Mafia e Muos: parenti, amici o “passavamo per caso”?
In origine, gli unici lavori pro-MUOS nella riserva “Sughereta” di Niscemi, autorizzati dall’assessorato ambiente e territorio della Regione siciliana, riguardavano la recinzione del perimetro interessato al sistema satellitare, la realizzazione di un impianto di illuminazione e di un sistema di drenaggio delle acque meteoriche, il livellamento superficiale del terreno e il suo consolidamento, sistemi di viabilità e collegamenti dell’area con le esistenti reti idriche, elettriche e telefoniche mediante tubazioni interrate.
Le opere, però, sono state eseguite in spregio alle leggi e al senso comune. Recarsi in contrada Ulmo è come ritrovarsi in un girone infernale. Il paesaggio è da incubo. Scempi che si sommano ad altri scempi. La collina profanata, stuprata, sventrata. Voragini ampie come i crateri di un vulcano. Il terreno lacerato dal transito dei mezzi pesanti, ruspe, betoniere, camion. Recinzioni di filo spinato, tralicci di acciaio. Una selva di antenne. E poi ancora e solo antenne. Terrazzamenti, gli uni sugli altri, per centinaia e centinaia di metri. Uno di essi con evidenti segni di cedimento. In cima, tre piattaforme in cemento armato. E un primo blocco di casermette, container in alluminio e i box per i generatori di potenza.
“Abbiamo rilevato alcune problematiche sulla conduzione delle opere di sbancamento”, denunciano i rappresentanti del Movimento No MUOS.
“Negli elaborati grafici del progetto, la dislocazione delle piattaforme per le antenne non corrisponde con quelle in costruzione. Nelle tavole le basi erano disposte lungo una direttrice nord-sud, mentre la loro realizzazione è in direzione est-ovest. Non sappiamo se siano mai state approvate varianti in corso d’opera al progetto. Se non è così, i lavori non sono coerenti con le autorizzazioni.
Di sicuro questa modifica, per il profilo del terreno, ha comportato un maggior volume di terra movimentata e di conseguenza un più pesante impatto sull’ambiente. È perfettamente visibile, poi, la distruzione di essenze arboree tutelate. La scomparsa di parte della macchia mediterranea è provata anche dalle foto satellitari in nostro possesso, scattate prima dell’inizio dei lavori”.
“L’entità delle trasformazioni in atto denotano una gravissima manomissione dell’ambiente con l’aggravante di esplicarsi a danno di un’area protetta di interesse internazionale”, commenta amaramente Salvatore Zafarana, responsabile del Centro di educazione e formazione ambientale (C.E.A.) di Niscemi.
“Nei suoli interessati dalla megastruttura è stato stroncato un processo di successione ecologica positivo che aveva portato alla colonizzazione dei suoli sabbiosi e steppici con specie cespugliose di gariga mediterranea.
La superficie destinata ad accogliere il MUOS, unita a quella occupata dalle 41 antenne erette dalla Marina Usa a partire dagli anni ‘90, hanno vanificato ogni possibilità di collegamento delle aree boscate più meridionali di contrada Pisciotto con quelle più a nord di Apa, Ulmo e Vituso e con il residuo bosco di Carrubba ad est. Ad essere definitivamente compromessi sono i lotti boscati di Mortelluzzo e Valle Porco, di limitate estensioni ma di indiscusso pregio naturalistico e paesaggistico”.
Le “presunte” illegalità e l’arroganza dei potentati criminali rischiano di riportare Niscemi indietro di alcuni anni, quando il territorio era sotto il dominio mafioso e gli spazi di libera espressione e agibilità democratica per le nuove generazioni erano minimi.
“Con il MUOS e i lavori in mano agli amici del boss, il clima è tornato a farsi pesante e iniziamo ad avere davvero paura”, afferma uno dei giovani attivisti No MUOS. “I nostri genitori, che pure ci hanno sempre sostenuto, si fanno delle domande. Dicono che adesso No MUOS significa No Mafia e che toccando il MUOS si toccano le relazioni criminali. E ciò può creare problemi. Hanno paura che ci possano incendiare l’auto. So che hai ragione e che ci metti il cuore nella lotta contro il MUOS, ma stai attento!, mi ha detto mia madre. Lei non vuole che molli, ma mi fa male vederla preoccupata. Ci sono state persone che sono andate dai nostri genitori, consigliando, anzi denunciando, che eravamo nel Movimento. E questi a Niscemi sono segnali chiari, inequivocabili”.
La mafia che genera militarizzazione. La militarizzazione che rigenera la mafia. “Anche se qui non si spara e si uccide da qualche tempo, imperversa il racket, i commercianti pagano il pizzo e i mafiosi impongono le forniture di cemento alle imprese che lavorano”, racconta Tony. “Ho lavorato come commesso nel settore dell’ abbigliamento. I mafiosi entravano in negozio, provavano la merce, se la facevano impaccare e se ne andavano dicendo poi pagherò. Ma non pagavano mai. C’è poi il passaggio di proprietà di piccole quote in mano ai mafiosi. I negozi vengono bruciati o vengono fatte esplodere le auto dei commercianti. A Niscemi non è mai nata un’associazione antiracket. Doveva nascere qualche tempo fa. Fu annunciata durante la presentazione della festa del Patrono. Poi, di notte, ci furono tre attentati contro i commercianti che dovevano costituire l’associazione. L’iniziativa fu cancellata. E ai grandi processi di mafia si costituiscono oggi solo il Comune e l’associazione Libera”.