.