venerdì, Novembre 22, 2024
-mensile-IntervisteReportage

Malo Muos, sei mesi a Niscemi

Le vittime del Muos, chi le ha difese, chi ci ha fatto carriera, chi ci ha giocato la vita.
E chi è rimasto solo

Le vittime? I bambini. I dati dei pediatri e dei medici di base

I bambini sono le principali vittime delle onde elettromagnetiche emesse dal sistema di telecomunicazioni NRFT della Marina militare USA (US Navy) installato nel 1991 nella Sughereta di Niscemi, in provincia di Caltanissetta. A Niscemi non s’erano mai visti bambini depressi, né autistici: ora ci sono. Così come c’è un vistoso aumento dei tumori infantili, con percentuali superiori alla media nazionale. Di nuovo, rispetto al passato, c’è la ragnatela di antenne della US Navy che ventidue anni fa ha aggiunto i suoi effetti a quelli letali del petrolchimico di Gela, a venti chilometri da Niscemi. Questa realtà emerge dai dati raccolti dal dottore Marino Miceli fra pediatri e medici di base che operano nel territorio comunale; un’indagine da cui emerge che anche gli adulti non se la passano bene, considerando che 14 cittadini su 100,  a fronte di una media nazionale del 4%, sono affetti da tumore alla tiroide, mentre 7 uomini su 100 patiscono tumori ai testicoli. La media nazionale è del 2%.

“Via il MUOS!”, “Viva il Muos!”.
Perché ha cam­biato idea?

Crocetta ha incentrato la sua campagna elettorale regionale del 2012 sulla revoca delle autoriz­zazioni concesse dalla Giunta regionale di Raffaele Lombardo; quest’anno, sullo stesso tema, ha costruito la campagna per le elezioni politiche e le amministrative. Lo scorso mese di febbraio, dopo un’indagine delle Commissioni regionali Territorio e Ambiente e Sanità da cui emerse una lunga serie di irregolarità nella concessione delle autorizzazioni, Crocetta le sospese e inviò a Ni­scemi l’assessore al Territorio, Mariella Lo Bello, a rassicurare la popolazione e gli attivisti: “Il MUOS non si farà”.

A conferma di ciò, due mesi dopo, la Giunta Crocetta provvide a revocare definitivamente le autorizzazioni. Ma i lavori del MUOS proseguirono col beneplacito della Regione, tanto che il 3 maggio il dirigente generale dell’assessorato Territorio e Ambiente, Vincen­zo Sansone, rivendica per iscritto, in una corrispondenza resa pubblica da Anonymous, «che questo Assessorato non ha mai impedito alcuna azione all’interno della base», mentre quattro giorno dopo, nella memoria che l’ufficio legale della Regione deposita al TAR, nella controversia col ministero della Difesa, gli avvocati precisano che «eventuali disagi o ritardi» nella costruzione del MUOS non sono attribuibili alla Regione, bensì «riconducibili ai presìdi spontaneamente organizzati dalla popolazione del territorio interessato e da simpatizzanti».

Quanto costa difendere la pace e la salute

I presìdi e le altre attività di contrasto alla costruzione dell’opera organizzati, sono finora costati al movimento No MUOS svariate decine di multe di alcune migliaia di euro l’una, sei arresti e numerose denunce penali a cui vanno aggiunte le denunce in arrivo per gli attivisti saliti sulle antenne esistenti l’8 agosto e le altre annunciate per l’invasione popolare della base USA del giorno successivo finalizzata a “liberare” i dieci “scalatori”. Una lista di “carichi pendenti” che rischia di porre ai margini della società chi si è battuto e continua a battersi per la difesa della salute, del territorio e della pace, con costi amministrativi e legali che peserebbero anche sull’economia familiare di persone benestanti, figurarsi sulle tasche di casalinghe, impiegate, studenti e disoccupati.

In un contesto in cui contro il MUOS si sono espressi, con atti formali, i 90 deputati dell’Assemblea Regionale Siciliana, 4 consigli provinciali, decine di sindaci e consigli comunali, il M5S, esponenti politici della sinistra italiana e grandi associazioni antimafie, risulta paradossale che gli attivisti No MUOS siano lasciati a loro stessi nel momento in cui lo Stato gli presenta il conto economico, amministrativo e penale legato al loro attivismo civile.

Scheda

IL MUOS CHE COS’È

l MUOS (Mobile User Objective Sy­stem) è il sistema di teleco­municazioni satellitari della Marina Militare degli Sta­ti Uniti d’America, in corso di realizza­zione, composto da cinque stazio­ni sa­tellitari (due già in orbita) e quattro ter­restri. Queste ultime si trovano in Au­stralia, Virginia, Hawaj e Niscemi, 27mi­la abitanti in provincia di Caltanissetta. La stazione di Niscemi è in fase di ulti­mazione in contrada Ulmo, a quattro chilometri dal centro abita­to, nel cuore della Riserva naturale della Sughereta, una fra le più antiche e importanti del Vecchio Continente, tanto che l’Unio­ne Europea l’ha inserita della lista dei SIC (Siti di interesse co­munitario); è compo­sta da tre grandi antenne paraboliche dal diametro di 18,4 metri (che trasmet­tono in banda Ka, verso i sa­telliti) e da due trasmettitori elicoidali alti 149 metri (che emet­tono in UHF, altissima fre­quenza) le cui emissioni elettromagneti­che bucano la ionosfera e possono ri­sultare letali per le persone.

Il MUOS va ad aggiungersi al sistema di telecomunicazioni a bassa frequenza NRFT installato nel 1991, composto da una ra­gnatela di 46 antenne che tra­smettono coi sottomarini e le navi USA presenti nel Mediterraneo.

L’estetica dell’utopia

di Pietro Orsatti

Sebastiano Gulisano (Seba) è un cronista, non un fotograf­o, uno di quelli bravi, di quelli che sono andati a scuola a I Sicilia­ni negli anni ’80. Sebastiano è uno che lavo­ra “di carte” e “di scarpe”, conosce la differenza fra inchie­sta e reportage, fra cro­naca e approfondi­mento. Conosce la fatica, la noia, la rabbia e il disin­canto. Del mestiere del cro­nista, ha i pregi e i difetti.

La vita l’ha portato in giro su strade diverse, ma cer­te cose non si dimenticano, forse si affinano. Un giorno ha in­contrato la macchina fotografica, lui che arrivò a I Siciliani parlando di fu­metti per poi a finire a scrive­re inchieste di mafia, sul malaffare, sulla politica. E con la sua macchina fotografica è approdato a Niscemi sei mesi fa, intuendo la notizia rappresentata dall’esi­stenza stessa del movimento NoMuos e la forza di una storia come quella. Una roba ad­dirittura più grossa di Comiso ma sen­za un Pio La Torre e di quella politica – che era una cosa seria – che si metteva a servizio dei movimenti e se ne faceva contaminare. Il lato bello del­le ideologie, che Sebastiano sa essersi dissolto in questo pastone del nostro presente.

Seba conosce il valore della lentezza, dell’ascolto, del mi­schiarsi. Che scriva o che alzi l’obiettivo per uno scatto. E so­prattutto conosce l’importanza di esserci, di essere testi­mone. E questo ha fatto per sei mesi e que­sto continuerà a fare a Nisce­mi. Sapendo che il testimo­ne non è soggetto neu­trale. Perché an­che lui in quella storia che ha deciso di rac­contare alla fine ci sarà den­tro fino al collo. “Non c’è mai una buona via di uscita in questo mestiere”, diceva Ryszard Kapuściński. Sono cose che si imparano, non si hanno den­tro se non come istinto.

Vederlo ora scegliere con fatica gli scatti da pubbli­care qui ir­rita per la sua lentezza, intenerisce per il do­lore che lo attraver­sa per ogni immagine scartata, col­pisce per la chia­rezza del per­corso che ha in testa di come va raccontata una storia. Non solo estetica, ma estetica dell’utopia.

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