“Maniaci libero” o “Salviamo il soldato Saguto”?
Processo Maniaci: oggi l’arringa degli avvocati della difesa
“La procura ha letto in modo capovolto questa vicenda. Pino Maniaci ha resistito alla corruzione: andava per la sua strada e si è cercato di punirlo. C’è una manipolazione nel video in cui veniva ripreso. Tutta un’operazione per salvare il soldato Saguto. Perché la Saguto andava sempre in caserma e si informava di questa inchiesta?”. A chiederlo, nel corso di un’arringa di oltre due ore, è stato l’avvocato Antonio Ingroia che, insieme all’avvocato Bartolomeo Parrino, rappresenta la difesa di Pino Maniaci.
Il processo, che si svolge davanti al giudice monocratico Mauro Terranova presso il tribunale di Palermo, vede il giornalista imputato con l’accusa di estorsione – senza l’aggravante di mafia – per un importo di 366 euro, nei confronti dell’allora sindaco di Borgetto, Gioacchino De Luca, e di Salvo Lo Biundo, che all’epoca era il primo cittadino di Partinico: in cambio, secondo l’accusa, non avrebbe mandato in onda servizi contro i due ex amministratori all’interno del telegiornale da lui condotto. A Maniaci viene contestato anche di aver imposto a un assessore di Borgetto l’acquisto di duemila magliette con il logo della sua emittente. Accuse smentite dai diretti interessati durante il dibattimento, nel corso del quale è emerso, come ha sottolineato oggi in aula l’avvocato Ingroia, che il video diffuso su tutti i media, in cui si vede Maniaci mentre si fa consegnare del denaro dall’ex sindaco De Luca, è stato abilmente manipolato in modo da far scomparire dalle scene una terza persona che, proprio in quegli istanti, era presente all’interno della stanza. Pino Maniaci si è sempre difeso dichiarando che quello era il pagamento di una pubblicità fatta al negozio della moglie di De Luca sull’emittente televisiva Telejato. Mentre Lo Biundo, come ha ricordato oggi in aula l’avvocato Parrino, “ha smentito che Maniaci gli avrebbe chiesto soldi. Di fronte alle sue affermazioni il pubblico ministero avrebbe dovuto fermarsi. La verità è che nel processo non c’è un’idea di prova, non ci sono riscontri neanche minimi al contenuto delle intercettazioni che vanno sempre riscontrate”.
Il pubblico ministero Amelia Luise, nel corso della sua requisitoria, aveva chiesto per il giornalista una condanna a 11 anni e sei mesi di carcere. Oggi gli avvocati della difesa hanno chiesto l’assoluzione. “Un processo mediatico che aveva la finalità di una condanna mediatica di Maniaci”, ha ribadito fuori dall’aula, ai microfoni di Repubblica, l’ex magistrato Antonio Ingroia. Accanto a lui Pino Maniaci, che al momento si limita a dire: “Aspetto la sentenza”.
Il prossimo 8 aprile, dopo le controrepliche, verrà emessa la sentenza.