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“Mio figlio ucciso e cancellato”

Un “normale” inciden­te stradale. E tante ve­rità messe da parte

Carmine Spina, 24 anni (Avellino)

N. 20 aprile 1981 – Dec. 26 Giugno 2005

Carmine, un ragazzo solare, con tan­ta voglia di vivere e tante cose da fare come tutti i ragazzi della sua età. Sem­pre sorri­dente e disponibile con tutti. Per chi non lo conosce, nel ’94 bravis­simo a giocare a tennis vince i giochi della gioventù.

Dopo essersi diplomato, cerca vari la­vori per avere una sua indipendenza. Nel 2001 viene assunto presso una ditta che tratta i laminati in acciaio, anche qui di­venta amico di tutti, nonostante la sua ti­midezza. Svolgerà il servizio militare in Aeronautica, a Firenze, da agosto 2002 fino a giugno 2003, con il ruolo di auti­sta, guidando sia autobus che autoambu­lanze. Rientra al termine del servizio mi­litare nella ditta dove lavorava, nel 2005 corona il suo sogno. Una moto nuova fiammante, dopo un usato che gli aveva sempre dato problemi. E’ felice anche quella domenica fatale che lo porterà lontano dalla sua famiglia, dagli amici.

Alla tragedia si somma l’ingiustizia, poiché per gravissimi errori, fatti durante i rilievi del mortale incidente, accadono in seguito delle cose molto gravi, che di seguito Vi espongo.

Provate ad immaginare per un attimo soltanto, la scena dove è accaduto l’inci­dente mortale di mio figlio, dove mi ero subito recato, insieme a mia moglie, quando mio figlio era a terra privo di vita.

C’era un’auto con danni laterali, la moto a terra con danni vari, mio figlio a terra, deceduto all’impatto con l’auto. Prima di noi arrivano i Responsabili che devono effettuare i rilievi. L’auto, viene spostata, (non si sa ancora oggi da chi), poi fatti i rilievi. Lo dichiarerà il Mare­sciallo, in tribunale (cercando di mini­mizzare il fatto), DOPO CIRCA TRE ANNI, senza mai nulla aver verbalizzato di questo grave episodio e offendendo la memoria di mio figlio afferma cinica­mente che “L’AUTO ERA STATA SPO­STATA IN QUANTO, NON SI ERANO ACCORTI DELLA GRAVITA’ DEI FATTI”. Ignorato l’articolo 354 del codi­ce di procedura penale, che in sintesi re­cita: Gli ufficiali e gli agenti di polizia giudiziaria curano che le tracce e le cose pertinenti al reato siano conservate e che lo stato dei luoghi e delle cose non venga mutato ecc.. Tutti sapevano che mio fi­glio era deceduto all’impatto con l’auto.

Non solo, in tribunale, il Maresciallo, ha alterato la distanza dall’uscita della moto, cioè dalla curva al punto di impat­to, che è di ben 80 metri. Il Responsabile dei rilievi, nel dire in tribunale, sotto te­stimonianza, “8 metri se non sbaglio” ha usato un termine dubitativo (se non sba­glio). Il fatto è che non lo ha detto una sola volta, ma lo ha ribadito e sottolinea­to in una fase successiva della testimo­nianza. E ancora, per la terza volta, alla domanda del P.M. che lo interrogava in aula, sempre inerente agli otto metri, ha continuato imperterrito a mentire, senza chiarire (poteva ancora farlo), che si trat­tava di 80 metri e non 8 metri. Sapeva bene il Maresciallo che i metri erano 80 e non 8.

MI domando: sono diventati arbitri di parte e giudici di mio figlio? O dovevano mantenersi al di sopra delle parti?? An­che il Coordinatore (un Tenente dei Cara­binieri, presente sul posto), non si era ac­corto di mio figlio deceduto? Cosa sa di tutto questo? Ognuno ha il dovere di svolgere il suo ruolo e non appropriarsi del ruolo altrui o di fare prepotenza alcu­na. Come chiamare tutto questo modo di fare? Complicità oppure omertà?

Con tutti questi errori l’unico colpevo­le è risultato essere CARMINE SPINA (viaggiava su strada con diritto di prece­denza e aveva la precedenza su tutta l’area dell’incrocio, mentre l’auto aveva lo Stop). Errori anche dal P.M. (l’auto viene dissequestrata dopo soli 24 giorni e perito del tribunale nominato 2 mesi dopo).

Quanto è accaduto non è giusto (per 3 lunghi anni non mi spiegavo il perché di quell’auto quasi fuoristrada e il come mio figlio ci fosse finito contro. Poi la triste verità in tribunale). Vandalicamen­te, hanno per 4 volte distrutto, rubato e ancora sfregiato la lapide posta in ricordo dove avvenne l’incidente di mio figlio. Non hanno capito che io non temo niente e nessuno, possono distruggere tutto, ma non la mia sete di giustizia.

Io esigo di sapere cosa veramente è ac­caduto e perché è stato favorito l’uno a scapito dell’altro, invece di essere al di sopra delle parti. Faccio appello, affinchè chi ha sbagliato sia messo in condizioni di non fare ancora del male ad altri ra­gazzi e/o famiglie. La mia richiesta di giustizia è una richiesta per TUTTI, af­finchè episodi simili non debbano mai più accadere a nessun altro. Oltre ad aver subito una grave perdita si subiscono an­che ingiustizie, “perché al momento non si erano resi conto della gravità dei fatti.

Il padre Gerardo Spina

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