Mafia-padrona: tre decenni di dominio fra cosche e logge
L’attuale capo di Cosa Nostra, cresciuto all’ombra del vecchio padrino Provenzano, è Matteo Messina Denaro di Castelvetrano, figlio d’arte: suo padre Francesco è uno degli ultimi anziani boss morto nel suo letto; il corpo venne fatto ritrovare nelle campagne di Castelvetrano vestito con un elegante completo scuro, la cravatta e le scarpe nere lucide, appoggiato ad un cancello, in modo che il primo automobilista di passaggio avvertisse la polizia. Votato all’ubbidienza Matteo, ma con alcune manie: le donne, i bei vestiti, il lusso.
A Castelvetrano se lo ricordano ancora quando correva verso il mare di Selinunte con la sua Porsche, vestito Versace e al polso un orologio Rolex.
Un uomo in gamba dato che nel 1991 ebbe il compito da Riina di pedinare a Roma, Falcone, Martelli e il giornalista Costanzo.
Trapani vent’anni dopo Capaci. Si dice che Falcone sia andato via da Palermo con la curiosità di non aver potuto indagare sul centro Scorpione della struttura Gladio.
La base “Scorpione” è una caserma che si trova arroccata sulle montagne di un piccolo paese del trapanesi, Makari, poco distante da S. Vito Lo Capo, e che aveva anche in uso un piccola pista di atterraggio sulla costa, in contrada Castelluzzo.
Quando Andreotti nel 1990, il 2 agosto, raccontò dell’esistenza di Gladio per la prima volta in parlamento venne fuori che dal 1987 quel centro del Sismi, di pertinenza della VII divisione del Sismi, che appunto gestiva Gladio, era stato convertito in funzione antimafia.
Falcone morirà con quella curiosità, cosa avevano fatto i gladiatori contro la mafia ?
E poi, caso strano, nessuno degli oltre 600 gladiatori ufficiali aveva mai avuto a che fare con quella storia. Il giudice, trasferitosi a Roma, incrociava quella vicenda con altre: ad esempio con i viaggi fatti in provincia di Trapani dall’agente Nino Agostino la cui morte avvenuta nell’agosto del ’89 rimaneva densa di mistero, priva di movente com’era.
E ripensava anche a quanto gli aveva riferito Mauro Rostagno due mesi prima di morire su strani voli militari, strani affari ed affaristi trapanesi.
Ma cosa disse Rostagno al giudice Falcone? Gli avrebbe detto di seguire una pista già battuta dal giudice Ciaccio Montalto che partiva dalla loggia coperta scoperta dentro al circolo Scontrino per arrivare agli affari tra le cosche trapanesi, catanesi e alcuni imprenditori.
Vent’anni dopo Capaci. Una caratteristica di Cosa Nostra a Trapani è stata l’essere diventata stato, società e mercato. Parlando di Trapani il procuratore generale di Caltanissetta, Roberto Scarpinato, cita Hegel e dice: «Il demonio si nasconde nel dettaglio», come dire «una piccola storia dove dentro c’è tutta la storia», dell’arroganza mafiosa e di un territorio che non pensa ad affrancarsi dal fenomeno, che sceglie «la diserzione civile».
Il sostituto procuratore Andrea Tarondo spiega così come nel trapanese ci sia una generale intimidazione dell’imprenditoria trapanese:
«Una imprenditoria che è restia a sottrarsi al controllo mafioso, perché l’attività estorsiva è una delle componenti di un rapporto più ampio, Cosa Nostra favorisce gli imprenditori che acconsentono alle richieste secondo quella strategia che evita il più possibile l’atto eclatante, e così il soggetto sottoposto a estorsione è un soggetto addomesticato, avvicinato, consapevole di quelli sono i suoi doveri per la “messa a posto”, un imprenditore che ha coscienza del fatto che c’è una mafia in grado di gestire l’aggiudicazione degli appalti».
Qui perciò non si paga il pizzo, «ma la quota associativa a Cosa Nostra».
La Trapani del 2012 si presenta diversa dalla Trapani che 25 anni addietro veniva raccontata da Mauro Rostagno dagli schermi di Rtc, oggi la città è cambiata, ma dietro gli abbellimenti, dietro i tesori monumentali ed ambientali risorti suscitando ammirazione e piacere, Cosa Nostra ci ha guadagnato per colpa di imprese per nulla virtuose.
La nuova mafia, almeno quella di Trapani, raccontata dagli investigatori come il primo dirigente Giuseppe Linares, non è mica tanto sommersa, è quella che ha gli imprenditori che dal carcere continuano a dirigere le imprese o anche a dirottare pacchetti di voti alle elezioni.
«Il sistema continua ad esercitare una funzione di catalizzatore sociale» ha spiegato più di una volta Linares e lo ha spiegato parlando e spiegando di come andare a catturare Matteo Messina Denaro, ma lui, promosso, adesso non fa più parte dell’intelligence che dovrebbe catturare il boss.
Anche questo succede 20 anni dopo Capaci. Matteo Messina Denaro continua a tenere bene in mano le fila di molte cose.
Italia o Messico?
Un giudice inseguito dai mafiosi
Poco più di un mese fa, sulla Palermo-Trapani, un’Audi a vetri oscurati con cinque uomini a bordo ha cercato di raggiungere l’auto blindata del procuratore Marcello Viola. Dopo un serrato inseguimento, il magistrato alla fine è riuscito a rompere il contatto e fuggire. Viola aveva già ricevuto varie intimidazioni.
Adesso gli è stata aumentata la scorta. Ma basta questo? O lo Stato deve porsi seriamente il problema di riappropriarsi di un territorio che non è più suo?
r.o.