Mafie, vasto “territorio a rischio”
Ma al convegno con la Presidenza della Commissione Antimafia non vien citata …
Sabato scorso la Presidenza della Commissione Parlamentare Antimafia è tornata in Abruzzo, pochi mesi dopo la sua visita a L’Aquila. Anche questa volta l’occasione era importantissima: poter parlare davanti ad un uditorio di centinaia e centinaia di studenti di Vasto.
Una città, è stato detto e ridetto, denunciato e stra denunciato in questi anni, a fortissimo rischio per infiltrazioni e presenze criminali di alto livello. In quelle ore è stato inaugurato l’Anno Giudiziario e, a L’Aquila, lo ha nettamente ribadito il Presidente della Corte d’Appello Stefano Schirò: Vasto è un “territorio a rischio sia per la sua vicinanza ad aree a più alta concentrazione malavitosa, sia per l’insediamento, in paesi del circondario, di esponenti della camorra”. Giudizio più netto non poteva esserci. E non è la prima volta, anzi. Dovremmo sempre ricordarci quanto già nell’ormai remoto 1997 in quelle stesse aule scandì l’allora procuratore generale Bruno Tarquini “la cosiddetta fase di rischio è ormai superata e si può parlare di una vera e propria emergenza criminalità, determinata dall’ingresso di clan campani e pugliesi anche nel tessuto economico”. Parole riferite all’intera Regione ma che calzano perfettamente a Vasto.
Eppure, nonostante l’altissimo profilo di chi è intervenuta, l’uditorio ha potuto ascoltare riferimenti ai rischi che sta correndo la vita di Nino Di Matteo (una questione gravissima, e su cui è importante si accendano più riflettori possibili e a cui abbiamo espresso varie volte la nostra solidarietà e il nostro sostegno) e altri giudici della Procura di Palermo, si è fatto riferimento alla scomunica papale contro le mafie (gesto fortissimo e importantissimo considerando il passato), difesa della Costituzione (importantissima in questo momento di fortissima crisi e involuzione anche sociale e politica), ma di quanto riportato a L’Aquila, della realtà vastese, nulla. La lotta alle mafie, il quotidiano impegno per rendere migliore questo, troppo spesso avvelenato, inquinato, corrotto, devastato mondo comincia dal guardarsi intorno, aprire gli occhi, indignarsi, denunciare e svelare. La storia degli “eroi dell’antimafia” tanto spesso celebrati e commemorati è questa, di tutti e tutte. E’ un impegno che non può esimersi dal guardarsi intorno, dal guardare il territorio si nasce e si vive. E di questo Vasto, “territorio a rischio”, ha grandissimo bisogno, ha un bisogno vitale. Le giovanissime generazioni, quelle troppo spesso chiamate e richiamate in causa, accusate spesso anche ingiustamente di essere una generazione “superficiale” e senza “ideali” e voglia di “impegno”, sono indispensabili in tutto questo. “Se i giovani le negheranno il consenso, anche la misteriosa e onnipotente Mafia cesserà di esistere” affermò Paolo Borsellino. Ma questa negazione del consenso ha bisogno di luce che illumini il buio che circonda “l’onnipotente Mafia”, che faccia conoscere quel che è stato ed è.
Nel luglio dell’anno scorso abbiamo già ricordato alcuni dei tantissimi episodi di mafia di questa Regione. Una Regione dove almeno 7-8 sono stati gli omicidi di mafia e dove le organizzazioni criminali agiscono almeno dagli Anni Ottanta. Falcone e Borsellino vengono commemorati ogni anno, su di loro tantissime sono costantemente le celebrazioni. Il 19 luglio 1989 giunge a Vasto Giovanni Falcone per un interrogatorio. Durante i controlli nella zona per garantire la sicurezza del magistrato in un casolare vengono rinvenute munizioni da guerra, 200 proiettili per carabine di precisione, pallettoni caricati a lupara, pistole lanciarazzi, materiale che può essere utilizzato solo in zona di guerra. O per un agguato. Siamo nel periodo del fallito attentato dell’Addaura e gli spostamenti di Falcone erano coperti dal massimo riserbo. Eppure il suo arrivo a Vasto fu preceduto da telefonate minatorie giunte in carcere.
Il 13 Gennaio 1994 la “Commissione Parlamentare d’inchiesta sul fenomeno della mafia e delle altre associazioni criminali similari” approvò la “Relazione sulle risultanze dell’attività del gruppo di lavoro incaricato di svolgere accertamenti su insediamenti e infiltrazioni di soggetti ed organizzazioni di tipo mafioso in aree non tradizionali”. A Pagina 87 si segnalava (tra le altre) la presenza a Vasto di una banca pugliese coinvolta in indagini “perché abbinata con una finanziaria il cui titolare era stato arrestato per concorso in associazione a delinquere” con Michele Pasqualone (la cui presenza verrà citata anche a pagina 92 e al cui nome ormai non c’è bisogno di aggiungere altro … sono parole vergate di ben 13 anni precedenti la prima Histonium!) e l’investimento a Casalbordino di un “altro personaggio di origine pugliese, senza alcuna attività che lo legittimasse a ciò” che “aveva rilevato una impresa in fallimento e aveva investito in terreni per un miliardo e mezzo” mentre in provincia di Teramo “la guardia di finanza aveva sventato il tentativo posto in essere da un personaggio legato al clan camorristico dei Bardellino di riciclare denaro di illecita provenienza”. Sempre per quanto riguarda la situazione di Vasto, nei quattro anni precedenti, erano stati catturati due latitanti e durante l’inverno “veniva spesso segnalata la presenza di latitanti appartenenti alla Sacra Corona Unita che svolgevano riunioni nei villaggi residenziali”. 3 pagine prima si ricordava che l’anno delle stragi di Capaci e Via D’Amelio gli attentati dinamitardi erano stati circa novanta.
Vasto è la citta dove il pm Anna Maria Mantini fu minacciata e rischiò la propria vita. Siamo a pochissimi chilometri da luoghi di approdo dei veleni della “Terra dei Fuochi”. Nel vastese le operazioni “Histonium”, “Histonium 2”, “Adriatico” e “Tramonto” hanno sgominato varie organizzazioni di estrazione camorristica che per anni hanno imposto la loro presenza con spaccio di stupefacenti, attentati, intimidazioni, violenza. In questo territorio giovanissimi sono stati arrestati con droghe recentissime ritrovati delle mafie. Sulla speculazione edilizia è stato già scritto tantissimo negli anni e basterebbe anche solo l’inchiesta “Mattone Selvaggio” per descrivere la situazione. Ma negli anni ci son stati anche sequestri (fu ritrovato persino un arsenale!) di immobili riconducibili al clan Schiavone. Nel 2007 si scoprì che Sandokan Schiavone aveva investito in beni immobili, compresi alcuni terreni, a Pizzoferrato.